Randall Wray. Foto archivio Università di Trento.

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Politiche di contrasto alla povertà

La proposta di Randall Wray nel dibattito organizzato dal Laboratorio Lavoro, Impresa, Welfare nel XXI secolo

4 febbraio 2019
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Paolo Barbieri
Roberto Tamborini
di Paolo Barbieri e Roberto Tamborini
P. Barbieri è professore presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale e direttore della Scuola dottorale in Scienze Sociali, R. Tamborini è professore presso il Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Trento.

L’iniqua distribuzione dei rischi sociali all’interno della popolazione rappresenta un fenomeno sempre più visibile all’interno delle economie avanzate, le quali negli ultimi decenni sono andate incontro a un aumento delle diseguaglianze di reddito e ricchezza, a una crescente povertà e a un enorme spreco di forza lavoro.

Le diverse condizioni che caratterizzano i vari individui chiamano in causa il funzionamento dei sistemi di welfare occidentali e il ruolo che questi hanno nel ristrutturare o pre-determinare i meccanismi attraverso i quali si riproducono le diseguaglianze sociali. In quest’ottica, il dibattito promosso dal laboratorio Lavoro, Impresa, Welfare nel XXI secolo (LIW) si è mosso tra due poli rappresentati da un lato dal modello sociale assicurativo di matrice keynesiana e dall’altro dalla visione neoliberale di un active welfare state (o workfare). 

Le politiche di welfare to work si propongono come modello alternativo al classico welfare risarcitorio: puntano a rendere gli individui, principalmente disoccupati di lunga durata e inattivi, più adatti a essere accolti dal mercato del lavoro e a favorire la condizione lavorativa rispetto alla dipendenza dai sussidi. Per farlo, questi approcci combinano e integrano strumenti di politica passiva e attiva mirati all’inserimento lavorativo e sociale dell’individuo. Allo stesso tempo, rivedono in senso restrittivo il sistema dei benefit e inaspriscono le sanzioni.

L’introduzione delle politiche di workfare ha portato a un progressivo ampliamento delle politiche pubbliche e sociali: dal riorientamento del sistema scolastico e formativo alla rimodulazione di benefit e leve fiscali allo scopo di rendere sempre più conveniente l’attività lavorativa rispetto all’assistenza, fino alla definizione di un “patto sociale” che richiede il concorso attivo del disoccupato nella ricerca di un lavoro. In particolare, nel corso della giornata sono state analizzate le diverse strategie di sostegno al reddito e valutate le politiche di contrasto alla povertà – eventualmente attuabili anche in Italia - attraverso un confronto tra il contesto americano e quello europeo.

Il caso americano è stato presentato dal professor Randall Wray, economista al Levy Economics Institute of Bard College di New York e noto a livello internazionale come autore di numerosi libri e articoli scientifici nell’ambito delle teorie macroeconomiche, della teoria monetaria e finanziaria. Wray ha illustrato la sua proposta di creazione di forme di impiego pubblico per sostenere la piena occupazione, che si pone a metà strada tra una politica di workfare e una di welfare. Il suo piano di Job Guarantee (JG) prevede lo Stato come datore di lavoro di “ultima istanza”, a cui spetta il compito di coinvolgere individui disoccupati in attività lavorative di pubblica utilità, retribuite con un salario minimo (di 15 US$ ora). Nel concreto, il piano proposto da Wray prevede la creazione di un programma permanente, finanziato a livello federale e amministrato localmente, che conceda opportunità di lavoro volontario su richiesta a tutte le persone in età lavorativa che desiderano lavorare, indipendentemente dalla loro posizione di mercato del lavoro, dalla provenienza, dal genere, o dal credo religioso. Non si tratterebbe di lavori di sussistenza, quanto di occupazioni regolarmente retribuite, accompagnate da benefici basilari di welfare.

Seguendo queste linee guida, Wray stima che il JG aumenterebbe la platea dei lavoratori statunitensi di circa 15 milioni in otto anni. Inoltre, il JG non solo garantirebbe la piena occupazione attraverso impieghi pubblici, ma l'incremento dei redditi derivante dal programma aumenterebbe la propensione al consumo dei cittadini, incoraggiando in tal modo la creazione di domanda nel settore privato per un totale di ulteriori 4,2 milioni di posti di lavoro.

La proposta, specificamente pensata per sostenere il mercato del lavoro statunitense e quindi per incentivare una vita lavorativa attiva per milioni di individui attualmente disoccupati o sotto-occupati, è ora al centro del dibattito politico negli Stati Uniti, essendo stata adottata, in varie forme, da diversi candidati democratici nel loro programma politico economico. Allo stesso tempo, offre importanti elementi di riflessione per le diverse strategie di sostegno all’occupazione e al reddito, nonché per le politiche di contrasto alla povertà attuabili anche in Italia.

L’idea del Job Guarantee è stata contestualizzata nel quadro Europeo e Italiano: ne sono state discusse le criticità di attuazione a causa delle risorse finanziare necessarie per implementarla, e i vincoli derivanti dalla moneta unica esistente in Europa. Lo stesso Wray ha riconosciuto che sarebbe indispensabile che un eventuale programma di JG in Europa fosse gestito a livello centrale e finanziato dalla Banca Centrale Europea.

In definitiva, il seminario ha rappresentato un momento “alto” di riflessione su tematiche e proposte di politica economica e monetaria che riguardano da vicino le compatibilità e le opportunità che si potrebbero delineare nel caso in cui l’Europa riuscisse realmente a darsi una guida centrale forte e strumenti di politica monetaria, fiscale, salariale e del lavoro comuni. Cioè se l’Europa tornasse a sognarsi come un’entità sociale coesa e non solo come un mercato di beni e servizi.

Le tematiche sono state affrontate durante il convegno «Workfare o Welfare: Esperienze e prospettive a confronto» promosso dal Laboratorio Lavoro, Impresa, Welfare nel XXI secolo (LIW) lunedì 14 gennaio. Introdotto dal professor Roberto Tamborini, l’economista Randall Wray ha presentato la sua proposta di creazione di forme di impiego pubblico per garantire la piena occupazione, elaborata con un nutrito gruppo di economisti e di analisti del mercato del lavoro statunitensi.Comitato scientifico: Paolo Barbieri, Luca Nogler, Riccardo Salomone, Stefani Scherer, Roberto Tamborini, Enrico Zaninotto. Con il supporto organizzativo della dottoranda Elisa Brini.
Il workshop rientra tra le attività del Laboratorio Lavoro, Impresa, Welfare nel XXI secolo (LIW), un progetto strategico dell’Università di Trento per il quinquennio 2017-2021 coordinato dal professor Paolo Barbieri. Al progetto partecipano i dipartimenti di Sociologia e Ricerca Sociale (sede attuale del LIW), Economia e Management, Psicologia e Scienze Cognitive, Lettere e Filosofia e Facoltà di Giurisprudenza e docenti provenienti da discipline scientifiche diverse, accomunati dal ritenere il lavoro, i processi produttivi e i sistemi di cittadinanza sociale, punti di vista privilegiati per comprendere l'evoluzione delle diseguaglianze sociali in Italia e, più in generale, nell'economia globale.