Autore ignoto, Carta dell’Afghanistan e monumenti, data ignota, tappeto annodato a mano cm 92x136, area di produzione: Afghanistan, Herat, collezione Fondazione Sergio Poggianella, Rovereto TN, Italia

Eventi

TAPPETI FIGURATI ORIENTALI

Fino all’11 ottobre Palazzo Alberti Poja di Rovereto ospita la mostra “Confini e conflitti” che espone circa 50 war rugs

15 luglio 2015
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Elena Dai Prà
di Elena Dai Prà
Professore associato del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento e responsabile scientifico della mostra “Confini e Conflitti”.

Il Palazzo Alberti Poja di Rovereto ospita la mostra “Confini e conflitti. Visioni del potere nel tappeto figurato orientale” nella quale sono esposti circa cinquanta tappeti geografici, prodotti principalmente in Afghanistan, che rappresentano dei documenti visuali e di studio di formidabile portata. 

La mostra, infatti, si inserisce come tassello iniziale di un più esteso progetto di raccolta e di analisi dei war rugs, un apparato di tappeti prodotti in momenti cruciali della storia politica e delle relazioni internazionali del paese asiatico negli ultimi decenni, che nella loro complessità simbolica, metaforica e semiotica intessono una trama narrativa assai intricata ma di sicuro interesse non solo antropologico, ma anche geografico-politico. I tappeti in mostra sono solo una parte di una più ampia collezione che, in maniera originale e culturalmente peculiare, rappresenta il segno di una visione del mondo, dalla quale è possibile decodificare la percezione dei conflitti bellici e delle relazioni interstatali degli ultimi decenni. 

Come ha evidenziato il curatore della mostra Sergio Poggianella: «Il tappeto nelle culture orientali è stato ed è ancora in buona parte quell'opera d'arte di sapienza atavica, di eccellenza tecnica e di bellezza metafisica in cui si rappresenta un mondo puro, sia quello dell'origine o quello della destinazione finale. Nel testo sacro dell'Islam, il Corano, ricorre frequentemente la metafora del tappeto. C'è scritto: “Allah ha disposto per voi la terra come un tappeto”». Tale tipo di approccio ci porta a considerare i war rugs non solo nella loro dimensione fattuale, artistica, ma – forse ancora di più – nel loro enorme portato culturale, antropologico, religioso e geopolitico, soltanto parzialmente indagato fino ad ora. 
Si tratta di un apparato iconografico e artigianale di incredibile interesse, proprio perché i tappeti con l’arma «non soltanto significano in maniera immediata la natura conflittuale (dunque processuale ed insieme antagonistica) della realtà, ma evocano al tempo stesso l’originaria violenza che dal logos ha condotto all’episteme, nell’evidente e contestuale (è proprio il caso di dire) intento di indicare la necessità di iniziare a percorrere a ritroso il cammino», come afferma il geografo Franco Farinelli in uno dei saggi che accompagnano il catalogo.  
Un cammino, quello indicato da Farinelli, che porta a percorrere strade poco battute sino ad ora e che sembrano confluire in un unico sentiero di enorme fascino, fatto non solo di parole indicate dagli storici e da chi la storia, materialmente l’ha fatta, ma di segni, simboli, rappresentazioni cartografiche e belliche. In altre parole si tratta di una semiotica che sembra far convergere visioni del mondo e interazioni disciplinari, in un unicum di visione simbolica e culturale capace di dare un segno concreto e interpretativo alle vicende che hanno coinvolto l’Afghanistan negli ultimi 40 anni di storia mondiale, dalla invasione dell’Unione Sovietica fino all’attacco alle Torri Gemelle e alla conseguente operazione avviata dagli Stati Uniti in terra afgana. 

La Geografia, in tale ottica, sembra essere la disciplina capace di unire le diverse anime interpretative. E questo è uno dei concetti sul quale nel catalogo ho cercato di richiamare l’attenzione del visitatore e del lettore: «Geografie osmotiche, della fluidità e dell’incertezza vi sono sottese a delineare […] processi continui di significazione e risignificazione che invitano a ripensare i rapporti spaziali come momenti di congiunzione tra il percepire e l’agire, tra il rappresentare e l’organizzare richiamando, finalmente, il superamento della distinzione tra spazialità statiche e spazialità dinamiche».

La mostra vuole essere un primo passo nella direzione della comprensione di questo fenomeno, che coinvolge tra le altre cose anche l’analisi economica dei processi produttivi e delle filiere commerciali, della committenza e delle destinazioni degli stessi tappeti. Le prospettive di ricerca che il Dipartimento di Lettere e Filosofia intende aprire, a partire dalla mostra, configurano quindi futuri scenari di studio fortemente interdisciplinari nei quali la scienza geografica operi nella sua naturale funzione di disciplina-ponte epistemologicamente vocata a fare da raccordo e sutura semantica tra competenze distinte per la restituzione di un immaginario geografico ancora tutto da indagare, studiare e approfondire.

La mostra “Confini e Conflitti. Visioni del potere nel tappeto figurato orientale”, inaugurata lo scorso 27 marzo, è stata realizzata dalla Fondazione Sergio Poggianella, dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto e dal Dipartimento di Lettere e Filosofia (Cattedra di Geografia) dell’Università di Trento in collaborazione con: Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani, Associazione Afghanistan 2014, Giornata Internazionale della Pace – Onu, Emergency, Archivio Aldo Mondino.
La mostra e il catalogo sono stati curati da Sergio Poggianella, responsabile scientifico Elena Dai Prà, progetto e coordinamento Micaela Sposito.
La mostra sarà aperta fino all’11 ottobre 2015 presso Palazzo Alberti Poja, corso Bettini 41, Rovereto e si può visitare dal martedì alla domenica nelle ore 9-12 e 15-18.