Dalla copertina del libro

In libreria

L’occhio del monaco

di Cees Nooteboom, traduzione di Fulvio Ferrari

2 aprile 2019
Versione stampabile

Trentatré poesie, tutte con lo stesso schema metrico. Sogni, fantasie, ricordi. Immagini ricorrenti provengono dal luogo dove sono state scritte: una piccola isola del Mare del Nord battuta da un forte vento e illuminata da un faro isolato. Un’isola reale ma anche archetipica: scenario ideale per il flusso di materiali onirici. Cosí le immagini surreali – angeli, conigli, la vecchia madre scomparsa da anni, ecc. – si mescolano alle dune e ai venti dell’isola, a navi di passaggio, alla luce ritmica del faro che entra nel sogno. E non si sa piú che cosa è sogno e che cosa è isola. Ma la differenza – questo lo si capisce bene – non ha alcun senso.

Cees Nooteboom ha scritto romanzi, racconti, reportage di viaggio, ma lui si considera prima di tutto un poeta.

Fulvio Ferrari è professore ordinario presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.

(da pagina 10) Poesia 3

Non nella vita di tutti c’è posto per un faro,
ma nella mia sí. Oggi su quest’altra isola
sono andato al faro, pioggia, gridi
di gabbiani. La notte ho potuto stare col guardiano,

fingeva di esistere ancora. Se l’è annotato,
una nave diretta a Nord, la forza del vento. E ho visto
nel buio una luce contro le onde, e lí vicino
quel che aveva scritto nella sua grafia antiquata.

Morto da tanto, lui. Tutti i mari percorsi, tutti i porti
                visti,
Archangel’sk, Valparaíso, la poesia del medico di bordo.
Accendere, spegnere, una notte sul faro, brigantino
                verso Nord,
silenzio, fumare, scrivere, silenzio, la luce sulla duna

il faro ora abbandonato.

 

(da pagina 44) Poesia 20
 

Di tutti i ritmi trovò giorno e notte
il più bello. Uno, due, e grazie a Dio
niente tre. Venne solo dopo, quando
tutto fu finito, una cifra oscura

travestita da zero. Come nasce
un’opera d’arte? Quando comincia un mottetto,
una poesia, una luce che appare senza fonte?
Chi pensa un primo verso prima di pensare?

Oppure: come da una palude di riflessi, una
lotta nel fango tra un allora e un immaginario ora,
sorge quell’unico, visibile istante
in cui il tempo non misura
quel che svanisce

Per gentile concessione della casa editrice Einaudi.