La lectio di Heike Solga alla Scuola di dottorato in Scienze sociali. Archivio Università di Trento

Internazionale

Dal senso di responsabilità alla motivazione

Competenze non cognitive e accesso al lavoro. La lectio di Heike Solga alla Scuola di dottorato in Scienze sociali

29 aprile 2019
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di Anna Zamberlan
Laureata magistrale in Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento, ha conseguito una doppia laurea UniTrento-UPF (Pompeu Fabra University, Barcelona).

L’ingresso nel mercato del lavoro rappresenta una fase fondamentale della transizione alla vita adulta. Per questo motivo, possibili discontinuità o rallentamenti in questa fase possono avere un impatto negativo rilevante sul futuro occupazionale dei giovani, specialmente in termini di opportunità di carriera. Diventa dunque fondamentale chiedersi: da cosa dipendono gli esiti della transizione scuola-lavoro?

Sociologi, psicologi ed economisti hanno ripetutamente dimostrato il ruolo di diversi fattori nel passaggio dalla scuola al mondo del lavoro. Ne sono un esempio le risorse individuali e sociali, ma anche i certificati rilasciati dall’istituzione scolastica. Diversi tipi di competenze sembrano inoltre essere rilevanti nel determinare il successo, in termini socio-economici, dei giovani nel mercato del lavoro. A questo proposito, è stato dimostrato che competenze sia cognitive che non cognitive influenzano da un lato lo sforzo nella ricerca di lavoro e il modo in cui i giovani si presentano alle aziende, dall’altro la selezione da parte dei datori di lavoro.
Tuttavia, il ruolo delle competenze non cognitive (non-cognitive skills), così come i meccanismi attraverso i quali queste influenzano gli esiti occupazionali, rimangono ancora poco chiari. Innanzitutto, è fondamentale chiarire il significato del termine e la sua utilizzazione nella ricerca sociale. Le competenze non cognitive sono quell’insieme di fattori socio-emotivi e relazionali che concorrono a formare il capitale umano degli individui. Tra le più importanti per la transizione scuola-lavoro, vi sono il senso di responsabilità, la perseveranza, la socievolezza e la motivazione.
Il lavoro di Heike Solga contribuisce a fare chiarezza proprio sui meccanismi attraverso i quali le competenze non cognitive possono influenzare gli esiti del passaggio dalla scuola al mondo del lavoro. Direttrice dell’unità di ricerca Skill Formation and Labor Markets al Social Science Center di Berlino (WZB) e professoressa di Sociologia alla Free University di Berlino, la sua attività ricerca coniuga i corsi di vita, il mercato del lavoro e la sociologia dell’educazione.

Durante la lectio magistralis organizzata dalla Scuola di dottorato in Scienze sociali, Heike Solga ha presentato i risultati delle sue ricerche sul ruolo delle competenze non cognitive nel passaggio dalla scuola al mondo del lavoro. Il suo contributo scientifico è caratterizzato da analisi teoricamente guidate e dall’adozione di metodi sia quantitativi che sperimentali. Il valore aggiunto del suo lavoro risiede inoltre nel fatto che l’impatto delle competenze non cognitive viene studiato in modo esplicito, con una particolare attenzione al ruolo del contesto istituzionale nel modellare la struttura di opportunità degli individui in esso inseriti.

I paper presentati si focalizzano sul caso tedesco, caratterizzato da diverse particolarità. Innanzitutto, il sistema educativo tedesco viene definito “tracked” per la precoce suddivisione degli studenti in diversi canali educativi, sulla base delle abilità da loro dimostrate. Si tratta inoltre di un sistema scolastico fortemente stratificato, sia per quanto riguarda i percorsi educativi, sia per i tipi di certificati finali rilasciati dall’istituzione scolastica. Un’ulteriore particolarità della Germania è la rilevanza dell’apprendistato come canale fondamentale di accesso al mondo del lavoro, specialmente per i giovani privi di educazione universitaria.
Le analisi di Heike Solga si concentrano quindi sul ruolo delle competenze non cognitive nell’influenzare gli sforzi dei giovani nel chiedere un contratto di apprendistato, così come nella loro possibilità di avere successo al termine del processo di selezione. L’originalità dei contributi presentati consiste in particolare nell’analisi separata dell’offerta e della domanda di lavoro. In termini pratici, la potenzialità di agire dei giovani e i fattori che la influenzano sono studiati tenendo in considerazione le limitazioni strutturali determinate dalle aziende e dai loro processi di selezione.
I risultati confermano il ruolo delle competenze non cognitive, specialmente delle motivazioni e delle aspirazioni relative alla carriera professionale, nel determinare gli sforzi dei giovani nella richiesta di lavoro. Queste caratteristiche sono positivamente correlate ai risultati scolastici: è proprio la combinazione dei due tipi di competenze ad avere un impatto positivo sull’effettiva selezione del candidato. I datori di lavoro, infatti, sembrano dare importanza sia alle competenze cognitive che a quelle non cognitive, ma in fasi diverse del processo di selezione. Le competenze cognitive sono fondamentali nel determinare le probabilità che i giovani vengano selezionati dalle imprese , ma durante il colloquio saranno le competenze non cognitive ad avere la priorità nella selezione finale.

Questi risultati, oltre a rappresentare un contributo importante alla ricerca sul ruolo dei diversi tipi di competenze nella transizione scuola-lavoro, suggeriscono anche una direzione per la ricerca futura. Considerato il ruolo delle competenze non cognitive sia da parte dell’offerta che della domanda di lavoro, è fondamentale testarne gli effetti in contesti differenti, caratterizzati da diversi sistemi educativi e diversi processi di selezione nel mondo del lavoro. Solo così, infatti, è possibile comprendere appieno il ruolo del capitale cognitivo e umano individuale in contesti istituzionali differenti, ed è possibile pensare a misure di contrasto alla disuguaglianza educativa e occupazionale.