Credits: #77494336 | @adimas, fotolia.com

Formazione

LA PAROLA ELUSA: NASCOSTA, AMBIGUA, IMPOSSIBILE DA FORMULARE

Alcuni spunti di riflessione dal seminario interdisciplinare organizzato dai dottorandi del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Ateneo

8 ottobre 2015
Versione stampabile
Alice Ducati
Irene Angelini
di Alice Ducati e Irene Angelini
Dottorande del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.

Il tema dell'oscurità comunicativa è stato negli ultimi mesi un argomento molto dibattuto negli studi di ambito critico-letterario. “Latenza. Preterizioni, reticenze e silenzi del testo” sono stati al centro del XLIII Convegno interuniversitario tenutosi a Bressanone nel luglio di quest'anno, a partire dalle suggestioni dei due recenti volumi di Nicola Gardini (Lacuna. Saggi sul non detto, Einaudi, 2014) e di Bice Mortara Garavelli (Silenzi d'autore, Laterza, 2015).

Degli stessi temi si è parlato al Seminario interdisciplinare “La parola elusa. Tratti di oscurità nella trasmissione del messaggio” organizzato dai dottorandi del primo anno del Corso in “Le Forme del Testo”. L'aggettivo “elusa” presente nel titolo ha voluto racchiudere le diverse sfaccettature che l'idea di oscurità può assumere a seconda dei diversi ambiti di indagine. La parola elusa, dunque, è stata intesa come una parola non in positivo, chiara, limpida, ma come una parola in negativo, cioè nascosta, ambigua, impossibile da formulare, e così via. Metaforicamente, per simboleggiare questi aspetti è stata ripresa l'immagine dell'iceberg, a significare tutto ciò che rimane sommerso nella trasmissione di un messaggio, tanto scritto quanto orale.

Quelli di messaggio e di trasmissione sono due concetti che occupano una posizione centrale nelle discipline linguistico-letterarie e che, quindi, possono offrire molteplici spunti di riflessione a partire dalla prospettiva capovolta sopra menzionata. In ambito ecdotico, specialmente per quanto riguarda la filologia classica e medievale, fondamentale è la nozione di lacuna, ideale spazio bianco che necessita di essere riconosciuto e colmato. Nel passaggio dai testi antichi alle rispettive traduzioni moderne, inoltre, i giochi di parole pongono stimolanti sfide alla resa dell'aspetto ludico e allusivo del linguaggio. Strategie di manipolazione della parola possono essere riconosciute e analizzate anche attraverso un approccio più strettamente linguistico, per esempio nell'alterazione morfologica e negli usi reticenti con funzione mitigativa. Parimenti, a livello letterario i temi del non dire e della difficoltà di esprimere o recepire un messaggio attraversano la produzione poetica e prosastica dall'antichità ai giorni nostri: dalla tragedia greca, ai romanzi medievali, alla poesia e alla prosa del Novecento europeo.

Al di là degli specifici filoni di ricerca, grazie all’approccio interdisciplinare scelto, è stato possibile tracciare un percorso dall'andamento circolare: un’indagine che è partita da una parola che non c'è, ossia dal silenzio, per passare poi a una parola che c'è ma che è in modi diversi manipolata, per arrivare, infine, alla tensione (e anche alla fuga) della parola di fronte all'indicibile. Tale percorso si è mosso tra due poli opposti: l'elusione della parola può realizzarsi infatti in maniera casuale, ossia accidentale, fortuita, ma anche intenzionale, ossia voluta, ricercata. Se la volontà di dire qualcosa è senza dubbio la base sulla quale sono costruiti testi e conversazioni, è altrettanto vero che il non dire o il dire di meno possono essere allo stesso modo una soluzione per veicolare un messaggio e, in certi casi, addirittura per sottolinearlo. Non va, tuttavia, sottovalutato il potere del silenzio, dell'indeterminatezza e della vaghezza nel nascondere, celare, deformare il contenuto di un enunciato. La parola elusa può così essere intesa in modo ambivalente, a seconda che essa venga interpretata in termini positivi (come strumento per generare un significato) oppure in termini negativi (come strumento per sottrarre un significato).