Giada Visconti a Salamanca. Foto archivio Università di Trento.

Storie

Sentirsi a casa nel mondo

Il mio tirocinio come lettrice presso il Colegio de España di Salamanca

27 settembre 2019
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di Giada Visconti
studentessa di Lingue moderne, collabora con il Servizio Orientamento dell’Università di Trento.

La scelta del mio percorso universitario non è stata tanto difficile come lo è stata per alcuni dei miei colleghi e colleghe.

Il forte desiderio di imparare le lingue è collegato a uno dei miei primi ricordi: a dieci anni mio fratello si è iscritto a un corso d’inglese. Ogni volta che tornava a casa, mi raccontava di tutte le parole che aveva imparato e si divertiva con la mia pronuncia storpiata da bimba di quattro anni.

Così, quando al termine del liceo ho scelto di iscrivermi a Lingue moderne, non ho sorpreso nessuno.

Una delle caratteristiche dell’Ateneo di Trento che mi ha spinto a sceglierlo è stata, sicuramente, la grande attenzione che questo ripone nell’internazionalizzazione, promuovendo svariati progetti che offrono l’opportunità a tutti gli studenti e studentesse iscritti di svolgere parte dei propri studi all’estero.

Tuttavia, per una serie di circostanze, quando il termine del mio secondo anno accademico si stava avvicinando, ho realizzato che non avevo ancora messo piede fuori da Trento, la mia città natale, e ho sentito la necessità di partire.

Dopo una lunga riflessione sulle motivazioni che mi stavano spingendo a lasciare casa, sono giunta alla conclusione che volevo mettermi alla prova, cercando un’opportunità che mi permettesse di avere un riscontro pratico degli insegnamenti che sto ricevendo durante il mio percorso accademico e, allo stesso tempo, una crescita personale.

Per questi motivi ho scelto di intraprendere un’esperienza di tirocinio all’estero che mi ha condotto a Salamanca, città nella Spagna centro-occidentale (famosa per essere la sede della più antica università spagnola), per prestare servizio presso il Colegio de España.

Non era la prima volta che entravo in quella accademia: durante gli anni del liceo, avevo avuto la possibilità di studiare per un breve periodo di tempo in questa scuola, che è una delle prime ad essere state fondate nella città. La grande differenza era, però, nel mio ruolo: abbandonati i panni da studentessa, mi attendevano quelli di futura insegnante.

Entrare in un’aula e non sedersi tra i banchi, ma dietro la cattedra in fianco al professore è stato, al principio, impattante. La prima forte sensazione è quella di inadeguatezza, acuita anche dal fatto che il sistema didattico in questo tipo di accademie private è differente da quello a cui sono abituata.

Le classi sono costruite sulla base del livello linguistico dimostrato da alunni e alunne, quindi è spesso possibile che siano formate da persone di provenienza internazionale e dalla più svariata età anagrafica.

Del primo giorno ricordo la curiosità nello sguardo dei miei primi “studenti” che mi osservavano, forse interrogandosi sul perché una coetanea o addirittura una ragazza più giovane di loro fosse seduta al fianco del professore e non tra i banchi.

Ma poi il senso di inadeguatezza è passato e ho cominciato a sentirmi via via più coinvolta nelle attività del corpo docente, che mi ha accolto, aiutato e guidato. Ho redatto le mie prime unità didattiche, ho corretto esami e verifiche, ho addirittura tenuto la mia prima lezione.

Durante il mese e mezzo trascorso in accademia, ho affinato molte competenze che possedevo, soprattutto per quanto concerne quelle comunicativo-linguistiche, e ne ho acquisite molte altre che forse non avrei sviluppato se non avessi intrapreso questa avventura.

Questa esperienza si è rivelata una continua sfida anche a livello personale. Non avendo mai vissuto lontana da casa, ho dovuto imparare a vivere in autonomia.

E non senza difficoltà: firmare il primo contratto d’affitto in una lingua che non è la mia, cercando di leggere e capire ogni clausola, condividere i miei spazi con quelli che all’inizio erano semplici sconosciuti, ma che poi sono diventati famiglia. Imparare ad avere fiducia nelle mie capacità, rischiare.

Vivere all’estero è stata un’opportunità per uscire dalla mia comfort zone, scoprirmi.

Miguel Cervantes de Saavedra definisce la cittadina di Salamanca magica, in grado di imprimere in ciascun essere umano che calpesti i suoi vicoli un’irrefrenabile necessità di tornare. Ed io non potrei essere più d’accordo: la voglia di rivedere le mura di quella che ormai è anche un po’ casa mia si fa sentire.

Queste esperienze, oltre ad avere importanza accademica, cambiano inevitabilmente la percezione che abbiamo del mondo, ci permettono di incontrare punti di vista differenti, che ci rendono maggiormente consapevoli. Trovare delle parole che spieghino cosa significhi vivere esperienze di questo tipo è quasi impossibile, lo si comprende nel momento in cui ci si siede sull’aereo con un biglietto di sola andata.

Per questa e mille altre ragioni voglio dire a chi come me studia all'Università di Trento: rischiate, fate le valigie e godetevi una delle avventure più belle che la vita vi possa offrire.

Solo un ultimo consiglio… controllate che la vostra valigia rientri nei chili permessi per non avere sorprese in aeroporto.