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Cos’è la “progressione esponenziale” del contagio

e perché è importante capirlo

25 marzo 2020
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Riproponiamo il testo originale dell'articolo Il virus e noi. Capire la "progressione esponenziale" di Roberto Sebastiani uscito sul quotidiano l'Adige il 24 marzo 2020. Roberto Sebastiani è professore associato presso il Dipartimento di Ingegneria e Scienza dell'Informazione dell'Università di Trento.

Propongo un test ai lettori. (Coprite con la mano il prossimo paragrafo e usate pure la calcolatrice.)

Se aveste un debito con uno strozzino di 1000€ che ipoteticamente ogni giorno incrementasse il proprio valore corrente dell’1%, a quanto ammonterebbe il suo valore dopo un anno?
…..
La risposta è: 37783€ e spiccioli, cioè circa 38 volte superiore al debito iniziale (!). (Infatti aumentare dell’1% un valore corrisponde a moltiplicarlo per 1.01; ripetere questa operazione 365 volte corrisponde quindi a moltiplicarlo per “1.01 elevato alla 365”, quindi 1000(1.01365)=37783.)

Questo è un esempio dei terrificanti numeri prodotti dalle progressioni esponenziali. 

Chiunque scriva della pandemia COVID-19 menziona sempre la “progressione esponenziale del contagio”, ma sospetto che alcuni lettori possano avere solo un’idea vaga del significato di questa espressione, come “qualcosa che cresce molto velocemente”, senza conoscerne in pieno le caratteristiche e le conseguenze. Propongo quanto segue come una forma di didattica a distanza (in cui tutti noi docenti a ogni livello siamo impegnati) su un argomento che è molto importante capire tutti. Se fosse troppo difficile, invito gli studenti a spiegarlo ai propri fratellini, genitori e nonni.  

Comincio da un classico esempio (molto) semplificato. Se una persona infetta durante l’arco della malattia infettasse 2 persone sane, al termine ci sarebbero 2 nuovi infettati; se poi ciascuno dei nuovi infettati in media infettasse a sua volta altre 2 persone sane, i prossimi nuovi infettati sarebbero 4, poi 8, 16, 32, 64, 128, 256, …; al decimo passaggio sarebbero più di mille, al ventesimo più di un milione, al trentesimo più di un miliardo, e così via. (Vedi seconda colonna nella tabella [Tabella pubblicata in fondo all'articolo, ndr].) Al 33o passaggio sarebbero circa 8 miliardi, cioè più della popolazione mondiale.

Nel nostro esempio il numero 2, chiamato “base” dai matematici e “tasso di riproduzione virale, R0” dagli epidemiologi, è un valore “in media”, e come tale in generale può non essere un valore intero. Per il coronavirus si ritiene che R0 sia di circa 2.5: ad esempio, 1000 persone infetterebbero complessivamente altre 2500 persone sane, anche se qualcuno potrebbe infettarne 20 o 100 (in un autobus affollato, in discoteca, in un'aula universitaria, allo stadio) e molti altri nemmeno uno. 

Una progressione esponenziale contrasta con la nostra abitudine a considerare intuitivamente l’effetto proporzionale alla sua causa: se il tasso di riproduzione virale R0 raddoppia, il numero di infettati complessivo non si limita a raddoppiare, ma viene invece moltiplicato per un numero a sua volta frutto di una progressione esponenziale, enormemente superiore a 2 (in formula: (2a)b=2bab.) Ad esempio, se R0 passasse da 2 a 4, al decimo passaggio non avremmo più “solo” un migliaio di infettati ma circa un milione (seconda e terza colonna in tabella); anche con una piccola variazione di R0  da 2 a 2.5  avremmo dopo 10 passaggi più di 9000 nuovi infetti, circa nove volte tanto (seconda e quarta colonna in tabella.)

L’unica buona notizia è che vale anche il contrario: se riduco R0, riduco drasticamente il numero risultante di infettati. Ad esempio, a ritroso, se passo da 4 a 2, al decimo passaggio passo da oltre un milione di nuovi infetti a circa “solo” 1024 (terza e seconda colonna). Il valore magico per R0 dove tutto cambia è 1, per il quale il numero di nuovi infetti rimane sempre uguale a 1 (quinta colonna); se R0 scende sotto 1, la curva descresce, tanto velocemente quanto prima cresceva: basta ridurre R0 a 0.9, poco sotto a 1, per avere una decrescita a un terzo dopo 10 passaggi (penultima colonna); con R0=0.5 il valore si riduce a 1 millesimo dopo 10 passaggi (ultima colonna). 

Ma dov’è il “picco” di cui tutti parlano e che noi tutti attendiamo con ansia? Una progressione esponenziale, di suo, cresce all’infinito. Nella realtà però la progressione di un contagio ad un certo punto rallenta “naturalmente” perché  entrano in gioco vari altri fattori.  In primo luogo, quando il numero di infetti è cresciuto al punto di non essere più trascurabile rispetto al numero dei sani, gli infettanti possono trovarsi a condividere le persone con cui hanno contatti. Per esempio, se Alice entra in contatto con Mauro e Claudia mentre Carlo entra in contatto con Giulio e la stessa Claudia, i nuovi infettati sono “solo” tre (Mauro, Claudia e Giulio)  anziché  quattro. In secondo luogo, man mano che il numero di infettati diviene una parte significativa della popolazione totale, si riduce progressivamente la possibilità di ciascuno di infettare qualcun altro.

Per questi due motivi (ed altri non menzionati) dopo un po’ di passaggi il valore di R0 diminuisce; quando R0 diviene minore di 1, il numero di nuovi infettati smette di crescere e comincia a decrescere (vedi sopra), e il contagio progressivamente rallenta per poi bloccarsi. Questo è un “picco naturale” che si verifica anche se non viene preso alcun provvedimento (è il picco incautamente auspicato da Boris Johnson nella prima ora.) Sfortunatamente (secondo modelli matematici molto più sofisticati di questa semplice spiegazione) questo picco avviene non prima che il 60% degli abitanti sia infettato. Considerando molto ottimisticamente anche solo un tasso di mortalità del 2%, su 60 milioni di italiani si avrebbero 36 milioni di infettati e 720mila morti (!). Nella realtà sarebbero drammaticamente di più, perché questi numeri porterebbero rapidamente al collasso del sistema sanitario nazionale. 

Da questo fatto si deduce la drammatica importanza di ridurre “artificialmente” il tasso di riproduzione virale R0 del contagio per portarlo sotto alla “soglia magica” di 1, introducendo tutte quelle misure di isolamento e distanziamento sociale che conosciamo. Nel momento in cui vengono introdotte efficacemente tali misure, si ha una riduzione di R0 da circa 2.5 a un valore minore di 1 (ad esempio 0.5) e quindi comincia la fase discendente, creando così quel “picco artificiale” che noi tutti stiamo attendendo con ansia.

È importante però notare due fatti. In primo luogo, questo picco è “artificiale” perché deriva dalle misure di contenimento del tasso di riproduzione virale: il contagio può riprendere a crescere quando queste misure vengono meno. (Nel frattempo si è però ridotto l’accesso agli ospedali, e ci si è dati tempo per trovare nuove cure e vaccini, per potenziare gli ospedali, per effettuare test a tappeto, in particolare su tutti gli operatori sanitari, e per isolare i positivi asintomatici.) In secondo luogo, questo picco si rende evidente solo con circa 2-3 settimane di ritardo, dato dalla somma del tempo medio di incubazione e del tempo medio per l’ospedalizzazione.

La morale di tutto questo è che la matematica delle progressioni esponenziali ci conferma quello che già avremmo dovuto capire in altro modo: restiamo in casa (ed evitiamo gli strozzini).

Tabella delle progressioni esponenziali di base 2, 4, 2.5, 1, 0.9 e 0.5 rispettivamente

Tabella delle progressioni esponenziali di base 2, 4, 2.5, 1, 0.9 e 0.5 rispettivamente.