Immagine tratta dalla copertina del libro

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POETI TRADUCONO POETI

a cura di Pietro Taravacci

11 gennaio 2016
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Il volume "Poeti traducono poeti", prima prova editoriale del Seminario Permanente di Poesia (SEMPER) dell’Università di Trento intende contribuire alla riflessione critica sulla traduzione poetica come luogo in cui si mette definitivamente in discussione l’antico pregiudizio dell’intraducibilità della poesia.  Pregiudizio, questo, non solo smentito dai poeti stessi, che da sempre traducono e continuano a farlo, ma ormai superato anche dalla traduttologia più recente e al tempo stesso riconosciuto quale vero paradosso del poièin della nostra cultura occidentale. Da decenni ormai la critica stringe la poesia e la traduzione poetica in spazi sempre più prossimi e sempre più assimilabili, pur nella peculiarità di prospettive e meccanismi compositivi che ciascuna richiede. I dieci contributi raccolti nel volume si propongono di entrare nel laboratorio del poeta-traduttore, per osservare da vicino ciò che avviene in quello spazio in cui la traduzione poetica si inserisce in un complesso movimento creativo, e innesca i processi alchemici più sostanziali della scrittura letteraria. Nella sua varietà di approcci e di realtà linguistiche e letterarie coinvolte, il volume "Poeti traducono poeti" dimostra quanto in uno stesso poeta-traduttore l’esperienza creativa condizioni l’esperienza traduttiva, e quanto viceversa, la traduzione, rinviando ad una realtà linguistica ed espressiva altrui, possa intervenire nella creazione poetica individuale.

Il curatore Pietro Taravacci, ideatore di SEMPER (SEMinario PERmanente di poesia), è professore ordinario presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento.

INTRODUZIONE
POESIA DA POESIA. ALCUNE CONSIDERAZIONI SULLA TRADUZIONE POETICA DEI POETI

La raccolta, nel presente volume di alcuni contributi sui poeti traduttori di poesia, nasce da un incontro da me fortemente voluto e atteso come confronto collettivo sulla traduzione del testo poetico, realtà alla quale da anni presto attenzione, come molti colleghi e amici, sia traducendo, sia guidando studenti e dottorandi nella riflessione sulla traduzione del testo letterario in generale e in particolare di quello poetico. Non è casuale, dunque, che sia stato scelto proprio questo tema per il primo convegno del Seminario Permanente di Poesia, che mi pregio di aver istituito presso l’Università di Trento, e che coordino assieme a Francesco Zambon. Non è casuale, proprio perché nel dibattito degli ultimi anni molti di noi sempre più spesso hanno costatato quanto profonda, problematica ed esaltante, sia la conoscenza del testo poetico di altre letterature mediante la traduzione, e quanto, al tempo stesso, i poeti non solo siano traduttori ma anche quanto strettamente leghino il tradurre alla loro creazione originale. Una crescente attenzione alla traduzione poetica dei poeti la si riscontra tanto nella sempre più rilevante letteratura critica sulla traduzione, quanto nella pubblicazione delle raccolte delle traduzioni effettuate dai poeti stessi, e nei recenti e sempre più consapevoli contributi di studiosi, traduttori-poeti e poeti-traduttori (che qui è impossibile persino esemplificare), sulla specificità della traduzione poetica e sulla pratica della traduzione dei poeti, che hanno proceduto parallelamente, e con un effetto di reciproco ‘disvelamento’, tanto da portare a riconsiderare anche esercizi traduttivi di autori del passato nella comune luce di un poiein in cui creare e tradurre appaiono come due aspetti fortemente legati e appartenenti a una vasta ‘comunità di traduttori’ e a una medesima attività di scrittura poetica. 

Negli ultimi decenni gli studi sulla traduzione della poesia si sono moltiplicati e sono entrati a far parte del dibattito letterario occupando uno spazio sempre più ampio e sempre più essenziale di natura non più solo linguistica, ma anche teorica, filosofico-letteraria ed epistemologica. Nell’allestire il presente volume si è voluto privilegiare quelle indagini che fossero, ove possibile, testimoni della creazione poetica e della traduzione poetica come due forme di scrittura di pari dignità. A ciò si deve non solo la presenza di poeti traduttori e traduttologi, ma anche quella di studiosi che – nel solco tracciato da Walter Benjamin, Octavio Paz, José Ortega y Gasset, e poi da Antoine Berman, Henri Meschonnic, Yves Bonnefoy, Friedmar Apel e Paul Ricoeur –, ci hanno permesso di ampliare i confini del dibattito critico sulla traduzione del testo poetico, verso una sempre più attenta e peculiare osservazione della traduzione poetica dei poeti stessi, ovvero la traduzione che più da vicino vive quel rapimento della parola del testo originale al fine di proteggerla e onorarla, illustrato da Georges Steiner, in After Babel. Nella ricognizione effettuata per la realizzazione del convegno e del volume che qui presento, e nell’intento di superare i confini della letteratura ispanica, di mia diretta pertinenza, mi sono parsi particolarmente interessanti alcuni contributi critici specifici come quello recentissimo di Jacob S.D. Blakesley, dedicato ai poeti traduttori italiani del Novecento, dove si ripercorre e si analizza in profondità l’attività traduttiva di poeti quali Montale, Caproni, Giudici, Sanguineti e Buffoni, e si dà conto, con sistematicità statistica dell’intero corpus di traduzioni letterarie dei poeti italiani dall’anno 1900 al 2012. I dati presentati risultano utilissimi per lo studio dell’impatto delle traduzioni sulla poesia italiana, e testimoniano una qualità e una densità di relazione con le altre letterature, che smentiscono l’immagine di una letteratura italiana convenzionalmente centrata su se stessa e sulla propria tradizione. Pur non rientrando fra gli obiettivi specifici di questo volume, vorrei ricordare l’importanza di alcuni recenti studi, come quello di Miguel Gallego Roca, che affrontano e mettono in rilievo l’importanza delle traduzioni nell’evoluzione di una letteratura nazionale. Studi come questi ultimi rendono evidente che l’attenzione della critica è andata centrandosi sulla sfida lanciata dalla traduzione poetica al paradosso che da sempre la caratterizza, della sua impossibilità, ribadita in tempi e ambiti letterari diversi, che, di contro, non solo è smentita da tutte le storie letterarie, ma è anche condizione necessaria e incentivo alla riscrittura, e dunque garanzia di un continuo travaso innovativo di poesia da una letteratura a un’altra.

Non possiamo fare a meno di ricordare che la pratica della traduzione poetica ha occupato e continua a occupare gli spazi più estremi e insieme più segreti degli Studi di Traduzione soprattutto degli ultimi decenni. Le occasioni che lo confermano sono molte: a partire dalla realtà del MPT (Modern Poetry in Translation, esistente dal 1965), che ha permesso di realizzare la traduzione di più di 500 testi in ben 90 lingue, ad opera di circa 350 traduttori, sino agli ormai numerosi premi di traduzione poetica, spesso di recente istituzione e alle frequenti occasioni di incontro di traduttori di uno stesso poeta in diverse lingue. Ricordo, a puro titolo di esempio, l’incontro, al quale ho partecipato personalmente, di un gruppo di traduttori del poeta spagnolo José Ángel Valente, organizzato da Andrés Sánchez Robayna nel novembre del 2010 presso l’Università de La Laguna, a Tenerife, che ha permesso di toccare con mano i olteplici approcci e le differenti situazioni (linguistiche, letterarie, culturali) che orientano i traduttori di uno stesso poeta. Da ultimo, non si può tacere la realtà delle scuole o i laboratori di traduzione letteraria, fra i quali voglio citare, non a caso, quello con il quale ho una più significativa frequentazione, ovvero il Taller de Traducción Literaria, fondato nel 1995 dallo stesso Sánchez Robayna, poeta, critico e traduttore che ha improntato il suo centro sulla traduzione collettiva o individuale, ma sempre «revisada», ovvero discussa collegialmente dai partecipanti al laboratorio. Nel Taller (al quale collaborano critici, traduttori e poeti) si svolge una pratica traduttiva eccellente che continua ad avere un effetto propulsivo nella traduzione come esperienza estetica, nella critica della traduzione, nella ermeneutica e nella poetica della traduzione, ambiti, tutti quanti, testimoniati non solo dalla pubblicazione dei volumi nella collana del Taller ma anche dal loro «Boletín del Taller de Traducción Literaria» (BTTL).