Analisi tamponi al CIBIO. Foto di Alessio Coser, archivio Università di Trento.

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Covid-19: tamponi e monitoraggio

Al CIBIO eseguiti oltre 25 mila test. 7 giorni su 7, oltre cento i volontari impegnati nei laboratori

27 maggio 2020
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Olivier Jousson
Massimo Pizzato
Alessandro Quattrone
di Olivier Jousson, Massimo Pizzato, Alessandro Quattrone
Professori del Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale ed Integrata – CIBIO dell’Università di Trento; direttore Dipartimento A. Quattrone.

A marzo scorso, la Provincia autonoma di Trento e l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (APSS) hanno sollecitato il Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale ed Integrata – CIBIO a partecipare alle analisi dei tamponi effettuati sul territorio provinciale per l’identificazione delle persone positive al virus SARS-CoV-2, l’agente responsabile della malattia infettiva Covid-19. 

La diagnosi di qualunque agente infettivo in grado di causare epidemie o pandemie è fondamentale per consentire alle autorità sanitarie di prendere le misure adeguate allo scopo di controllare questo fenomeno; lo è particolarmente nel caso di Covid-19 in quanto i contagiati in un’ampia proporzione sono asintomatici o con sintomi lievi. Contrariamente al suo predecessore responsabile della prima epidemia SARS del 2002, Covid-19 si è diffuso nella popolazione mondiale con grande facilità e rapidità, non tanto perché fosse particolarmente contagioso ma perché non dà sintomi in una grande proporzione di casi.

Di fronte al numero elevato di tamponi giornalieri necessari per un adeguato monitoraggio della situazione il CIBIO ha avuto l’opportunità di dare un contributo a questa attività. Ma in che cosa consiste l’analisi di tamponi? Si tratta di rilevare il genoma del virus, nel caso di SARS-CoV-2, una molecola di acido ribonucleico (RNA), partendo da un prelievo nasofaringeo, con l’impiego di una tecnica denominata RT-PCR (Reverse Transcription - Polymerase Chain Reaction). L’RNA viene prima estratto dal campione, convertito in DNA e successivamente amplificato in quantità per PCR.

La presenza dell’acido nucleico del virus nel prelievo viene accertata con l’emissione di specifici segnali di fluorescenza rilevati dallo strumento di amplificazione, detto termociclatore. È una tecnica di base di biologia molecolare che viene molto comunemente usata, al CIBIO e in qualunque laboratorio biologico, e serve tipicamente a misurare il livello di espressione di un determinato gene in determinate condizioni. 

Tuttavia, applicare la metodica su centinaia, a volte più di un migliaio di campioni al giorno ha necessitato la messa in piedi di una procedura altamente standardizzata. L’attività è iniziata con la costituzione di un gruppo di ricercatori e ricercatrici e personale tecnico del CIBIO; il primo compito è stato quello di reperire i reagenti necessari all’estrazione dell’RNA e alla sua amplificazione e rilevazione. Sin dall’inizio della pandemia questi prodotti hanno cominciato a scarseggiare, a causa della fortissima domanda dai laboratori ospedalieri di tutto il mondo. Di fatto, è stato necessario cambiare fornitori in diverse occasioni per assicurare il quantitativo necessario.

È seguita una fase di validazione della procedura, consistente in vari test e metodi di ottimizzazione dei protocolli su campioni analizzati in doppio con il laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale Santa Chiara. Il processo di validazione è stato superato a fine marzo, con una concordanza dei risultati del 97%, un esito ritenuto buono, soprattutto considerando che le analisi sono state inizialmente realizzate con prodotti e strumentazione diversi nei due laboratori.

È poi iniziata la fase di esecuzione dell’attività su larga scala, coinvolgendo in tre turni, sette giorni su sette, più di un centinaio di volontari del CIBIO tra docenti, personale tecnico, dottorandi e assegnisti di ricerca. È stato definito uno specifico percorso dei campioni con diverse tappe, dall’accettazione alla refertazione, passando dall’inattivazione, l’estrazione, l’amplificazione, l’analisi e l’interpretazione dei risultati. Il tutto garantendo la tracciabilità dei campioni e la sicurezza di tutti gli operatori.

Particolarmente impegnativa in termini di lavoro necessario è stata la fase di estrazione, inizialmente realizzata in modo manuale (mentre gli ospedali dispongono di estrattori automatici), un po’ nel modo di una catena di montaggio nell’industria, dove ogni operatore esegue uno o pochi passi del protocollo. Un lavoro molto ripetitivo quindi, ma che ha portato ad una buona riproducibilità della procedura. Fino ad oggi sono stati analizzati circa 25.000 tamponi presso il CIBIO, uno sforzo che ha permesso di complementare le analisi effettuate direttamente dall’APSS, portando il Trentino tra le regioni italiane che assicurano il più esteso monitoraggio dell’infezione.

Nel corso del mese di aprile l’Ateneo ha acquistato un estrattore automatico, consentendo di ridurre il numero di persone coinvolte a una decina per turno. Con la ripartenza progressiva della ricerca del Dipartimento, l’attività è stata spostata presso il laboratori didattici in Scienze Sperimentali presso la sede “Povo 0” del Polo di Collina e dovrebbe proseguire fino a fine giugno, in vista dell’allestimento di un laboratorio APSS dedicato alla diagnostica di Covid-19 presso l’ospedale di Rovereto.

Tale attività straordinaria di Ateneo è quindi vicina alla sua conclusione e questo articolo rappresenta l’occasione per noi di ringraziare tutte le persone che hanno contribuito su base volontaria al suo successo: il personale CIBIO coinvolto nella realizzazione e gestione del processo, ma anche la Protezione Civile per la fornitura dei dispositivi di protezione individuale, il Ristorante Orostube per la fornitura di pasti ai volontari, e molti altri.

Ci sono stati momenti di grande fatica, in particolare nelle fasi di messa a punto del processo, ma anche di solidarietà tra volontari, e di soddisfazione nel vedere i risultati migliorare progressivamente. Ricorderemo anche l’ingegnosità e la creatività dei volontari nel proporre soluzioni originali ai tanti problemi da affrontare, dal dispositivo stampato 3D per ridurre la fastidiosa trazione delle mascherine sulle orecchie al formidabile sistema informatico di analisi e archiviazione dei dati messo a punto dai bioinformatici del CIBIO.

Oltre al servizio reso al territorio, crediamo e auspichiamo che questo episodio sia anche servito a rafforzare lo spirito di gruppo nel Dipartimento e a convincerci della potenza delle azioni collettive per raggiungere obiettivi difficili.