Granchio violinista

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ILLUSIONI PERCETTIVE NEGLI UMANI E NEGLI ANIMALI

Le leggi generali di organizzazione visiva negli esseri viventi. Ce ne parla Liliana Albertazzi

15 febbraio 2016
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Nicla Panciera
di Nicla Panciera
Giornalista, scrive di scienza e medicina.

Le neuroscienze cognitive insegnano che “vedere” sia in un certo senso ”credere,” ovvero fare ipotesi sul mondo che ci circonda per cercare di capirlo, non avendo accesso diretto all’informazione. Nel farlo, il nostro cervello compirebbe una serie di errori, le cosiddette “illusioni percettive”. Vedere cerchi o linee di grandezza diversa dalla loro misura o vedere movimenti che non esistono ci ricorderebbe, quindi, la discrepanza tra la realtà fisica degli stimoli e l'interpretazione che saremmo in grado di darne.
Le cosiddette illusioni sono dunque di grande interesse per gli scienziati che studiano l’organizzazione del nostro sistema percettivo e quello degli altri animali. Partendo dal mimetismo, prima prova dell’esistenza di sistemi percettivi simili nel mondo dei vertebrati, si è iniziato a indagare se anche specie animali diverse dall’uomo cadano “vittime” delle stesse illusioni sensoriali. 
Lo scopo sarebbe ancora una volta quello di comprendere quali ipotesi percettive queste specie metterebbero in atto sul mondo che le circonda. Il riscontro della presenza delle illusioni nei pesci, negli uccelli e nei mammiferi ha smentito chi le aveva considerate come un mero fenomeno disadattativo. Nel campo degli studi della percezione umana e non umana, però, c’è chi non è più disposto a parlare di “inganni” ed “errori percettivi”. Tra questi vi è anche la professoressa Liliana Albertazzi dell’Università di Trento, per la quale «le cosiddette illusioni percettive non sono tali, perché si tratta di “fenomeni contestuali”, ampiamente diffusi e presenti nelle diverse specie». Insieme alle ricercatrici di cognizione animale del CIMeC, la professoressa Albertazzi ha condotto uno studio sui pesci (Xenotoca eiseni) di dimensioni molto piccole (da 2.5 a 4 cm di lunghezza), che si comportano come gli umani nei confronti della cosiddetta illusione di Müller-Lyer. Lo studio è apparso sulla rivista Animal Cognition

Professoressa, in natura, le strabilianti abilità degli animali di giocare con la percezione a proprio vantaggio (come il granchio giardiniere abile nella prospettiva o i granchi violinisti) mostrano che c’è una somiglianza tra la loro percezione visiva e la nostra. In altri casi, gli animali percepiscono le illusioni diversamente da noi.

Talvolta le diversità dei risultati nelle indagini possono essere dovute a diversità metodologiche; per esempio, quando si tratta di pesci, se la modalità di approccio allo stimolo avvenga mediante contatto tattile o solo mediante modalità visiva, come nel caso del nostro studio.

Cosa possiamo inferire dalla percezione di un’illusione ottica che inganna molti animali, tra cui gli esseri umani? E, viceversa, cosa significherebbe non trovarla negli altri animali? Ve ne sono alcune che ingannano polli e pesci ma non umani?

Lo studio delle illusioni visive negli umani e nel regno animale offre informazioni rilevanti da molteplici punti di vista. Per esempio, il fatto che siano presenti in specie molto diverse, come pesci, mammiferi e uccelli, dimostra che è un tratto generale della percezione visiva, che si verifica nella relazione tra essere vivente e ambiente. Il fatto che siano regolari e diffuse pone anche in dubbio l’appellativo stesso con cui vengono definite, ovvero ‘illusioni’. Ad esempio, prendiamo la cosiddetta illusione di Müller-Lyer nei pesci che, dopo quella di Ebbinghaus, è stata oggetto del nostro studio (apparso su Animal Cognition). 
La percezione di due segmenti metricamente uguali, che vengono percepiti come di diversa lunghezza se si pongono alle loro estremità due alette differentemente orientate verso l’esterno o verso l’interno, indica che il sistema visivo non percepisce elementi tra loro separati operandone una sorta di somma, ma percepisce interi organizzati. In altre parole, una volta aggiunte le alette ai segmenti, quello che si percepisce è un intero, in cui le parti interagiscono tra loro e determinano il modo di apparire del nuovo oggetto in funzione di tutto il contesto in cui si trovano collocate: nel caso in cui le alette sono orientate verso l’esterno, il segmento viene visto più lungo, viceversa nel caso opposto. In fin dei conti, si tratta di percezioni ‘normali’, tenendo conto che lo stesso oggetto (un segmento di una certa lunghezza), in contesti diversi, può venire percepito diverso, anche molto diverso, fino ad essere irriconoscibile (come nel caso del mascheramento). Le ‘ali’ della Müller-Lyer costituiscono il contesto del segmento, che viene giudicato più o meno lungo a seconda della loro presenza e del loro orientamento. 
Se questo tipo di percezione fosse riscontrabile solo negli umani, ciò indicherebbe una cesura molto forte nell’evoluzione delle specie e si potrebbe anche ipotizzare un’influenza top down di tipo cognitivo o culturale, ma non è questo il caso. 
Non si sono riscontrate cosiddette illusioni negli animali che non siano presenti anche nell’uomo, anche perché la ricerca va di solito nel senso opposto. Le ‘illusioni’ sono definite tali in quanto, prima di tutto, documentate negli esseri umani (come potremmo, infatti, definire che una condizione fisica appare come un’illusione se non la sperimentiamo come tale?) e, solo a quel punto, ci si chiede se altre specie viventi ne possano essere sensibili.

Perché è importante mappare la presenza di un’illusione ottica in più specie diverse?

Perché la conferma di questo tipo di percezione ‘contestuale’ in specie diverse, filogeneticamente molto distanti tra loro (pesci e uccelli sono più distanti dai primati di quanto lo siano due specie di mammiferi l’un l’altra), rileva l’esistenza di leggi generali di organizzazione visiva negli esseri viventi e ci dice anche come il sistema visivo si sia sviluppato con la stessa funzionalità di adattamento all'ambiente.
 
Voi avete studiato l’illusione di Müller​-Lyer. Cos’avete scoperto? C’è qualche cosa che non vi aspettavate o che vi ha stupito?

L’ipotesi che ci ha guidato seguiva uno studio precedente dove avevamo mostrato come la stessa specie di teleostei percepisse la grandezza apparente di due cerchi identici circondati da cerchi di uguale o di minore grandezza (la cosiddetta illusione di Ebbinghaus). Siamo stati felici di vedere confermate le nostre ipotesi, ovvero che in casi di configurazioni come queste, i pesci percepiscono come gli umani ed altre specie animali: quei principi di organizzazione percettiva che presiedono al costituirsi degli oggetti in unità figurali significative sono, di fatto, condivise dalle specie viventi, perché simili sono le richieste e le necessità imposte dall’ambiente (per esempio, scovare una preda che cerca di mimetizzarsi, identificare un predatore o un possibile partner per l’accoppiamento). A ragione di ciò, le nostre scoperte erano in qualche misura attese.

A cosa state lavorando ora? 

Al momento abbiamo in corso esperimenti sulla percezione del colore negli umani, i cui risultati potrebbero essere applicati anche ai pesci, e sulla cognizione spaziale e numerica e di lateralità nei pesci.