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Vita universitaria

UNIVERSITÀ E COMPLESSITÀ SOCIALE: STRUMENTI PER COMPRENDERE E INNOVARE

Intervista a Barbara Poggio, prorettrice alle politiche di equità e diversità dell'Ateneo

8 marzo 2016
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Paola Fusi
di Paola Fusi
Responsabile della Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

Professoressa Poggio, in questo periodo la cronaca nera internazionale ha toccato più di una volta il mondo della ricerca e dell’università. Come vivono, a suo avviso, in questo momento i giovani ricercatori?

Negli ultimi mesi il mondo accademico si è trovato a fare i conti con una serie di eventi drammatici e di grande gravità, dalla morte di Valeria Solesin nell’attentato del Bataclan di Parigi alla strage di Charsadda in Pakistan, dalla recente uccisione di Giulio Regeni in Egitto all’arresto degli Barbara Poggio, prorettrice alle politiche di equità e diversità dell'Ateneoaccademici in Turchia, che ci interpellano su molte diverse questioni, tra cui anche come i giovani e le giovani vivono oggi l’esperienza della ricerca, sentendosi molto più cittadini e cittadine del mondo delle generazioni precedenti. Un mondo che cambia rapidamente e che presenta molte contraddizioni e paradossi. 

Di fronte a fatti come questi, quale ruolo può svolgere l’università come istituzione, anche rispetto all'esigenza che la società civile ha di comprendere ciò che accade?

L’università ha senza dubbio una grande responsabilità sociale e culturale in quanto luogo di produzione e riproduzione del sapere. Se attraverso la formazione delle giovani generazioni contribuisce a formare i cittadini e le cittadine di domani, attraverso la ricerca può fornire chiavi di lettura utili per comprendere i fenomeni in atto, andando oltre le semplificazioni spesso proposte dai media.
In questa prospettiva è importante che l’università si interroghi non solo sulle criticità e le contraddizioni del mondo esterno, ma anche su quelle che la attraversano. Fenomeni come gli squilibri di genere ancora così persistenti, come l’asimmetria nelle opportunità di accesso di persone di diverse provenienze sociali ed etniche, o come la precarizzazione delle condizioni di vita delle giovani generazioni vanno dunque affrontati prima di tutto all’interno del mondo accademico, se si vuole essere punto di riferimento autorevole di fronte alla società.

Quali competenze ha oggi al proprio interno l’Ateneo di Trento per favorire la lettura di un contesto sociale così complesso e articolato come quello attuale?

Il nostro Ateneo ha al suo interno una pluralità di competenze che, se adeguatamente riconosciute e valorizzate, possono essere preziose per comprendere i cambiamenti in atto. In quest'ottica particolarmente importante è la promozione e il sostegno alla interdisciplinarità: condizione necessaria per poter interpretare contesti e situazioni caratterizzati da crescente complessità è infatti quella di adottare molteplici prospettive e chiavi di lettura, favorendo il dialogo e la contaminazione tra discipline e approcci.

L’Università di Trento ha recentemente avviato alcune iniziative per dare rilievo ai temi dell’equità e della diversità. Designare una prorettrice per tali ambiti ne è un segno tangibile. Quale orizzonte vede per la sua delega, anche rispetto a tematiche di attualità che coinvolgono genere, diversità e pari opportunità?

L’ultimo anno è stato ricco di iniziative su questo versante. Per certi versi si potrebbe dire che stiamo cercando di rendere il nostro Ateneo un laboratorio di innovazione. Uno dei primi passi è stato proprio quello di costruire una rete tra tutti i soggetti e gli organismi in qualche misura impegnati sul fronte del riconoscimento, della tutela e della valorizzazione delle differenze, per poter raggiungere in modo capillare tutte le anime dell’Ateneo, sia nel monitoraggio dei bisogni e dei problemi, sia nell’attivazione degli interventi. Oltre a questo si è molto lavorato sul piano della cittadinanza organizzativa (ad esempio attraverso l’elaborazione di un piano articolato di politiche di conciliazione), delle opportunità di sviluppo, della cultura e della sensibilizzazione al rispetto delle differenze.
Questo lavoro è stato condotto sia verso l’interno che verso l’esterno, ad esempio attraverso il coinvolgimento in iniziative rivolte alle scuole e mirate a favorire il riconoscimento delle diversità e a contrastare stereotipi e discriminazioni. Ci stiamo oggi interrogando su come rendere il nostro Ateneo più capace di gestire la crescente internazionalizzazione dei suoi membri e in grado di contribuire ad iniziative di solidarietà a fronte alle implicazioni che le crisi internazionali hanno sul nostro territorio.
Lavorare su questi temi non è sempre facile, perché significa anche confrontarsi con pratiche consolidate e spesso inconsapevoli, con stereotipi e pregiudizi radicati e anche con le paure e le chiusure che la forte intensità dei cambiamenti in atto tende a generare nella società. Ma si tratta di una strada inevitabile per una università che vuole guardare al di là dei suoi confini e del suo presente.