Variazioni su disegno di Grandville, dalla locandina del convegno "Animali Parlanti."

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Animali parlanti II. Letteratura, teatro, disegni

a cura di Caterina Mordeglia e Paolo Gatti

7 gennaio 2021
Versione stampabile

Il collegamento tra i comics e la rappresentazione degli animali parlanti, in particolare quelli della favola esopica, affonda le sue radici nel Medioevo. Non solo perché dal punto di vista figurativo, secondo una tecnica che precorre le strips odierne, i copisti nei manoscritti corredavano la narrazione con illustrazioni che ne rappresentavano in sequenza i momenti salienti. Ma soprattutto perché è nel Medioevo che gli animali di Esopo, archetipi anonimi di vizi e virtù umane – e in quanto tali ancora utilizzati nelle raccolte dei predicatori tardomedievali come Oddone di Cheriton – acquistano una propria personalità. Insomma, non solo rappresentano gli uomini ma si identificano con essi.
Tale passaggio si compie attraverso quella che fu una delle forme evolutive del genere esopico di più vasta fioritura nelle letterature medievali di tutta Europa: l’epica animale. Nell’Ysengrimus, nel Roman de Renard, nel Reineke Fuchs la volpe, il lupo, il gallo, l’orso assumono nomi propri e caratteri ben definiti, proprio come Topolino, Paperino e tutti i personaggi del mondo Disney, non solo dei fumetti ma anche dei lungometraggi animati. 

Caterina Mordeglia è professoressa associata presso il Dipartomento di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento.
Paolo Gatti è professore ordinario presso il Dipartomento di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento.

Dall'Introduzione (pagg. VII-IX)

Il presente volume di Animali parlanti, séguito di quello pubblicato nel 2017, raccoglie tra gli altri i contributi presentati in occasione della seconda edizione dell’omonimo congresso internazionale tenutosi presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento nei giorni 4 e 5 aprile 2018.
La prosecuzione del progetto è stata stimolata dalla ricchezza di spunti ancora fecondi offerti dal tema. Dopo la canzone in Animali parlanti I, qui il punto di arrivo dell’indagine, sempre interdisciplinare, è stato il legame tra il parlare animale – simbolico ma anche e soprattutto realistico – e il fumetto.
Il collegamento tra i comics e la rappresentazione degli animali parlanti, in particolare quelli della favola esopica, affonda le sue radici nel Medioevo. Non solo perché dal punto di vista figurativo, secondo una tecnica che precorre le strips odierne, i copisti nei manoscritti corredavano la narrazione con illustrazioni che ne rappresentavano in sequenza i momenti salienti. Basti pensare, tra gli esempi più celebri, al ciclo di disegni che nel codex Ademari conservato presso la Biblioteca Universitaria di Leiden (ms. Voss. Lat. 8° 15, s. XI) accompagnano le favole del monaco limosino o alle preziose miniature dell’Esopo mediceo, oggi parte della Collezione Spencer della Public Library di New York (ms. 50, s. XIV). Ma soprattutto perché è nel Medioevo che gli animali di Esopo, archetipi anonimi di vizi e virtù umane – e in quanto tali ancora utilizzati nelle raccolte dei predicatori tardomedievali come Oddone di Cheriton – acquistano una propria personalità. Insomma, non solo rappresentano gli uomini ma si identificano con essi.
Tale passaggio si compie attraverso quella che fu una delle forme evolutive del genere esopico di più vasta fioritura nelle letterature medievali di tutta Europa: l’epica animale. Nell’Ysengrimus, nel Roman de Renard, nel Reineke Fuchs la volpe, il lupo, il gallo, l’orso – della cui simbologia nell’Antichità e nel Medioevo Michel Pastoureau traccia qui una sintesi magistrale – assumono nomi propri e caratteri ben definiti, proprio come Topolino, Paperino e tutti i personaggi del mondo Disney, non solo dei fumetti ma anche dei lungometraggi animati.
Col tempo, a opera dei suoi illustratori e sceneggiatori, il topo disneyano arriva addirittura a incarnare un suo sistema di pensiero, una sua personale filosofia, che prende posizione di fronte ai temi via via più attuali della società, dalla Grande Depressione, alla Guerra Fredda, alla libertà di stampa. E, come lui, anche gli altri personaggi del celebre fumetto, ognuno secondo le proprie inclinazioni e la propria caratterizzazione, tutti con abiti e atteggiamenti talmente umani da farci spesso dimenticare che si tratta di topi, cani, paperi.
Oltre che nella favola esopica, l’umanizzazione degli animali in termini di mimetismo realistico, emotivo o fisico, è del resto notoriamente rappresentazione frequente nel mondo antico e medievale. Gli Uccelli di Aristofane, dove il protagonista grazie alla sua trasformazione riesce a essere tramite tra mondo animale e mondo umano, e le Metamorfosi ovidiane, in cui alcuni personaggi animali sono così umani da incarnare uno dei sentimenti più tipici dell’uomo, la paura, costituiscono due fulgidi esempi della letteratura classica. L’Antichità cercò anche di fornire a tale processo una legittimazione scientifica, attraverso una lunga tradizione trattatistica di matrice aristotelica che incontrerà ancora grande successo nella Francia del XVI secolo.
Ma come si esprimono questi animali umanizzati? Al pari degli uomini attraverso gemiti, alterchi, risa: lo ribadisce, rifacendosi al predecessore Fedro, il latino Aviano nella parte conclusiva dell’Epistola ad Theodosium. Parodiando il linguaggio dell’epica e della tragedia, come la zanzara del Culex pseudovirgiliano, in una fitta trama intertestuale. Recitando, anche, dopo che da protagonisti di brevi dialoghi, costruiti secondo gli schemi della retorica antica, si trasformano in attori di una scena nel Medioevo assente, ma possibile – e non a caso allusa nella partitura delle battute sui manoscritti del XII secolo che tramandano il testo dell’Ecbasis captivi –, in seguito reale, in un percorso che ci conduce dall’Inghilterra del XVII secolo alla drammaturgia americana contemporanea. Addirittura filosofeggiando, per affermare i più elementari diritti etici e di eguaglianza, quando, avvicinandosi all’età moderna, il processo di identificazione animaleuomo è ormai giunto a completa maturazione, anche mediante il suo contrario.
Pure la trasformazione uomo-animale passa attraverso il suono della voce. Sia quello lugubre e funesto a imitazione dell’ululato ferino, di disperazione e ferocia o – più raramente, nella tradizione biblico-cristiana – di gioia incontenibile, sia quello garrulo e deformante delle gazze e dei pappagalli, che per Dante, per cui vera locutio è solo la lingua umana, sono simbolo della degenerazione dell’intelletto e della moralità.
Non necessariamente questa metamorfosi costituisce una degradazione. Essa, in senso positivo, può anche rappresentare il desiderio da parte dell’uomo di ritornare all’animalità primigenia e di fondersi con la natura circostante. In tal senso va inteso il dialogo, muto in quanto non corrisposto, che il Santiago protagonista de Il vecchio e il mare di Hemingway intrattiene con il pesce a cui cerca di dare la morte. Il parlare con l’animale, privo di logos, per l’uomo non costituisce altro che il dialogare con se stesso e riconoscere la propria animalità, chiudendo così il cerchio dell’esistenza.
Chiudono il volume le tavole di Giorgio Cavazzano per il mondo Disney, Guido Silvestri per Lupo Alberto e Staino per Bobo, dono prezioso. Mentre il volume era in chiusura, Giulio Giorello ci ha lasciato. A lui, che aveva partecipato con consueti entusiasmo e affabilità alle giornate trentine, il volume è dedicato.

Per gentile concessione della Casa editrice Sismel - Edizioni del Galluzzo.