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Terzo settore e pubblica amministrazione. La svolta della Corte costituzionale

a cura di Silvia Pellizzari e Carlo Borzaga

3 febbraio 2021
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La sentenza della Corte costituzionale 131 del 2020, pubblicata il 1° luglio scorso, rappresenta un punto di svolta nei rapporti tra la pubblica amministrazione e il terzo settore, in quanto dà pieno riconoscimento all’articolo 55 del Codice del terzo settore e, in particolare, agli istituti della coprogettazione e della coprogrammazione come modalità privilegiate di relazione tra sfera pubblica e sfera del privato sociale.

Proprio per valorizzare la portata rivoluzionaria della pronuncia, e alla luce del successo del primo convegno nazionale sull’argomento organizzato il 26 ottobre 2020, Euricse ha voluto pubblicare le riflessioni dei relatori che rappresentano alcuni tra i massimi studiosi di terzo settore. Oltre al presidente di Euricse Carlo Borzaga, hanno partecipato all’iniziativa le docenti dell’università di Trento Paola Iamiceli e Silvia Pellizzari – che è anche curatrice del volume assieme a Borzaga -, Luca Gori della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, il vicedirettore di Welforum Gianfranco Marocchi, il presidente di Assifero Felice Scalvini e il presidente di Labsus Gregorio Arena.

L’instant book è aperto dalla prefazione della giudice costituzionale, nonché professoressa all’Università di Trento, Daria de Pretis, che fornisce un prezioso inquadramento della pronuncia, a partire dalla questione posta alla Consulta e relativa alla presunta illegittimità della legislazione regionale umbra sulle cooperative di comunità.

Il primo contributo ripercorre i passaggi normativi e i momenti salienti che hanno anticipato la sentenza della Corte. È firmato da Gianfranco Marocchi e riprende un saggio pubblicato anche sulla rivista “Impresa Sociale”. Il presidente di Euricse Carlo Borzaga si concentra invece sui fondamenti economici della pronuncia, mentre Paola Iamiceli evidenzia il ruolo del diritto privato nella disciplina degli enti del terzo settore. La riflessione di Luca Gori è dedicata al ruolo di primo piano che gli enti del non profit svolgono nell’attuazione dei dettati costituzionali. L’intervento successivo di Silvia Pellizzari si concentra sugli istituti di diritto amministrativo applicabili alla coprogrammazione e coprogettazione. Felice Scalvini si sofferma poi sul vero senso del “fare insieme” che sta a fondamento dell’articolo 55 del Codice del terzo settore. Le conclusioni dell’instant book sono state affidate a Gregorio Arena, autore della prima riflessione scientifica sui caratteri dell’amministrazione condivisa richiamata anche dalla Corte costituzionale, il quale ha fornito importanti spunti operativi per l’applicazione dell’articolo 5.

Silvia Pellizzari è ricercatrice presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento

Carlo Borzaga è professore senior presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell'Università di Trento

Dal capitolo Coprogettazione tra PA ed ETS nel dirirtto amministrativo (pagg. 41-43)

Terzo settore emblema di vicinanza e solidarietà
Sin dal giorno della sua pubblicazione, la sentenza della Corte costituzionale n. 131 del 2020 è diventata un leading case fondamentale per il diritto del terzo settore.
La Consulta ha infatti sancito l’importanza del Codice del terzo settore e, in particolare, degli articoli dedicati ai rapporti tra gli enti del terzo settore e le pubbliche amministrazioni, i quali si ispirano a una logica collaborativa e non competitiva realizzando in questo modo direttamente principi e valori essenziali del nostro ordinamento costituzionale, ovvero la centralità della persona, la solidarietà e la sussidiarietà orizzontale.
Da questo punto di vista, il CTS concretizzerebbe il riconoscimento della “profonda socialità che connota, per la nostra Costituzione, la persona umana e la sua volontà di realizzare azioni positive e responsabili”, anche attraverso rapporti giuridici stabili con le istituzioni pubbliche.
La Corte ricorda, infatti, che nel sistema italiano la solidarietà ha da sempre una dimensione relazionale, essendo all’origine di “una fitta rete di libera e autonoma mutualità” che ha inciso profondamente sullo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese”, tanto da assicurare e garantire forme di inclusione sin da prima che si delineassero i sistemi pubblici di welfare.
Oggi, anche a fronte delle crisi che caratterizza spesso i modelli pubblici di welfare nel rispondere adeguatamente ai bisogni che emergono dalla società, la Corte sembra affermare che tra i soggetti pubblici e gli enti del terzo settore occorre tenere attivo un canale di amministrazione condivisa, alternativo a quello del profitto e del mercato perché ispirato alla comunanza di scopi e di obiettivi.
Nella prospettiva accolta dalla sentenza della Corte costituzionale, gli enti del terzo settore 42 43 rappresentano dei soggetti emblematici di quel tessuto capillare di vicinanza e solidarietà che anima la società. Per questa ragione essi sono in grado, più di altri, di mettere a disposizione dell'ente pubblico preziose risorse sul piano conoscitivo e operativo.
Per un verso, infatti, gli enti del terzo settore raccolgono e mettono a disposizione tutta una serie di dati informativi che sarebbero altrimenti conseguibili in tempi molto più lunghi e a costi maggiori; per altro verso, essi esprimono una significativa capacità organizzativa e di intervento e ciò produce effetti positivi, sia in termini di risparmio di risorse sia di aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della “società del bisogno”.

L’amministrazione obbiettivata e condivisa come presupposto teorico della sentenza
Nel campo del diritto amministrativo, i passaggi appena richiamati portano a svolgere due ordini di riflessioni. Sul piano generale, occorre interrogarsi su quale idea di amministrazione sia alla base dell’impostazione espressa dalla Corte costituzione; sul piano più puntuale diventa necessario individuare gli istituti più appropriati per dare forma giuridica ai rapporti tra istituzioni pubbliche e enti del terzo settore per come regolati dal CTS.
Quanto al primo aspetto, la sentenza della Corte pare riconoscere che nel sistema democratico delineato dalla Costituzione - in particolare negli artt. 2, 3, 4, e 118 Cost. - le istituzioni pubbliche non detengono il monopolio esclusivo dello svolgimento delle attività di interesse generale. Queste ultime, infatti, “possono essere perseguite anche da una autonoma iniziativa dei cittadini e della società solidale che è una componente essenziale del nostro Paese”.
Per questa ragione è quindi naturale che siano favorite e si instaurino dinamiche di condivisione tra sfera pubblica e sfera privata rispetto alle quali il diritto pubblico è chiamato a individuare forme giuridiche adeguate.
Sul piano teorico appare abbastanza immediato il riferimento alla cosiddetta “amministrazione obiettivata” teorizzata, in particolare, da Feliciano Benvenuti a partire dagli anni ’70 del secolo scorso (si veda sul punto in particolare, F. Benvenuti, L’ordinamento repubblicano, 1975, poi in Scritti giuridici, cit., 1° vol., pp. 643 ss. e F. Benvenuti, L’amministrazione oggettivata: un nuovo modello, in Rivista trimestrale di scienza della amministrazione, 1978, 1, pp. 6 ss.).
Secondo questa ricostruzione il diritto pubblico, in particolare quello amministrativo, esprime una realtà complessa che pone al suo centro la libertà della persona umana in quanto cardine del nuovo ordinamento democratico instaurato dalla Costituzione. Tale libertà non va solo protetta e tutelata nei riguardi delle istituzioni pubbliche e dell’autorità che queste esprimono, ma diviene essa stessa veicolo di una capacità di autogoverno della società su se stessa, di una libertà attiva che viene tradotta nel concetto di demarchia (cfr. sul punto F.Benvenuti, Il nuovo cittadino: tra libertà garantita e libertà attiva, 1994, poi in Scritti giuridici, cit., 1° vol., pp. 869 ss.).
Muovendo quindi al secondo profilo di interesse e, quindi, alle ricadute sul piano degli strumenti amministrativi utilizzabili per contribuire a realizzare questi effetti, occorre dire che l’amministrazione obbiettivata – divenuta poi, grazie alla felice espressione coniata da Gregorio Arena, l’amministrazione condivisa di cui all’art. 118 co. 4 Cost. - ha bisogno di forme giuridiche in parte diverse da quelle tradizionali per poter operare (cfr. in particolare G. Arena, Introduzione all’amministrazione condivisa, in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 3-4/1997; G. Arena, I cittadini attivi, una risorsa per l’interesse generale in A. Bixio e G. Crifò (a cura di), Il giurista e il diritto, Milano, FrancoAngeli, 2010; G. Arena, Prime riflessioni sul diritto dell’amministrazione condivisa in Labsus.it, 2016).
Trattandosi dell’esercizio dinamico di una funzione che riguarda interessi generali, la struttura dell’azione non può che essere procedimentale. Rispetto al procedimento le amministrazioni mantengono una responsabilità regolatoria, ma non in funzione del loro potere autoritativo, quanto, piuttosto, al fine di garantire il rispetto di principi generali dell’azione amministrativa (art. 1 della L. n. 241 del 1990) che, in questo senso, vanno a comporre la cornice in cui deve collocarsi l’attività di tutti che intendono impegnarsi per l’autoamministrazione nella società.
Si può, dunque, ritenere che il primo compito di una amministrazione condivisa responsabile sia quello di darsi delle regole procedimentali adeguate a riconoscere e garantire tutela giuridica a questi rapporti collaborativi.
Da questo punto di vista, proprio l’art. 55 CTS individua strumenti che richiamano altrettante dinamiche procedimentali, ovvero la coprogrammazione, la coprogettazione, l’accreditamento e le altre ipotesi di partenariato.
Tutte queste forme dell’azione comportano il dovere pubblicistico di assicurare il coinvolgimento attivo degli enti del terzo settore che può essere superato solo a fronte di preminenti interessi pubblici dedotti in una motivazione puntuale.

L'instant book è liberamente consultabile sul portale di Euricse