Massimo Cacciari. Foto di Paolo Chistè, Università di Trento.

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La poesia dell'Occidente

Massimo Cacciari dialoga con Francesco Zambon. Incontro promosso dal Seminario permanente di poesia Semper

20 luglio 2021
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Francesco Zambon
di Francesco Zambon
Professore emerito dell’Università di Trento.

Poesia e Abendland (dal tedesco ‘Occidente’), il titolo dell’incontro con Massimo Cacciari che si è svolto a fine giugno, fa riferimento a ciò che la poesia rappresenta, soprattutto in epoca contemporanea, in una terra che è “terra della sera” o “terra del tramonto”, patria in un certo senso da sempre perduta o sempre cercata, sempre “a venire”, ma alla quale l’uomo (e il poeta) occidentale pur sente di appartenere e di nutrirsi in profondità. È un tema più volte affrontato da Cacciari, specialmente a proposito di Trakl e di Rilke e dei memorabili saggi dedicati da Heidegger a questi due poeti.

Prima del seminario però Cacciari mi ha espresso il desiderio di porre al centro del nostro discorso un libro da me pubblicato nel 2017 per Carocci, L’elegia nella notte del mondo. Poesia contemporanea e gnosi. Il tema generale del libro muove da una constatazione di cui, a quanto pare, la critica letteraria non ha finora tenuto molto conto: quella della frequenza e rilevanza dei riferimenti alla Gnosi, e in termini più ampi all’esoterismo o più precisamente all’occultismo, in molti poeti e scrittori contemporanei, da Yeats a Bram Stoker, da Morgenstern a Pessoa, da Oskar Milosz a Daumal, fino ai nostri Fogazzaro, Capuana e Onofri, per citare solo alcuni dei nomi maggiori. Molti di loro furono addirittura direttamente impegnati in movimenti o sette neognostiche, rosacrociane, teosofiche di varia natura. 

La base teoretica da cui sono partito è costituita da un saggio del grande studioso dello gnosticismo antico, Hans Jonas, Gnosi, esistenzialismo, nichilismo (1963). Jonas indica i punti comuni che si possono individuare fra Gnosi e nichilismo: in entrambi i casi, egli osserva, si ha la percezione di un cosmo dal quale è svanito il Logos immanente, in un caso perché la sua creazione e il suo dominio sono attribuiti a un dio inferiore o addirittura malvagio nettamente distinto dal vero Dio che è situato in una dimensione assolutamente estranea al mondo, nell’altro perché la “morte di Dio” proclamata da Nietzsche lo ha privato di ogni fondamento divino e condannato alla pura mortalità.

Naturalmente, come non manca di aggiungere Jonas, vi sono anche differenze radicali fra le due forme di pensiero, in quanto se il nichilismo non ammette nulla oltre la pura materia votata alla distruzione, la Gnosi contempla sempre un Dio vero e trascendente, origine anche della parte spirituale che vi è nell’uomo e al quale il perfetto gnostico aspira a ricongiungersi. Ma entrambe portano a svuotare il cosmo dal divino, disorientando al tempo stesso l’uomo che non vi riconosce più un ordine e una legge fondante.

Molti storici, fra i quali lo stesso Jonas, concordano nel ravvisare i primi germi del nichilismo moderno nell’epoca della rivoluzione scientifica, di cui autori come Pascal e John Donne seppero percepire le sconvolgenti conseguenze epistemologiche e antropologiche. Proprio dal poemetto An Anatomy of the World di John Donne, lamento funebre per una giovinetta assunta a simbolo della Sapienza divina che ha abbandonato il mondo, muove la mia analisi della presenza del pensiero gnostico in alcuni poeti contemporanei.

Nel suo intervento Massimo Cacciari ha ricostruito da par suo i fondamenti filosofici del nichilismo moderno, partendo anch’egli dalla frattura epistemologica avvenuta intorno al XVII secolo. Egli ha spiegato come il fenomeno teoretico fondamentale sia costituito dal crollo del modello analogico che collegava tutte le realtà esistenti a Dio, loro principio, assicurando a diversi livelli il loro essere. Lo sfaldamento di questo modello a causa della rivoluzione copernicana e della nuova visione scientifica del mondo ha sottratto ogni fondamento ontico alla realtà, condannandola implicitamente al suo annichilimento sostanziale, a essere votata alla morte.

È questo lo sfondo filosofico in cui si trova a operare la poesia contemporanea. Ma, ha insistito Cacciari, con un apporto critico decisivo. Perché il nichilismo, ha spiegato, può essere inteso in due modi: quello di dire che tutto è nulla e quello di dire che tutto è il nulla (ovvero che il nulla è tutto). Questa seconda posizione è quella della grande tradizione mistica che va dallo pseudo Dionigi Areopagita a Meister Eckhart e a Silesius: essa afferma che Dio è meno ens che nihil, cioè che il nulla è Dio. Ed è certamente questa la forma di nichilismo, intimamente legata all’esperienza e alla scrittura mistica, quella che si riflette in molta della maggiore poesia contemporanea, da Mallarmé a Pascoli, da Pessoa a Celan, fino ai più recenti Juan Ángel Valente e Guido Ceronetti. Su queste intersezioni fra letteratura, filosofia e religione – temi di cruciale interesse oggi per noi – è poi proseguito il dialogo con Cacciari e con i numerosi presenti intervenuti nella discussione.

Massimo Cacciari, filosofo, docente universitario e opinionista noto al pubblico è stato ospite del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento nell’incontro intitolato Poesia e Abendland:dialogo di Massimo Cacciari con Francesco Zambon che si è svolto il 24 giugno. L’iniziativa è stata promossa nell’ambito del ciclo d’incontri 2020-2021 del Seminario permanente di poesia Semper, dedicato al tema Poesia, Patria, Mondo, organizzato dal Centro Alti Stidi Umanistici (CeASUm).
Semper è diretto da Pietro Taravacci e Francesco Zambon.