Paolo Macchi.

Vita universitaria

Non lasciare indietro nessuno

Intervista a Paolo Macchi, delegato di Ateneo al Supporto alla disabilità e disturbi specifici dell’apprendimento

28 settembre 2021
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di Marinella Daidone
Lavora all’Ufficio Web e Social media dell’Università di Trento.

L’Università di Trento è impegnata attivamente nella creazione di un ambiente inclusivo, in cui ogni persona possa sentirsi valorizzata. Ne abbiamo parlato con il professor Paolo Macchi, delegato del rettore al Supporto alla disabilità e DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) già con il precedente rettore, delega confermata dal rettore Deflorian.

Paolo Macchi è professore ordinario di Biologia molecolare del Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata (CIBIO), dove dal primo ottobre prossimo rivestirà anche la carica di direttore.

Uno dei princìpi fondanti dell’Agenda 2030 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) è “Non lasciare indietro nessuno”. Perché è importante e qual è la politica dell’Ateneo in quest’ambito?

L’Agenda dell’ONU ha una prospettiva estremamente ambiziosa che è quella di creare una società sostenibile e completamente inclusiva che metta l’individuo al centro. Non si tratta, come in una gara, di arrivare per primi, ma di raggiungere tutti lo stesso traguardo. Chi non può farlo, a causa di disabilità o di altri tipi di fragilità, deve essere aiutato.
Una società sostenibile non può prescindere dall’adottare una serie di linee guida che vadano in questa direzione. E il nostro Ateneo sta facendo la sua parte: negli ultimi anni stiamo mettendo in campo una serie di buone pratiche per attuare questo obiettivo.
L’università può essere la culla di questa cultura dell’inclusione che poi verrà riversata nella società. Ma “inclusione” non vuol dire riferirsi solamente al concetto di “disabilità”. Non dimentichiamo che una società inclusiva è un ambiente da cui tutti possono trarre vantaggio.

Nella sua funzione di delegato di Ateneo, ci può parlare dei progetti che ha portato avanti in questi anni?

I progetti sono tanti e vengono sviluppati in collaborazione con l’Ufficio Equità e Diversità dell’Ateneo. Il filo conduttore è quello di diffondere la cultura della disabilità e dell’inclusione all’interno della nostra Università; in base a questo abbiamo creato tavoli di lavoro su temi specifici.
Tra i tanti progetti vorrei ricordare l’attivazione all’interno dell’Ateneo del Servizio inclusione comunità studentesca, con uno sportello dedicato e una serie di servizi che negli anni sono stati implementati, supportati anche dalle nuove tecnologie. Recentemente abbiamo creato anche uno sportello per chi lavora in università (la componente docente, tecnico-amministrativa, contrattista, visiting) per venire incontro alle esigenze di questa realtà del nostro Ateneo.
Un altro progetto che abbiamo attivato è quello sulla Neurodiversità, in collaborazione con il Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive di Rovereto. Siamo stati i primi in Italia a creare uno sportello per studenti e studentesse con disturbi dello spettro autistico ad alto funzionamento. Si tratta di uno sportello per aiutare gli studenti, e le loro famiglie, attraverso una serie di iniziative che li supportano e danno loro gli strumenti per organizzarsi nelle attività didattiche e completare il percorso universitario nella maniera più serena possibile.

Sull’accessibilità degli edifici dell’Ateneo sono stati fatti dei passi avanti?

Sicuramente sì. L’accessibilità degli edifici è un aspetto che ci sta molto a cuore: abbiamo lavorato perché i luoghi dove si studia e si lavora siano completamente accessibili a persone con disabilità. Ma questo non è sufficiente nel momento in cui c’è un’emergenza,  pensiamo ad esempio a un incendio. Occorre quindi adottare una serie di misure che permettano alle persone con disabilità (ad esempio ipovedenti o ipoudenti) di uscire dall’edificio in sicurezza.
La sicurezza e la gestione dell’emergenza in un’ottica inclusiva è, quindi, un tema molto importante e abbiamo istituito un tavolo di lavoro su questa tematica. Anche persone cosiddette “normali”, che solitamente non hanno fragilità palesi, possono trovarsi in difficoltà in situazioni di emergenza. Se quindi gestiamo le emergenze in un’ottica inclusiva tutti ne trarranno beneficio.
L’accessibilità ha molte declinazioni. Grazie ai tavoli di lavoro, abbiamo già elaborato delle linee guida sull’accessibilità degli eventi (ad esempio avvalendoci della traduzione nel linguaggio dei segni), dei documenti e dei siti web. Avere un sito web completamente accessibile ‒ vista la complessità dei contenuti (testi, immagini, documenti, video) ‒ è una grande sfida da portare avanti nei prossimi mesi. 

Cosa non si è ancora riusciti a realizzare e a cosa si sta lavorando?

Quello che avrei voluto incrementare, ma che purtroppo a causa del Covid è rimasto indietro, riguarda la mobilità internazionale (incoming e outgoing) che spero riusciremo a riattivare al più presto. Il nostro Ateneo tiene molto alla mobilità studentesca come esperienza che arricchisce dal punto di vista umano e formativo. Per fare in modo che anche le persone con disabilità possano vivere quest’esperienza, occorre costruire reti di collaborazioni con altre università a livello internazionale che permettano di identificare i servizi di supporto forniti da questi atenei. Allo stesso tempo intendiamo dare maggiore visibilità ai servizi offerti dal nostro Ateneo, per attrarre studenti e ospiti stranieri con bisogni speciali e dar loro il necessario sostegno durante la loro permanenza.
Un altro aspetto importante su cui vorremmo puntare è la cultura dell’inclusione. Per sensibilizzare il corpo docente sulle problematiche che studenti e studentesse con disabilità o SDA devono affrontare nel proprio percorso formativo, abbiamo fatto degli incontri nei Dipartimenti che speriamo di riprendere dopo l’interruzione a causa del Covid. Collaboriamo anche nell’ambito del progetto FormID per la Formazione dei docenti e l’Innovazione Didattica. Non dobbiamo dimenticare che svariati progetti di ricerca hanno ricadute dirette o indirette nell’ambito dell’inclusione e della disabilità. Occorre fare network, all’interno dell’ateneo e con altri atenei, e procedere a una mappatura di questi progetti che possono tradursi in servizi per la comunità accademica e non solo.
Da ultimo, vogliamo migliorare costantemente i servizi che offriamo: il sogno è quello di anticipare i bisogni delle persone con fragilità.

Come sono state gestite in periodo di pandemia le problematiche legate all’inclusione e all’accessibilità?

La pandemia ha reso ancora più difficile l’aspetto sociale, ovvero la possibilità di interazione fra persone. Però la didattica a distanza è stata anche un aiuto perché ha messo a disposizione materiale video, dando la possibilità di rivedere le lezioni. Spero che questo aspetto venga mantenuto anche durante la didattica in presenza. La didattica a distanza ci ha dato l’occasione, inoltre, di stilare e condividere un vademecum per la produzione di materiale didattico accessibile (ad esempio su come creare un power point o delle slide accessibili). 

Lei è membro della Conferenza Nazionale Universitaria dei Delegati per la Disabilità (CNUDD). Di cosa si tratta e quanto è importante fare rete?

Alla CNUDD afferiscono tutti i delegati degli atenei italiani per la disabilità e DSA: ciò ha dato un enorme contributo alla sensibilizzazione sulle problematiche legate alla disabilità nelle università italiane e che non hanno niente da invidiare alle altre università europee e internazionali. Oltre a favorire la condivisione di idee e lo scambio di buone pratiche, la Conferenza partecipa ai tavoli di lavoro ministeriali sull’università e sulla scuola, dove ha portato all’attenzione le tematiche relative alla disabilità e ai disturbi specifici dell’apprendimento, ad esempio chiedendo che i test di ingresso siano accessibili.
Fare rete è un punto di forza e in quest’ottica nel 2017 è nata la rete locale Uni3V delle università del Triveneto (Trento, Bolzano, Verona, Udine, Trieste, Padova, Venezia Ca’ Foscari e SISSA) con l’intento di condividere progetti e co-organizzare iniziative per diffondere la cultura dell’inclusione. 
Da biologo posso dire che i cambiamenti culturali sono più rapidi rispetto a quelli biologici, e quindi richiedono maggiore sforzo di adattamento. Essi pongono delle vere e proprie sfide, che noi vogliamo vincere.


Leave no one behind
An interview with Paolo Macchi, Rector's delegate for Disability and specific learning disorders

by Marinella Daidone

The University of Trento is actively engaged in creating an inclusive environment, in which everyone feels valued. We talked about this with Professor Paolo Macchi, Rector's delegate for Disability and specific learning disorders (SLD) who already held the position with the previous rector.

Paolo Macchi is full professor of Molecular biology at the Department of Cellular, Computational and Integrative Biology - CIBIO, of which he will be the director from 1st October.

One of the principles of the United Nations 2030 Agenda is "Leave no one behind". Why is it important and what are the University's policies in this area?

The UN Agenda has a very ambitious goal which is to create a sustainable and inclusive society focused on the individual.
It is not about winning the race, but about getting everyone past the finish line. We must help those who struggle because of a disability or of another condition.
A sustainable society must adopt policies that promote inclusiveness. And our University is doing its part: in recent years we have implemented a series of best practices to achieve this goal.
The university can provide the breeding ground for this culture of inclusion which will then spread to society. But "inclusion" does not refer only to the concept of "disability". Let's not forget that an inclusive society is an environment that everyone can benefit from.

In your role as Rector's delegate, can you tell us about the projects you have carried out over the years?

The projects are many and are developed in collaboration with the Equity and Diversity Office of the University. The common thread is to disseminate knowledge about disability and inclusion within our University and to do this we have created working groups on specific topics.
Among the projects we have completed, I would like to mention the establishment of the Inclusion Service for the student community, with a help desk and a series of services that have been implemented over the years, also thanks to new technologies. 
We have recently created a help desk for university staff (academics, technical and administrative personnel, contractors, visiting staff) to meet their needs in this area.
Another project we are working on is on Neurodiversity, in collaboration with the Department of Psychology and Cognitive Science of Rovereto. We were the first in Italy to create a help desk for students with high-functioning autism spectrum disorders. The service aims to help students and their families through a series of initiatives that encourage them and give them the tools to become independent learners and complete their university education in the most serene way possible.

Has there been any progress on the accessibility of University buildings?

Yes. The accessibility of buildings is very important to us: we have worked hard to ensure that the places where we study and work are completely accessible to people with disabilities. But this is not enough when there is an emergency, when a fire breaks out for example. That is why measures must be in place so that people with disabilities (for example, the visually or hearing impaired) can safely leave the building.
Safety and emergencies require an inclusive approach, and we have set up a working table on this issue. Even "normal", able-bodied people, may have difficulties in an emergency. Therefore, the adoption of an inclusive approach in the management of emergencies will benefit everyone.
Accessibility has many forms. Thanks to the working groups, we have already drawn up guidelines on the accessibility of events (making sign language available, for example), documents and websites. Having a fully accessible website - given the complexity of content (texts, images, documents, videos) - is a great challenge that we will address in the coming months. 

What has not yet been achieved and what is being worked on?

I would have done more for incoming and outgoing international mobility, and I hope to pick up where I left off because of the pandemic.
Our University promotes student mobility because studying abroad is an enriching experience for personal and educational growth. To ensure that people with disabilities can participate in this experience, it is necessary to build collaboration networks with other universities at an international level to identify the support services they provide. At the same time, we also want to give greater visibility to the services offered by our University, to attract foreign students and guests with special needs and to give them the necessary support during their stay.
Another important aspect we would like to focus on is the culture of inclusion. We have organized meetings in the departments to raise awareness among the teaching staff on the problems that students with disabilities or special learning disorders have to face during their studies, and we hope to organize some more in the future. We also collaborate with the FormID project for Teacher Training and Innovation in teaching and learning.
We must not forget that many research projects have direct or indirect repercussions in the field of inclusion and disability. We must promote networking, within the university and with other universities, and map these projects that can translate into services for the academic community and beyond.
Finally, we want to constantly improve the services we offer: our dream is to meet the needs of frail and vulnerable people.

How were inclusion and accessibility issues dealt with during the pandemic?

The pandemic has made social interaction between people even more difficult. But distance learning was very helpful because it made video material available, giving everyone the opportunity to attend the lectures from home. I hope this aspect will be maintained when in person teaching and learning resumes. Distance learning also gave us the opportunity to draw up and share guidelines on the creation of accessible study material (for example, on how to create an accessible PowerPoint presentation or accessible slides). 

You are a member of the National University Conference of Delegates for Disability (CNUDD). What is it, and how important is networking?

The conference brings together all the delegates of Italian universities for disability and SLD: it has contributed to raising awareness on the problems related to disability in Italian universities, which are the same as in other European and international universities. 
In addition to encouraging the sharing of ideas and the exchange of good practices, the conference participates in ministerial working tables on the university and schools, where it has brought to the attention of policy makers issues relating to disabilities and specific learning disorders, demanding for example that admission tests are accessible.
Networking is essential and that is why, in 2017, the Uni3V network was created to bring together the universities of Trento, Bolzano, Verona, Udine, Trieste, Padova, Venezia Ca' Foscari and SISSA, to share projects and organize common initiatives to spread the culture of inclusion. 
As a biologist I can say that cultural changes occur faster than biological ones, and therefore require more effort to adapt. They pose real challenges, which we want to overcome.

[Traduzione Paola Bonadiman]