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LA DIFFICILE TRANSIZIONE SCUOLA-LAVORO

Il caso italiano e il contesto europeo. A Trento il 24th Annual Workshop of the European Research Network on Transitions in Youth

14 settembre 2016
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di Paolo Barbieri, Stefani Scherer e Giampiero Passaretta
Rispettivamente professori ordinari presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale e dottorando in Sociologia e Ricerca Sociale all’Università di Trento.

Il passaggio dal mondo della scuola a quello del lavoro ha sempre rappresentato una fase molto importante nella transizione alla vita adulta. Per le generazioni meno recenti, tale passaggio è nella maggior parte dei casi avvenuto in maniera automatica e ha spesso preceduto altre importanti transizioni, quali l’uscita dalla casa dei genitori, il matrimonio, la nascita di un figlio. 

Tuttavia, ottenere un buon lavoro dopo il completamento degli studi non è semplice per le nuove generazioni. Sempre più giovani faticano a trovare una buona occupazione, sia in termini di remunerazione che di stabilità contrattuale, anche quando sono in possesso di titoli di studio elevati. Questa difficoltà si ripercuote anche su altre fasi di passaggio alla vita adulta: precarietà e scarsa remunerazione spesso impediscono di lasciare la casa dei genitori, sposarsi e formare un proprio nucleo familiare. In altre parole, le conseguenze negative di una difficile transizione scuola-lavoro sembrano non limitarsi alla sola carriera occupazionale e ripercuotersi sull’intero ciclo di vita. Ricerche sul caso italiano e sul contesto europeo suggeriscono come non riuscire a trovare una buona occupazione, una volta conclusi gli studi, esponga a maggiori rischi di esclusione sociale, minore partecipazione politica e peggiori condizioni di salute nel successivo corso di vita. Dunque, una volta conclusi gli studi, accettare una posizione lavorativa non adeguata alle proprie capacità in attesa del “posto buono” sembra essere una strategia non scevra da rischi. 

Questo vale tanto più quanto le possibilità di cambiare occupazione lungo il corso di vita sono limitate da caratteristiche strutturali del sistema economico e del contesto istituzionale. Ad esempio, nel nostro paese, la prevalenza di piccole e medie imprese e il persistente disequilibrio nella protezione sociale e contrattuale a favore delle vecchie generazioni riducono fortemente la mobilità occupazionale “ascendente” nelle prime fasi di carriera, limitando così la possibilità di scongiurare le conseguenze negative di lungo periodo legate al cattivo ingresso. 

Gli sviluppi di questo scenario in termini di equità sociale sono tutt’altro che incoraggianti. Un buon primo ingresso nel mercato del lavoro, infatti, impatta positivamente sulla vita degli individui per molti anni a seguire; di conseguenza le disuguaglianze sociali nella transizione scuola-lavoro rischiano di persistere lungo l’intero ciclo di vita. Accade così che una “spintarella” nella ricerca del primo impiego da parte di genitori ben inseriti nel contesto economico e sociale si traduca in svantaggi di lungo termine per i figli di genitori meno abbienti e influenti. Tuttavia, questo scenario non sembra riguardare esclusivamente il nostro paese. Sebbene in misura minore, anche in paesi dove il contesto economico e istituzionale assicura maggiore mobilità di carriera – come i Paesi Bassi –, il vantaggio legato alle origini sociali non si esaurisce con l’ingresso nel mercato del lavoro ma si ripercuote sull’intero corso di vita. 

Se una minore regolazione dell’economia da parte degli Stati nazionali sembra garantire maggiore efficienza del sistema economico e maggiore mobilità di carriera, quest’ultima non sembra in grado di ridurre diseguaglianze sociali visibili già all’alba delle carriere occupazionali. 

Si è parlato di questo argomento al 24th Annual Workshop of the European Research Network on Transitions in Youth che quest’anno si è tenuto a Trento dal 7 al 10 settembre. Il workshop è stato organizzato dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento, con la collaborazione del TIY, European Research Network on Transitions in Youth e del CSIS, Center of Social Inequality Studies dell’Università di Trento.