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L’ANIDRIDE SOLFOROSA NEI VINI

Individuate nuove reazioni chimiche del conservante alimentare. Uno studio pubblicato su Scientific Reports

21 febbraio 2018
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di Sonia Caset
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

Sui risultati della ricerca, pubblicata a gennaio su Scientific Reports con il titolo “The impact of SO2 on wine flavanols and indoles in relation to wine style and age” abbiamo rivolto alcune domande a due dei firmatari dell’articolo, Fulvio Mattivi e Graziano Guella, entrambi professori del Dipartimento di Fisica e del nuovo Centro Agricoltura, Alimenti, Ambiente  (C3A) dell’Università di Trento e della Fondazione Edmund Mach.

Nel vostro studio avete indagato aspetti finora sconosciuti sul comportamento dell’anidride solforosa nei vini. Quali sono le novità?
L’anidride solforosa è l’additivo di più difficile eliminazione nella produzione dei vini. Grazie alle sue molteplici azioni antiossidanti, antimicrobiche e di inibizione enzimatica, questo composto contribuisce a proteggere i vini da varie indesiderate reazioni e contaminazioni, e viene ancora oggi considerato dagli enologi un additivo alimentare a cui è difficile rinunciare. Le molteplici forme chimiche in cui la solforosa è presente nel vino vengono definite come “solfiti”. I solfiti sono considerati allergeni e sono normati da limiti legali. I produttori da anni stanno facendo uno sforzo per ridurne i dosaggi, che già ora sono ampiamente sotto i limiti legali, in particolare per i vini di qualità. Una ulteriore riduzione è complessa, anche perché le dosi minime raccomandate per garantire la conservazione variano per i diversi vini, e si basano su conoscenze empiriche. Il messaggio principale di questo studio è che solforosa e solfiti sono in larga misura convertiti durante l’affinamento del vino in molteplici composti organici solfonati stabili, che vanno a modificare la composizione dei vini.

Alla luce delle vostre scoperte, quali ricadute sulle applicazioni in enologia si possono immaginare?
Abbiamo individuato un buon numero di composti naturalmente presenti nei vini, che sono in grado di combinare irreversibilmente i solfiti attraverso reazioni di solfonazione e messo a punto un metodo analitico tramite cromatografia liquida abbinata a spettrometria di massa tandem, per l’accurato dosaggio sia delle forme libere che dei loro prodotti di reazione. Riteniamo che in futuro una migliorata comprensione dell’importanza delle reazioni chimiche di solfonazione nel modificare la qualità dei vini potrà portare a un uso più mirato di questo additivo, nell’ottica di un’enologia di precisione. Abbiamo intanto dimostrato la grande diversità di convertire la solforosa dei vini rossi rispetto ai vini bianchi e spumanti. Conoscendo la capacità di un particolare vino di assorbire l’anidride solforosa, potremo determinare con migliore precisione la quantità effettivamente necessaria.

Da chi è composto il team di ricercatori coinvolti nello studio?
Il lavoro nasce da una stretta collaborazione, attiva ormai da diversi anni, tra i nostri gruppi di ricerca ed ha coinvolto diversi giovani ricercatori di queste unità; certamente una nota di merito va però al dottor Panagiotis Arapitsas, ricercatore del Dipartimento Qualità Alimentare e Nutrizione di FEM (Fondazione Edmund Mach) che ha svolto brillantemente la maggior parte delle attività sperimentali legate alla misura e all’analisi dei risultati presentati per la prima volta in questo lavoro. Va menzionato inoltre che il progetto si è avvalso negli anni della collaborazione e della continua interazione con molte aziende e consorzi sia locali che nazionali.

Il Centro Agricoltura, Alimenti, Ambiente ha promosso quest’anno il nuovo corso di laurea di primo livello in Viticoltura ed enologia. Quali conoscenze e competenze sono richieste all’enologa e all’enologo di oggi?
Sono davvero molteplici queste competenze in quanto l’enologo oggi deve sapersi muovere bene su almeno tre diversi livelli di conoscenze e competenze: deve conoscere gli aspetti agronomici della viticoltura, gli aspetti chimici-enologici della produzione di vino e derivati e infine in molte piccole realtà economiche deve sapere anche commercializzare questi prodotti. Una larga parte del vino di qualità viene esportato, e l’enologo si deve muovere in un contesto internazionale. È quindi una professione complessa, molto gratificante ma che richiede una preparazione interdisciplinare importante.