Gruppo di scialpinisti sulla Catena del Lagorai (Trentino), foto di Paolo Tosi.

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OVERCONFIDENCE ED ECCESSIVA ESPOSIZIONE AL RISCHIO

La convinzione di sapere più di quanto si sa influenza in modo negativo la capacità di decidere. Uno studio condotto su un gruppo di scialpinisti

25 settembre 2015
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Enrico Rettore
Sara Tonini
Paolo Tosi
di Enrico Rettore, Sara Tonini, Paolo Tosi
E.Rettore è professore ordinario del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento ed è affiliato a FBK-IRVAPP. S.Tonini è dottoranda di ricerca dell'Ateneo. P.Tosi è professore associato del Dipartimento di Fisica dell'Ateneo.

 

L’arroganza epistemica, come la chiama Taleb, è l’eccesso di sicurezza in ciò che si sa. Corrisponde all’overconfidence come definita nella letteratura psicometrica. L’overconfidence è stata proposta come possibile spiegazione di vari errori decisionali, dalle bolle di mercato allo scoppio di guerre devastanti: “No problem in judgment and decision making is more prevalent and more potentially catastrophic than overconfidence”.
Un ‘cigno nero’, ancora secondo Taleb, è un evento con probabilità di accadimento talmente bassa da risultare imprevedibile e dal forte impatto: positivo o negativo, secondo i casi. Lo scialpinismo è un ambito ideale per verificare cosa succede quando un soggetto overconfident ha a che fare con i cigni neri. È una pratica esposta al rischio di valanghe – staccate nella stragrande maggioranza dei casi dallo stesso scialpinista che ne rimane travolto e spesso ucciso – e presenta tutte le caratteristiche identificate dalla letteratura scientifica come rilevanti per l’insorgere di decisioni influenzate dall’overconfidence:

  • l’evidenza oggettiva disponibile allo scialpinista viene dai bollettini nivo-meteo che forniscono però solo le condizioni prevalenti in un’ampia area. La decisione dello scialpinista se attraversare o meno uno specifico pendio è in gran parte basata sulla sua valutazione soggettiva, non sull’evidenza oggettiva. Questo è il punto chiave: il grado di sicurezza dello scialpinista nella sua capacità di giudizio gioca un ruolo decisivo;
  • l’incidente da valanga è un evento raro, il singolo scialpinista generalmente non ne ha esperienza diretta. Ne consegue che al singolo scialpinista manca il riscontro sulle sue decisioni passate, che gli consentirebbe di correggere le sue regole decisionali (peraltro, se il feedback arriva spesso è fatale);
  • la rarità dell’evento può indurre lo scialpinista a non considerarlo nel novero degli eventi possibili.

Lo studio che abbiamo condotto [vedi FBK-IRVAPP Working Paper No. 2015-02], voluto e finanziato dall’Accademia della Montagna del Trentino, ha coinvolto un gruppo interdisciplinare di ricercatori composto da: Nicolao Bonini (Università di Trento), Stefania Pighin (Università di Verona e Università di Trento), Enrico Rettore (Università di Trento e FBK-IRVAPP & IZA), Lucia Savadori (Università di Trento), Federico Schena (Università di Verona), Sara Tonini (Università di Trento), Paolo Tosi (Università di Trento).

Il test è stato somministrato a 275 volontari praticanti lo scialpinismo nel Nord Est d’Italia.
Sono state loro proposte tre gite di difficoltà crescente – da MSA a OSA della scala Blachère – molto note e tre distinti scenari nivo-meteo caratterizzati da un grado di pericolo valanghe crescente – da livello 2 a livello 4 della scala europea. Per ognuna delle nove combinazioni risultanti è stato chiesto loro se sarebbero stati disponibili ad intraprendere la gita. Infine, è stato misurato il loro grado di overconfidence e di propensione al rischio, ricorrendo a strumenti standard tratti dalla letteratura psicometrica. 
Per misurare l’effetto dei punteggi di overconfidence e di propensione al rischio sulla disponibilità ad intraprendere le gite proposte abbiamo fatto ricorso a strumenti standard dell’analisi statistica. 

Questi i principali risultati evidenziati dallo studio.
A parità di altre caratteristiche dello scialpinista e della montagna, una variazione di overconfidence dal minimo al massimo punteggio osservato nel nostro campione comporta una variazione della probabilità di intraprendere la gita pari a 0.5. Con tutta evidenza, un effetto di grande portata.
È noto in letteratura  che una variazione unitaria dell’indice di pericolo comporta un raddoppio della probabilità di staccare una valanga. Tale risultato combinato con quello ottenuto nel nostro studio, implica che un overconfident nella coda destra della distribuzione si espone ad una probabilità di incidente da valanga doppia rispetto ad un underconfident nella coda sinistra.  

Non sorprendentemente, anche la propensione al rischio ha un effetto rilevante sulla probabilità di intraprendere la gita. Ma per comparare correttamente i due effetti serve tenere conto di una fondamentale differenza. Gli scialpinisti – e più in generale gli alpinisti – sono consapevoli, e liberamente accettano, di svolgere un’attività che li espone a rischi. Vale a dire che sono consapevoli di essere propensi al rischio. Sono invece del tutto inconsapevoli del loro grado di overconfidence, e di quanto questo influisca sulle loro decisioni. Ne consegue che i soggetti overconfident risultano esposti al cigno nero con una probabilità nettamente più elevata di quella che credono.
 


Riferimenti bibliografici:

  1. Taleb, NN. The Black Swan: The impact of the highly improbable. New York: Random House; 2007.
  2. Camerer C., Lovallo D.: Overconfidence and excess entry: An experimental approach. American Economic Review American Economic Association. 1999; 89(1); 306-318. 
  3. Johnson DD. Overconfidence and war. Harvard University Press; 2009.
  4. Plous S. The psychology of judgment and decision making. New York: McGraw-Hill; 1993.