Ciclo
La responsabilità civile dello Stato sulle “questioni ultime”: riscaldamento globale e pandemia
Le “questioni ultime” per il destino dell’umanità, scriveva Hans Jonas ne Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica (Torino, 1990 - Das Prinzip Verantwortung, Frankfurt am Mein, 1979), mentre metteva a punto le basi intellettuali che avrebbero accompagnato la giuridificazione del Principio di Precauzione nel diritto europeo a cavallo del terzo millennio, sono quelle riguardanti i limiti di tolleranza della natura: il problema della nutrizione, quello delle materie prime, quello energetico e, infine, l’ultimatum del problema termico. Nei 50 anni seguiti a quelle riflessioni, la contemporaneità si è incaricata di confermare appieno le intuizioni di Jonas e di aggiungere a quella lista l’imperativo di saper proteggere la salute individuale e collettiva dall’irrompere di virus suscettibili di far deflagrare pandemie, come un segmento della storia umana in cui siamo ancora immersi ha drammaticamente dimostrato.
Lo Stato, la cui responsabilità nei confronti dei consociati veniva assimilata da Jonas sul piano filosofico a quella dovuta dai genitori nei confronti dei propri figli, in Italia è stato in tempi recenti chiamato a rispondere attraverso gli strumenti della responsabilità civile, per aver male interpretato il proprio ruolo di tutela dei consociati di fronte all’inverarsi di due di quelle “questioni ultime” cui si è alluso.
Nel giugno del 2021 è stato depositato presso il tribunale civile di Roma un atto di citazione che rimprovera ai vertici dello Stato italiano la omessa e/o inadeguata applicazione degli obblighi che lo Stato italiano si è assunto, sia in via pattizia con gli accordi di Parigi e con la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che per effetto di alcuni regolamenti europei emanati fra il 2018 e il 2021. L’azione si propone di veder sancita la condanna dello Stato per l’inadempimento di quelle che gli attori, richiamando le fonti appena ricordate, definiscono “obbligazioni climatiche”, facendo leva sulla clausola generale dell’illecito civile e su altri articoli del Codice civile. Si chiede al Tribunale civile una pronuncia che condanni lo Stato ad adottare le iniziative di abbattimento delle emissioni di gas serra, necessarie a realizzare, sulla base della migliore scienza disponibile a livello mondiale, la stabilizzazione climatica e contestualmente garantire la tutela effettiva dei diritti umani per le presenti e future generazioni, in conformità con il dovere costituzionale di solidarietà e con quello internazionale di equità tra gli Stati. Più specificatamente, si mira a far dichiarare che lo Stato italiano è responsabile della situazione di pericolo derivante dall’inerzia dimostrata nel contrastare l’emergenza climatica, per ottenerne la condanna ad abbattere le emissioni di gas serra del 92% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990.
Nel dicembre del 2020 è stato depositato presso il tribunale civile di Roma un atto di citazione che rimprovera ai vertici dello Stato italiano e a quelli della Regione Lombardia l’inadempimento di precisi obblighi che la legislazione aveva sancito per far sì che le istituzioni statali e regionali responsabili costituzionalmente della tutela della salute dei cittadini fossero pronte ad affrontare un’emergenza pandemica. Tale evenienza, infatti, pur incerta quanto al momento della sua verificazione, era stata oggetto di lucida previsione regolativa fin dai primi anni 2000, con la puntuale individuazione delle misure da adottarsi per essere preparati a contrastarla, attraverso una serie di piani pandemici adottati dalle istituzioni coinvolte. Piani che, al deflagrare della pandemia da COVID all’inizio del 2020, hanno mostrato di essere stati previsti solo sulla carta. In questo caso la tutela cercata non è in forma specifica, ma è per equivalente e chiede la condanna delle istituzioni convenute a ristorare tutti i danni civilmente risarcibili a seguito del decesso di centinaia di cittadini durante la prima ondata pandemica in alcune zone della Lombardia.
Entrambi i contenziosi, pur nella diversità dei temi di fondo e nella prospettazione di un differente modo di attivare la tutela cercata, che è di taglio preventivo-anticipatorio, con la condanna in forma specifica a un facere, nel caso dell’azione avente ad oggetto il riscaldamento globale, ed è viceversa solo tesa a conseguire giustizia nella forma di uno “stipulativo” risarcimento per equivalente nel caso delle vittime del COVID, mettono apertamente in gioco la capacità della responsabilità civile di ergersi ad estremo strumento di tutela di fronte alla violazione di diritti fondamentali dei cittadini conseguente all’inerzia o alla cattiva esplicazione dei propri obblighi istituzionali da parte dello Stato e delle istituzioni territoriali che con lo Stato condividono la responsabilità di tutelare questi diritti.
A ridosso della loro salienza, della loro pregnanza politica e costituzionale e della loro capacità di attirare una necessaria attenzione interdisciplinare sui tempi di fondo che affrontano, entrambe le azioni prospettano al giurista cultore della responsabilità civile un campionario di problemi che in primis interpella le funzioni che questo istituto può essere chiamato ad assolvere nel diritto civile e che, in una prospettiva più tecnica, chiede di analizzare alcuni snodi comuni a ogni giudizio di responsabilità civile, quali la colpa, la causalità e lo stesso modo di essere della tutela che la responsabilità civile può garantire, nel quadro di una riflessione che deve preoccuparsi di considerare la sfera di discrezionalità che contraddistingue l’agire della pubblica amministrazione.
Nel corso dei due incontri di cui si compone questo ciclo di seminari, inserito nella didattica del corso di diritto civile impartito dal prof. Umberto Izzo ed aperto alla partecipazione degli iscritti al corso di Dottorato in Studi Giuridici Comparati ed Europei dell’Università di Trento, si metteranno a fuoco i problemi sottesi a queste controversie, unendo alla consapevolezza che esse riguardano alcune delle questioni ultime che Jonas vedeva agitarsi riflettendo intorno al destino dell’uomo, la possibilità di favorire un dialogo scientifico fra chi ha patrocinato e contribuito alla proposizione di queste iniziative giudiziarie e chi studia le problematiche giuridiche che queste iniziative pongono all’interprete.