Friday, 8 May 2020

"70 anni dalla Dichiarazione Schuman: Quale Futuro per il Progetto Europeo?"

Europe Day 2020: article by L. Antoniolli and A. Fracasso

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Il 9 maggio 1950, settant’anni fa, Robert Schuman, Ministro degli esteri francese, pronunciò un discorso destinato a lasciare una traccia profonda sul processo di integrazione europea, tanto da far diventare ufficialmente questa data il giorno dell’Europa.
Essa rappresenta il simbolo dell’integrazione europea perché in quel discorso si ritrova il DNA dell’attuale Unione europea, legato ad un processo di integrazione incrementale che si incardina su elementi economici, ma che ha come obiettivo finale un orizzonte molto più ambizioso di tipo politico.
L’idea alla base di questo modello fu ad un tempo rivoluzionaria e pragmatica: rivoluzionaria, perché nelle parole di Schuman essa mirava alla costruzione di una vera e propria Federazione europea, sebbene a questo obiettivo si dovesse giungere con gradualità; pragmatica, perché essa partiva da ambiti limitati, ma di importanza strategica. 
Il cammino percorso in questi settant’anni di integrazione è, guardando indietro, davvero impressionante: le Comunità europee, prima, e l’Unione europea, dopo, hanno raggiunto un livello di integrazione che non ha pari nel mondo, e copre ambiti ben più estesi di quelli economici, toccando settori come i diritti fondamentali, la tutela ambientale, la ricerca, la sicurezza, l’immigrazione, ecc. 
Tuttavia, in questo notevole percorso evolutivo una componente essenziale del disegno originale è andata persa: il DNA del processo di integrazione europea proposto da Schuman conteneva gli elementi di una futura federazione europea, ma oggi questo fattore è scomparso dall’orizzonte, ed appare a molti come un retaggio utopistico ed irrealistico del passato. Se così è, però, l’intero progetto vacilla, avendo perso una parte essenziale delle fondamenta che lo reggevano: se non c’è all’orizzonte un’integrazione politica, forse anche il livello di integrazione economica va rivalutato, perché esso è talmente spinto da intaccare significativamente la sovranità nazionale.
Questa situazione è molto pericolosa, soprattutto in una situazione di crisi sistemica come quella attuale. Non possiamo pensare di proseguire con le modalità del passato, per quanto efficaci esse siano state: occorre una nuova visione di Europa, che sia condivisa non solo dalle élites politiche e tecniche, ma anche da tutti i cittadini. Una visione alta, che si fondi su un senso profondo di identità e di comunità, e che faccia proprio il motto dell’Unione, di essere “uniti nella diversità”. E’ una strada sicuramente impervia ed accidentata, ma il cammino che abbiamo alle spalle dimostra che risultati importanti, e probabilmente vitali, sono alla nostra portata.