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Numeri primi alla prova

Un colloquio sulla congettura di Riemann: matematica e fisica in dialogo

18 marzo 2022
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di Matteo Largaiolli
Ufficio Stampa e Relazioni Esterne dell'Università di Trento.

Tra le cose che oggi vengono vendute e comprate ci sono anche i numeri. Molti sistemi di sicurezza, come quelli che fanno funzionare i bancomat, lavorano infatti con dei codici numerici, costruiti sulle caratteristiche dei numeri primi. Un codice fatto di numeri facili (tre, cinque, sette…) può essere violato senza grandi difficoltà. Ma se questi codici sono creati con migliaia o milioni di cifre, le cose cambiano e le possibilità di decifrarli crollano. Ecco perché le banche, ma anche molti altri sistemi di sicurezza privati e pubblici, hanno bisogno di numeri primi grandi, difficili da trovare e soprattutto segreti.

Facendo una rapida ricerca su Internet scopriamo che il più alto numero primo conosciuto fino ad oggi (marzo 2022) è 282,589,933 – 1: un numero con quasi 25 milioni di cifre. Ma in realtà questa è una mezza verità. La rete ci dice soltanto qual è il più alto numero primo “pubblico”: sappiamo per certo che sono stati trovati anche numeri primi più alti, che sono gelosamente conservati nei computer di chi li ha calcolati o di chi li ha comprati.

Marco AndreattaI numeri primi sono creature strane. «Sono gli atomi dell’aritmetica, le sue particelle elementari», ci spiega Marco Andreatta (Università di Trento). «Un numero primo si può dividere solo per sé stesso o per 1: per esempio 2, 3, 5, 7 sono numeri primi; 6, 15, 21 non sono numeri primi. Fin dall’antica Grecia i matematici sanno che i numeri primi sono infiniti, ma non sanno dove sono perché non c’è una “geografia” dei numeri primi. È difficile stabilire se un numero, soprattutto un numero molto grande, è primo». Ecco perché sono numeri così adatti a essere usati come codici segreti.

«I numeri primi hanno una caratteristica curiosa. All’inizio della scala numerica sono frequenti: 2, 3, 5, 7, 11, 13, 17, 23… Man mano che diventano più grandi, sono sempre più radi: tra 1 e 100 ce ne sono venticinque, ma tra 1000 e 1100 ce ne sono solo sedici, e tra 10000 e 10100 undici. Il problema è capire come questi numeri si distribuiscono. La questione è stata studiata da molti matematici, tra cui Gauss, maestro di Riemann, ed è strettamente collegata al comportamento di una funzione speciale, la “funzione zeta“, come notarono forse l’inventore stesso della funzione, Eulero, e poi il matematico russo Čebyšëv». È qui che interviene la cosiddetta “congettura di Riemann”. «Riemann infatti, con ragionamenti matematici estremamente innovativi e audaci, collega il problema di trovare e contare i numeri primi con i punti in cui la funzione zeta si annulla, i suoi “zeri”. Con l’uso dei numeri complessi (o immaginari) indica una possibilità per la distribuzione di questi zeri ed enuncia a riguardo, senza dimostrazione, una incredibile congettura, che funzionerebbe perfettamente».

Solo che è, per l’appunto, una “congettura”. Non c’è ancora una dimostrazione e non si può quindi essere sicuri che sia affidabile al 100%. A crederci però sono in molti: tra questi il matematico italiano Enrico Bombieri, il massimo esperto mondiale in materia. Riuscire a dimostrare che è corretta è un traguardo di grande importanza per la matematica. Non solo per i risvolti concreti, pratici, ad esempio nel campo della sicurezza, ma in termini molto più generali anche per la ricerca. I problemi irrisolti sono sfide che spingono a trovare soluzioni, che fanno procedere la conoscenza. È anche per questo che la Fondazione Clay ha messo in palio un milione di dollari per chi riesce a risolvere sette problemi irrisolti della matematica – tra cui la congettura di Riemann.

I dipartimenti di Matematica e di Fisica dell'Università di Trento organizzano un colloquio interdisciplinare che sarà l’occasione per osservare la congettura di Riemann non soltanto da un punto di vista matematico, ma anche dalla prospettiva, molto promettente, della fisica. «Dante, nel Convivio, diceva che l’aritmetica è come la luce del Sole, che “del suo lume tutte si illuminano le scienze”», ricorda Marco Andreatta. 

Il colloquio, rivolto alla comunità scientifica, si terrà in inglese il 25 marzo al Polo Ferrari 2 di Povo e sarà moderato da Marco Andreatta e Sandro Stringari (Università di Trento). Giuseppe Mussardo (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, Trieste) applicherà alcuni principi della fisica statistica per mostrare le analogie tra la congettura e i moti browniani. Don Zagier (Max Planck Institute, Bonn; International Centre for Theoretical Physics, Trieste) toccherà invece una questione al confine tra la matematica e la filosofia: come si possono valutare le prove empiriche? Come ci si convince della verità di una congettura non ancora dimostrata? 

Primes, the Riemann Hypothesis, and the weighing of evidence". Joint Colloquium dipartimenti di Fisica e di Matematica, Università di Trento. 
25 March 2022, 2.30 pm, Aula B107, Polo Ferrari 2, via Sommarive 9, Povo (Trento)
Giuseppe Mussardo (Full Professor of Theoretical Physics, SISSA - Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati, Trieste) and Don Zagier (Professor of Number Theory, Max Planck Institute, Bonn; ICTP - International Centre for Theoretical Physics, Trieste), Prelude: What is the Riemann Hypothesis?
Giuseppe Mussardo, Allegro vivace: The Riemann Hypothesis from the point of view of Statistical Physics
Don Zagier, Adagio ma non troppo: Conjectures and experiments in Number Theory
Organizers: Marco Andreatta (Full Professor of Geometry, Dipartimento di Matematica, Università di Trento) and Sandro Stringari (Emeritus Professor, Dipartimento di Fisica, Università di Trento).
The colloquium will be held in English. 
Registration is free, but we would ask that you let us know if you are planning to attend. To confirm your attendance please email: seminario.riemann [at] unitn.it.
The colloquium is subject to availability. Green Pass required.
A Zoom meeting has been created for this seminar. 
Abstracts available.