Assemblea pubblica di Ateneo 2022 @Foto Pierluigi Cattani Faggion. Archivio UniTrento

Eventi

Assemblea pubblica di Ateneo 2022. Partecipazione e confronto

Tra stimoli e critica costruttiva. Il discorso del presidente Daniele Finocchiaro

13 aprile 2022
Versione stampabile
di Daniele Finocchiaro
Presidente del Consiglio di Amministrazione dell'Università di Trento

Si è tenuta martedì 12 aprile al Teatro Sociale di Trento l’Assemblea pubblica di Ateneo 2022, dedicata a “Partecipazione e confronto. Il valore dell’ascolto per un Ateneo orientato al futuro”. L’Assemblea è stata il momento conclusivo di un dialogo dell’Università con gli stakeholder e la cittadinanza che negli ultimi mesi ha permesso di riflettere su tre ambiti di priorità: il rapporto con il territorio, l’impatto della ricerca, l’innovazione delle competenze. Il Presidente del Consiglio di amministrazione, Daniele Finocchiaro, ha concluso l’Assemblea con l’intervento che qui riportiamo. Tra le risorse video, un'intervista di Alessandra Saletti al presidente Finocchiaro. A breve sulla pagina dedicata all'Assemblea sarà disponibile online il video integrale dell'evento.

Tra stimoli e critica costruttiva. 
Il dialogo con gli stakeholder nelle nuove prospettive strategiche dell’Ateneo

Ho vissuto in tanti luoghi. A Milano, Palermo, a Roma, a Nuova Delhi… Città diverse tra loro, ciascuna con le proprie caratteristiche, ognuna con straordinarie eccellenze e straordinari problemi. Città complesse, dove l’intreccio tra istituzioni, burocrazie, imprese, centri di ricerca, università, poteri pubblici e privati, è così stratificato e fitto che è pressoché impossibile pensare che un’idea, la scelta di qualcuno, un’intuizione, una mossa possa “veramente” fare la differenza. 

In quei contesti, infatti, quell’idea e quella scelta, per quanto buona o lungimirante, non ha quasi mai la forza d’imprimere una svolta, di caratterizzare una comunità, di stabilire una nuova rotta collettiva.

Ciò che ho visto invece del Trentino in questi quasi quattro anni di presidenza dell’Università, mi fa dire invece che qui in Trentino è possibile fare la differenza.

Ho capito, e ho sperimentato, quanto le dimensioni, le scelte illuminate del passato, le conferme di oggi, le qualità umane, scientifiche e imprenditoriali consentano al Trentino di essere un territorio nel quale si possono “fare” delle cose importanti. 

E proprio l’avere questa possibilità, l’ho ripetuto più volte durante i lavori preparatori e i tavoli che abbiamo organizzato in vista dell’appuntamento di oggi, è la ragione principale per la quale “dobbiamo” farlo. Perché altri territori, anche volendo, non potrebbero. Mentre noi sì, ed è un dato ed un valore di partenza che abbiamo il dovere di non dissipare.

Non dobbiamo dissipare la scelta, ormai decennale, di puntare sulla cultura e sulla ricerca per qualificare l’esistenza di una comunità. Perché di questo si è trattato, della decisione di investire risorse e intelligenze per costruire occasioni di crescita e di sviluppo. Ma non una crescita e uno sviluppo pur che fossero o di qualsiasi tipo. La crescita e lo sviluppo che la conoscenza, la ricerca, e l’innovazione potevano dare.

È una direzione nella quale sono stati investiti denari, ricordiamocelo, che alla metà del secolo scorso non erano certo abbondanti. Va ricordato per non cedere troppo facilmente alla retorica un po’ autoassolutoria del: “sì… ma una volta le risorse erano ben altre…”; ma anche per non rischiare di dare per scontato il fatto che allora venne operata una scelta, si privilegiò cioè una strada a discapito di altre. 

Perché lo voglio ricordare? Perché quella scelta, la decisione di discriminare investimenti considerati utili da investimenti misurati invece come non meritevoli, è un dato da non perdere di vista in queste settimane e nel prossimo futuro. Il Pnrr porta infatti con sé una rinnovata e notevolissima disponibilità di risorse, e con essa il grande rischio di sprecarle, magari cedendo alla scorciatoia dello spendere per spendere, o esercitandoci in progetti di ricerca o tecnologici ciascuno sicuramente degno ed accurato, ma privi di un’idea d’insieme che possa tenerli legati e metterli a frutto, col rischio di assommarli uno accanto all’altro senza una strategia e senza di una visione del futuro.

La visione, però, raramente è qualcosa che si genera solo internamente ad una istituzione o a un corpo sociale. È piuttosto il frutto dell’intersezione tra opinioni e punti di vista differenti, la zona di attrito tra competenze e abilità diverse. “Sistema”, “impegno comune”, “collaborazione”, “condivisione”, sono parole che abbiamo sentito ricorrenti nei punti dei professori Demichelis, Tubino e Salomone, e anche negli interventi dei nostri ospiti. Dunque da lì dobbiamo partire. 

Perché la ricerca, lasciata sola, conduce spesso a iper-specializzazioni, impone lo stare con la testa immersa in un esperimento, in un laboratorio, in un mondo codificato dalle proprie regole, pubblicazioni e interlocuzioni. Allo stesso tempo, ci è stato detto in modo molto chiaro, anche chi fa impresa non ha modo di alzare lo sguardo, tanto è concentrato nel condurre la propria attività, nel cercare di leggere il mercato, nel risolvere problemi. È così per le parti sociali, che devono bilanciare richieste legittime di categoria e traguardi sociali comuni. Ed è così infine per i decisori politici e gli amministratori, cui spetta l’onere di decidere azioni ed indirizzi per un ventaglio vario e variegato di attori. 

In questo contesto, uno dei risultati che appuntiamo nelle nostre agende è dunque la necessità di strutturare occasioni di riflessione e scambio che ci aiutino a cogliere l’ampiezza dei problemi e la complessità delle sfide. Per questo mi sono spinto a dire che in Trentino, nell’ambito dell’innovazione, della ricerca e del trasferimento tecnologico, il vero asset territoriale strategico sono i tavoli come quelli che abbiamo organizzato. Ma non perché li abbiamo fatti noi, e certamente non se servono a dirci quanto siamo bravi. Ma perché tavoli come quelli ci permettono una cosa fondamentale: conoscere i bisogni degli altri. Esplorare quelle zone d’attrito tra i vari ambiti di cui parlavo prima, e ricavarne linee d’azione e progetti comuni per il futuro. 

Proprio per questo, per l’Università di Trento, il rapporto con gli stakeholder e la comunità è così importante. Perché che si tratti di validare politiche pubbliche, di riportare a terra frontiere viste ed esplorate per il fatto d’appartenere ad un sistema e a una comunità della ricerca internazionale e d’avanguardia, o di stabilire in quali materie costruire i nuovi percorsi dei dottorati industriali, ciò che s’impone è la necessita di una sempre più efficace e reale sinergia programmatica e di visione tra l’Ateneo e tutti voi. Un proposito che ha accompagnato anche il lavoro istruttorio per la redazione del Piano strategico pluriennale che nelle prossime settimane verrà sottoposto al vaglio del nostro consiglio di amministrazione.

Nella preparazione dell’Assemblea, ed anche qui al Teatro Sociale nel corso di questa mattinata, abbiamo raccolto molti stimoli, stimoli che in qualche modo finiscono per ruotare sempre attorno alle due domande scelte dal professor Fraccaroli come “stelle polari” della nostra riflessione: cosa potete fare voi per l’Università, e cosa l’Università può fare per voi. 

Vorrei allora concludere il mio intervento con un impegno che ci riguarda. Che riguarda un campo in cui sono convinto che come Università di Trento dovremmo, e dovremo, fare di più e fare meglio. Parlo della formazione. 

Io sono uscito dall’università a 25 anni, e se non ci fossi rientrato per l’incarico che ricopro oggi, forse non ci sarei entrato più. Se vogliamo però realmente parlare di formazione continua e di innovazione delle competenze, allora il mio percorso non dev’essere preso a modello e l’università deve mettersi in gioco per superarlo. 

C’è un sistema territoriale che consente già di lavorare su una filiera, quella della scuola e dell’alta formazione, che va dalle primarie ai dottorati, passando per i corsi di laurea e per la formazione professionale. Dobbiamo andare oltre. Se crediamo che long life learning non sia solo un’espressione alla moda, ma uno strumento fondamentale nella nostra cassetta degli attrezzi per affrontare le sfide del futuro, allora l’università deve trovare il modo, insieme a tutti voi, di non essere più un’istituzione con la quale si perdono i contatti il giorno dopo la laurea.

Questo richiede un lavoro comune, ma richiede prima di tutto la nostra disponibilità a sentirci, ancora più di oggi, parte di un sistema. Solo così potremo adempiere, in modo aggiornato rispetto alle necessità di questo tempo, alla terza fondamentale missione che ci riguarda e ci impegna. 

Il Trentino si è dimostrato in questi anni un laboratorio con una grande capacità di attrarre. Oggi, e penso ai giovani seduti in questa sala e ai tanti che intercettiamo ogni giorno, è diventato però fondamentale anche trattenere. E questa seconda cosa la possiamo fare solo insieme.