Una strada di Shanghai durante il lockdown. Foto Wikimedia Commons

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Power e soft power

La proiezione e la percezione internazionale della Cina dopo la pandemia

17 novembre 2022
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di Giulia Sciorati
Assegnista di ricerca al Dipartimento di Lettere e Filosofia

Il 10 e 11 novembre si è tenuto il convegno "The COVID-19 Pandemic and China’s Global Projection: Between Continuities and Changes", proposto dal Dipartimento di Lettere e Filosofia in collaborazione con la Scuola di Studi Internazionali e con il sostegno del Centro di Alti Studi Umanistici (CeASUm). A organizzarlo, Sofia Graziani, Andrea Fracasso e Giulia Sciorati a conclusione del progetto di ateneo "The Belt and Road Initiative and the Impact of the Covid-19 Pandemic on China’s Global Projection" (BRIICoPIC).

Lo scoppio della pandemia ha posto numerose sfide alla proiezione internazionale cinese. In particolare, le limitazioni alla mobilità internazionale hanno frenato i progetti della Nuova Via della Seta attraverso cui, da ormai quasi dieci anni, il paese ha consolidato la propria presenza internazionale. Inoltre, il ruolo di Wuhan come epicentro di SARS-CoV-2 ha danneggiato l’immagine di grande potenza responsabile costruita dalla Cina come principio cardine di politica estera.

Quindici studiosi hanno dibattuto sul lascito della pandemia sugli strumenti con cui la Cina di oggi si racconta ai suoi partner nel mondo e sulle (dis)continuità nella percezione del paese da parte della sua rete internazionale.

Ad aprire la discussione è stato un intervento di Mary Augusta Brazelton, storica della scienza presso l’Università di Cambridge, in cui è stata sottolineata la profondità storica del legame tra la diplomazia e la salute in Cina, partendo dall’esempio dei "medici scalzi".

La storia - o meglio, le narrazioni storiche costruite nel discorso ufficiale cinese - è stata al centro delle considerazioni del panel sul soft power, moderato da Laura De Giorgi, Università Ca’ Foscari, in cui la tematica è stata affrontata da diversi punti di vista: sviluppo (Marina Rudyak), traduzione (Beatrice Gallelli), cooperazione sanitaria (Giulia Sciorati) e diplomazia in Africa (Sofia Graziani).

Il panel che è seguito, moderato da Andrea Fracasso, Università di Trento, ha focalizzato l’analisi sul ruolo della Cina nell’economia globale. Alessia Amighini ha presentato una riflessione sul concetto di influenza, diretta e indiretta, e sulle reti di influenza come elemento chiave per comprendere appieno l’impatto dell’economia cinese sul mondo di domani. George Magnus ha poi offerto alcune considerazioni sul decoupling - la separazione dell’economia statunitense da quella cinese—ricordandone le importanti ricadute sullo sviluppo e sulla diffusione di diversi regimi tecnologici nel sistema economico globalizzato di oggi.

La giornata successiva è stata invece dedicata ad approfondire la percezione della Cina in alcune aree del mondo, in particolare l’Europa (moderazione di Simone Dossi, Università di Milano) e il Medio oriente e l’Africa (di Maria Cristina Ercolessi, Università l’Orientale). Gli interventi hanno enfatizzato una disgiunzione nel modo in cui le élite politiche nazionali e le società civili percepiscono la Cina (soprattutto nel caso del Sud Sudan presentato da Sara De Simone) nonché la presenza di diversi fattori che ridimensionano l’impatto della pandemia (come dimostrato da Giovanni B. Andornino nello studio sull’Italia, da Jens Damm sulla Germania e da Pejman Abdolmohammadi sull’Iran). Richard Q. Turcsanyi ha tirato le fila dei casi presentati con la discussione di un sondaggio sull’opinione pubblica americana, europea e cinese che ha dipinto uno scenario difficile ma potenzialmente cooperativo nel futuro delle relazioni tra Cina e Europa.