©UniTrento ph Federico Nardelli

Eventi

Umanesimo digitale: la via delle smart city

Francesca Bria, ospite all’inaugurazione dell’anno accademico, racconta il green digital deal che attende l’Europa

23 novembre 2022
Versione stampabile
di Alessandra Saletti
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Esperta di innovazione, economia e geopolitica del digitale, gestione dei dati e sistemi di intelligenza artificiale, presidente del Fondo nazionale innovazione - CDP Venture Capital SGR e senior adviser in materia di tecnologia, innovazione e policy digitale per la Commissione europea, Francesca Bria è stata ospite dell’Università di Trento per l’inaugurazione dell’anno accademico 2022/2023.
UniTrentoMag ha approfondito con lei i temi trattati nella prolusione.

Iniziamo dalle parole, nuove che ha scelto per la sua prolusione all’Università di Trento: cosa intende per “sovranità digitale” e “umanesimo digitale”?

Come società dovremmo essere in grado di dare una direzione al progresso tecnologico e mettere la tecnologia e i dati al servizio delle persone, dei valori umani, della società e della transizione ecologica. La sovranità digitale è proprio questo. Ma è anche molto di più. È la nostra capacità di essere competitivi come paese e la possibilità di risolvere attraverso la tecnologia le grandi sfide sociali ed economiche, in particolare quelle della transizione ecologica ed energetica. Una digitalizzazione che è al servizio delle persone, dell’ambiente, dei principi e dei valori che sono quelli della democrazia.

L’umanesimo digitale è il “modo europeo” di dare una direzione all’innovazione. Dobbiamo riscoprire infatti l'importanza centrale che rivestono le questioni relative alle libertà civili, la privacy individuale e il funzionamento delle nostre democrazie. È un'innovazione tecnologica che sa anche coniugarsi con il principio di sostenibilità e che incontra le istanze poste dalla transizione ecologica in corso. E per metterlo in atto dobbiamo esercitare un maggiore controllo sulla tecnologia, a tutela della democrazia, dei diritti fondamentale e degli stessi cittadini.

La digitalizzazione può confondere la cittadinanza, soprattutto certe categorie meno allenate ad accogliere l’impatto della rapida informatizzazione dei processi. Come si può intervenire?

L’obiettivo è di evitare che l’avvento della tecnologia non porti con sé ulteriori disuguaglianze. Bisogna invece fare in modo che i dati e l'innovazione tecnologica vengano messi al servizio delle persone e della loro sovranità digitale. Per fare questo certamente servono le infrastrutture sul territorio, come ad esempio la diffusione della banda larga. Ma non basta. Per approfittare di tutte le potenzialità del digitale è necessario intervenire sulla formazione e sull’educazione, creando e accompagnando l’acquisizione di nuove competenze. Ancora una volta la combinazione di un sapere di tipo umanistico, sociale, critico con un patrimonio di competenze in ambito matematico, informatico e tecnologico, è la risposta per raggiungere tutte le fasce della popolazione.

Qual è la sua personale idea di smart city?

Le città sono fondamentali per promuovere un modello di sovranità digitale europea, che garantisca la nostra autonomia strategica e competitività, la piena partecipazione democratica dei cittadini e dei lavoratori, che protegga l'ambiente, i nostri dati e i diritti fondamentali delle persone.

Per questo, la smart city che immagino non parte della tecnologia. Non pensa solo alle infrastrutture, ai dati, alla connettività, ma guarda soprattutto ai problemi delle persone. In una smart city le priorità riguardano, ad esempio, un’idea di mobilità più sostenibile, il diritto alla casa, il bisogno di più spazi verdi odi aree di incontro e condivisione tra le persone, una migliore educazione e una migliore sanità. Immagino una città che parta dalla prossimità delle persone, dai problemi reali e che poi utilizzi la tecnologia, le infrastrutture e i dati in modo accessibile, inclusivo, aperto, accessibile.

A proposito del nostro territorio, come consulente ha lavorato per la città di Barcellona, una realtà dinamica e moderna, in grande trasformazione. Forte della sua esperienza, come vede, il futuro da smart city per una città alpina, più piccola, come Trento?

L’obiettivo è sempre lo stesso: favorire la trasformazione verso città con meno disuguaglianze, più verdi e dove, in generale, si vive meglio. Credo che le città che fanno questa scelta – come anche Trento – siano quelle in cui si nota una maggior partecipazione della cittadinanza. Quelle in cui la trasformazione digitale e tecnologica si sviluppa in maniera più evidente e veloce.

Trento sta lavorando molto per accreditarsi come smart city, come città intelligente e per sviluppare tutte le sue potenzialità, le sue tecnologie per investire nell’educazione e nel favorire la rete tra università e centri di ricerca tra pubblico e privato.