Lo scavo archeologico di Doss Penede a Nago (Trento) ©UniTrento - Ph. Federico Nardelli

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L'archeologia che parla lingue diverse

Diego Angelucci racconta gli Archeodays, in programma il 16 e 17 febbraio a Palazzo Prodi

8 febbraio 2023
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di Daniele Santuliana
Ufficio Stampa e Relazioni esterne

Giovedì 16 e venerdì 17 febbraio tornano gli Archeodays, il tradizionale appuntamento organizzato dal Dipartimento di Lettere e Filosofia per far incontrare studiosi e studiose che si occupano di archeologia. Coordinatore del seminario è Diego Angelucci, docente di Metodologie della Ricerca archeologica e vice coordinatore del corso di Dottorato in "Culture d'Europa. Ambiente, spazi, storie, arti, idee".

Professor Angelucci, partiamo dal principio: perché due giornate dedicate all’archeologia?

«Qualche anno fa, ci siamo resi conto che all’Università di Trento mancava un momento di aggregazione per archeologi e archeologhe. Abbiamo quindi voluto organizzare un seminario nell’ambito del corso di dottorato. Col passare degli anni, l’iniziativa è cresciuta aprendosi ad altre realtà: la Soprintendenza, il Museo di Scienze, tutte le persone interessate alle tematiche affrontate. I contenuti non sono cambiati, ma è cambiato il modo di proiettarsi verso l'esterno».

Cosa succede durante gli Archeodays?

«I protagonisti sono i dottorandi e le dottorande di archeologia. Ciascuno di loro ha un’ora di tempo per discutere pubblicamente il proprio progetto di ricerca. È un momento importante, perché durante i tre anni di corso non sono molte le occasioni per presentare il proprio lavoro. La ricorrenza annuale degli Archeodays permette inoltre di vedere l’evoluzione dei progetti, dalla dichiarazione d’intenti iniziale fino alla piena realizzazione».

Di cosa si parlerà quest'anno? C'è qualche novità rispetto al passato?

«La prima, bella, novità è che finalmente torniamo alla formula tradizionale dopo tre anni fortemente condizionati dalla pandemia. Nel 2020, abbiamo proposto un’edizione completamente online; nel 2021 e 2022, abbiamo sperimentato forme ibride, con un piccolo pubblico in aula e molte persone collegate da remoto.

Fra i progetti che verranno presentati quest’anno, ce ne sono due nuovi: quello di Marika Ciela, che indaga le ceramiche in area veneta tra VI e V millennio a.C., e quello di Martina Sciortino, finanziata dal PNRR, che studia l'archeologia del fuoco con tecniche di archeometria.

Abbiamo poi vari progetti che lavorano sull’archeologia medievale, come quelli di Francesca Ballestrin sulle presenze germaniche nell’Italia tardoantica, o di Andrea Colagrande sull’archeologia funeraria in Italia nord-occidentale tra VIII e X secolo.

Andrea Perez presenterà le sue indagini sulle faune del Paleolitico medio-superiore in Nord Italia, mentre Annalisa Garattoni approfondirà le tecniche costruttive romane indagate nel sito archeologico di Doss Penede, a Nago. C’è poi Alessia Fuscone, impegnata a studiare le grotte abitate in Campania durante la preistoria.

Ogni anno, accogliamo inoltre un ospite straniero. Nel 2023, tocca a Eusebio Jesús Medina Luque dell’Università di Cordova, che studia la caratterizzazione fisico-chimica dei siti archeologici nel sud della Spagna».

Quale pubblico partecipa di solito agli Archeodays?

«Ci saranno studentesse e studenti della magistrale, ma non solo. Avremo dottorandi e dottorande degli altri curricula del corso in Culture d’Europa. Tradizionalmente, partecipa anche il personale della Soprintendenza e dei musei che in Trentino si occupano di archeologia. A questi si aggiungono le persone che hanno collaborato ai vari scavi, chi si occupa di ricerca in modo indipendente, chi ha terminato il suo percorso di studio e ricerca ma è ancora interessato ai temi che trattiamo».

Com'è cambiata l'archeologia negli ultimi anni? Riesce ancora ad affascinare le nuove generazioni?

«L’archeologia ha cominciato a cambiare negli anni Sessanta, la vera svolta è stata però nei Novanta. In quel decennio, i percorsi di studio universitari hanno iniziato a contemplarla come materia autonoma. Contemporaneamente, la tecnologia ha fatto passi da gigante, rendendo più facili ed economiche analisi e ricerche.

Oggi, l’archeologia è una professione complessa, multidisciplinare, un lavoro di squadra. E questo può spaventare, perché chi si occupa di archeologia deve saper 'parlare' lingue differenti. Gli Archeodays vogliono fare proprio questo: mettere in dialogo studiosi e studiose che guardano all’archeologia da punti di vista diversi, per creare occasioni di scambio e contaminazione fra discipline».