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Eventi

IL MULTICULTURALISMO PENITENZIARIO

La centralità del volontariato nel reinserimento sociale dei detenuti stranieri a Trento

31 gennaio 2018
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Veronica Manca
di Veronica Manca
Dottore di ricerca in Diritto Penale presso l'Università di Trento.

Il fil rouge della conferenza “Misure alternative alla detenzione e reinserimento sociale” è rappresentato dalle numerose sollecitazioni in merito alla centralità delle misure alternative alla detenzione e dei benefici penitenziari per il detenuto: l’esecuzione della pena espiata all’esterno del carcere qualifica il percorso di reinserimento sociale della persona e aumenta le prospettive di recupero nella propria comunità, eliminando i legami con la criminalità e riducendo significativamente le probabilità che lo stesso soggetto torni a delinquere, ossia il cosiddetto tasso di recidiva.

Uno dei temi centrali, evidenziati dal professor Alberto Di Martino e dal dottor Giovanni Maria Pavarin, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia, è dato dalla centralità del ruolo del volontario penitenziario all’interno delle dinamiche di trattamento e reinserimento sociale del detenuto, con particolare riguardo ai detenuti stranieri che, presso la Casa circondariale di Trento, costituiscono la maggioranza. Con riferimento all’esperienza di volontariato, praticata all’interno di ATAS onlus/Cinformi, si è ricordato che l’associazione entra nel carcere di Trento (ancora nella precedente sede storica di via Pilati) dal 1990, grazie al servizio di ascolto fornito dalla dottoressa Giulia Clementi, proseguito poi con il 2000 ad opera del dottor Michele Larentis. Ad oggi l’associazione fornisce uno Sportello informativo di assistenza giuridica e sociale sui temi tecnici, ma delicati, del rinnovo dei documenti, della presentazione delle istanze di richiesta di asilo e di protezione internazionale, dell’assistenza nel rapporto con la famiglia, spesso assente e lontana. Offre un supporto anche nel reperimento di luoghi di prima accoglienza sia per il detenuto a fine pena, sia per la famiglia in caso di visita e delle più semplici, ma vitali, informazioni di raccordo con la polizia penitenziaria, con i difensori e con l’area educativa.

L’esperienza del volontariato mette in luce una serie di difficoltà, inevitabili, che derivano dal contatto diretto con i detenuti stranieri. Sorgono, infatti, difficoltà di ordine linguistico: spesso gli stranieri parlano solo la propria lingua d’origine, come l’arabo oppure il russo, lingue inaccessibili per il volontario medio, anche il più qualificato e formato. Si auspica che tale difficoltà possa essere colmata con l’intervento di interpreti e di mediatori culturali: la riforma in discussione prevede, infatti, che l’istituto penitenziario possa avvalersi formalmente di tali figure.

Un'ulteriore difficoltà è rappresentata dalla differente impostazione culturale: non di rado, i detenuti non comprendono la gravità delle proprie azioni e soprattutto delle relative e pesanti conseguenze di trattamento sanzionatorio. Vi sono, infatti, nella Casa circondariale numerosi reclusi detenuti per aver commesso reati a sfondo sessuale: non sempre è facile far comprendere loro la serietà dei fatti e che tali azioni sono riprovevoli per il nostro ordinamento e per la nostra cultura, come, ad esempio il maltrattamento in famiglia.

Si segnalano poi delle incomprensioni nella circolazione delle informazioni più tecniche inerenti il titolo di detenzione: le difficoltà linguistiche e la bassa o pressochè inesistente scolarizzazione impediscono una piena e consapevole comprensione dei motivi che giustificano la propria detenzione, così come non vengono comprese le tempistiche processuali o le dinamiche di ogni singola procedura.

Atas onlus in passato aveva tradotto, in oltre cinque lingue, il regolamento interno di istituto e quello più generale che regola l’ordinamento penitenziario. Si era provveduto anche a divulgare il cosiddetto “Codice sbarre”, un opuscolo formativo realizzato dalla Conferenza Regionale del volontariato penitenziario per il Trentino Alto Adige, in collaborazione con l’Ordine degli avvocati di Trento, per fornire informazioni base sul processo penale e sulla fase esecutiva, in termini assolutamente accessibili e comprensibili. Si è colta l’occasione, quindi, per rilanciare l’invito per la redazione di una nuova “Carta dei diritti e doveri” dei detenuti che possa fungere da guida, anche per gli stranieri, alla corretta comprensione della loro situazione. 

Si saluta con favore, quindi, la possibilità di poter coinvolgere tutte le istituzioni e le componenti sociali per rafforzare le dinamiche di rete che consentano una migliore e più efficace esecuzione della pena su e con il territorio, in una prospettiva di recupero dei detenuti, anche stranieri, che entrino a far parte del tessuto sociale locale e non si disperdano più nelle dinamiche della criminalità, con tangibili ricadute positive anche sulla collettività.

Misure alternative alla detenzione e reinserimento sociale” è il titolo della conferenza promossa dalla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento, con il patrocinio della Provincia Autonoma di Trento, dell'Ordine degli avvocati di Trento e dell'Ufficio Esecuzione Penale Esterna. Responsabile scientifico: Antonia Menghini, professoressa della Facoltà di Giurisprudenza e Garante dei diritti dei detenuti della Provincia Autonoma di Trento.