La caduta di Lucifero, illustrazione di Gustave Doré per il poema Paradiso perduto di John Milton

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L’EFFETTO LUCIFERO: IL LATO OSCURO DENTRO DI NOI

Un incontro del programma culturale promosso dal Collegio Bernardo Clesio

22 maggio 2018
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di Jeroen Vaes
Professore del Dipartimento di Psicologia e Science Cognitive dell’Università di Trento.

Su richiesta degli studenti e delle studentesse del Collegio Bernardo Clesio ho tenuto un seminario sull’effetto Lucifero, una tematica classica della psicologia sociale introdotta da Philip Zimbardo nel 1971. In quegli anni lui condusse il famigerato esperimento carcerario di Stanford in cui assegnò in modo casuale a un gruppo di volontari il ruolo di prigionieri o di guardie all’interno di un carcere simulato. I partecipanti di questo esperimento erano stati selezionati perché ritenuti equilibrati, maturi e privi di un passato criminale. Nonostante questa selezione accurata, Zimbardo fu costretto a interrompere l’esperimento dopo solo sei giorni perché le guardie erano diventate violente, sadiche e vessatorie nei confronti dei prigionieri. Questi, umiliati, dimostrarono sintomi di apatia e disgregazione individuale e collettiva.

Il risultato dell’esperimento fu definito “effetto Lucifero” perché ha dimostrato come persone essenzialmente buone, considerate normali, possano trasformarsi in mostri capaci di atti disumani. Questo effetto suggerisce che la malvagità non deriva solo da chi siamo, ma viene anche determinata dalla situazione specifica in cui ci troviamo. Nei decenni successivi, vari studiosi hanno proposto delle spiegazioni e individuato le condizioni e le situazioni che creano l’effetto Lucifero.

Fra queste condizioni troviamo la de-individuazione: ogni volta che nella mente di un individuo l’appartenenza a un gruppo è predominante, la persona non agisce più come singolo con una propria consapevolezza di sé, capace di riflette (almeno nel momento) sulle proprie azioni. Il gruppo di appartenenza dà la sensazione di anonimato e riduce il senso di responsabilità. Nell’esperimento carcerario, le guardie formavano un gruppo coeso, indossavano la stessa uniforme color kaki con occhiali da sole riflettenti il che rendeva il riconoscimento personale più difficoltoso creando la condizione perfetta per la de-individuazione.

Tuttavia non si può sottovalutare l’impatto che il ruolo di direttore del carcere ricoperto da Zimbardo ebbe durante l’esperimento. La sua autorità ha aiutato a legittimare il comportamento vessatorio delle guardie. L’autorità, se visto come fattore legittimante, può far emergere il lato peggiore nelle persone come dimostrò Stanley Milgram (1963) nei suoi famosi esperimenti sull’obbedienza, nel quale un’autorità, nel caso specifico uno scienziato, ordinava di dare delle scosse elettriche a un'altra persona fino a un voltaggio potenzialmente letale. Più del 60% dei partecipanti, anche se dimostrarono sintomi di tensione e protestarono verbalmente, diedero la scossa più forte.

Fa riflettere il modo in cui giustifichiamo i nostri comportamenti immorali come meccanismo che facilita l’effetto Lucifero. Quando maltrattiamo un’altra persona, siamo spesso motivati a proteggere l’immagine che abbiamo di noi stessi per evitare auto-sanzioni e sentimenti di colpa. Tali strategie implicano un disimpegno morale e ristrutturano la condotta dannosa di una persona in un comportamento benevolo attraverso l'uso di eufemismi (per esempio la morte di civili innocenti diventa un danno collaterale), oppure con la diffusione o lo spostamento di responsabilità, o ancora colpevolizzando o de-umanizzando la vittima, per citarne solo alcune (Bandura, 1999).

Queste strategie sono più diffuse di quanto vogliamo ammettere, ma possiamo anche invertirle? Abbiamo analizzato questa possibilità alla fine del seminario, parlando di una serie di esperimenti (Vaes e Bastian, 2018) in cui i partecipanti hanno preso coscienza delle loro azioni immorali e come queste hanno leso non solo la dignità delle loro vittime, ma anche la propria dignità. Questa manipolazione riusciva a motivare i partecipanti a vedere l’altro sotto una luce più positiva e dignitosa. In questo modo, abbiamo concluso che certi meccanismi che stanno alla base dell’effetto Lucifero possono essere invertiti e usati per creare nuove strategie di riconciliazione.

Il tema è stato trattato dal professor Vaes lo scorso 7 maggio durante una conferenza presso l’Aula Seminari del Collegio Bernardo Clesio. L’incontro si è inserito nel programma culturale organizzato in favore degli Allievi del Collegio Bernardo Clesio, strutturato per favorire la contaminazione dei saperi e incentivare l’interscambio e la riflessione comune.