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MIGRANTI E RIFUGIATI SULLE ROTTE PER L’EUROPA

Il rappresentante UNHCR per il sud Europa Felipe Camargo ospite dell’Università di Trento

24 ottobre 2018
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Elia Gerola
di Elia Gerola
Studente del corso di laurea in Studi Internazionali presso il dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento.

Guerra, povertà e persecuzione sono tra i principali fattori alla base dell’immigrazione internazionale, che vede annualmente milioni di persone abbandonare le proprie terre natie in cerca di protezione e libertà. In base al diritto internazionale però non tutti gli immigrati sarebbero uguali, solo alcuni godono di particolari prerogative e devono essere accolti obbligatoriamente dagli Stati d’arrivo, i rifugiati. Questo e molto altro è stato spiegato da Felipe Camargo, Rappresentante dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per il sud Europa, in un incontro all’Università di Trento. Secondo i dati forniti dal funzionario, nel mondo vi sarebbero 68,5 milioni di migranti forzati, costretti ad abbandonare il proprio luogo di residenza a causa di persecuzioni, conflitti e violenza generalizzata. Di questi, 25,5 milioni sarebbero rifugiati, la maggior parte dei quali proviene ed è ospitata in regioni in via di sviluppo, al punto che in Giordania ed in Libano rappresenterebbero rispettivamente un terzo ed un quarto della popolazione totale. Nel solo 2017 si è registrato un altro forte incremento del dato assoluto di rifugiati, pari a 4,4 milioni, il 52% dei quali era minorenne.

In base alla Convenzione di Ginevra siglata nel 1951, è definibile rifugiato colui che si trova al di fuori del paese di cui è cittadino, e che non vuole o non può farvi ritorno, a causa del “timore fondato” di essere perseguito per motivi di razza, religione, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale. È da notare però che lo status di rifugiato è stato progressivamente ampliato. In seguito alla Dichiarazione di Cartagena (1984) ad esempio, è considerato rifugiato anche colui che fugge da una situazione di “violenza generalizzata”. Una condizione quest’ultima tipica di molti stati africani e mediorientali, definiti da alcuni “stati falliti”, ovvero paesi il cui governo centrale non detiene più il monopolio della forza e non è quindi in grado di garantire la sicurezza dei propri cittadini. A supporto di quest’ultima constatazione vi sono i dati empirici, che mostrano come il 68% dei rifugiati provengano da Siria, Afghanistan, Sud Sudan, Myanmar e Somalia, tutti luoghi con bassi livelli di stato di diritto e conflittualità armata diffusa.

Lo status di rifugiato prevede inoltre l’obbligo, in capo agli Stati accoglienti, di rispettare il principio di non-refoulement, ovvero di non rimpatrio/respingimento in un paese non sicuro, in cui la vita o la libertà del rifugiato sarebbero messe in pericolo. Camargo ha ad esempio evidenziato come secondo l’UNHCR, ossia L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, la Libia non sia attualmente considerabile, in virtù della forte instabilità politica e delle violenze interne, uno Stato sicuro. Qualsiasi accordo di rimpatrio o gestione in loco dei migranti dovrebbe essere quindi evitato, lo stato di diritto è infatti assente e come spiega amaramente Camargo, dopo i proventi del petrolio, il traffico di esseri umani è di fatto la seconda fonte di ricchezza del paese.

Il principio di non-refoulement tutela i rifugiati, ma come ha ricordato il funzionario, esso non impedisce aprioristicamente ad un gruppo di Stati tra loro solidali di accogliere i rifugiati ripartendoli tra i propri territori. Tuttavia la firma del Trattato di Dublino ha sancito che i paesi sicuri di primo arrivo, siano anche quelli che devono farsi carico dell’accoglienza dei migranti. Di conseguenza spiega l’operatore umanitario colombiano, paesi geograficamente esposti ai flussi migratori come l’Italia sono stati svantaggiati e di fatto abbandonati al proprio destino. Munito di dati aggiornati mostra però come l’Italia non sia affatto lo Stato che in Europa ha accolto di più, per il quarto anno consecutivo lo è infatti la Turchia, che ospita ben 3,5 milioni di rifugiati, seguita da Pakistan e Uganda con 1,4 mln ciascuno e Iran, Germania e Bangladesh, che ospitano ognuno un milione di rifugiati.

Due sono le agenzie dell’ONU preposte all’assistenza umanitaria dei rifugiati. La prima, l’Agenzia Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi, è stata fondata nel dicembre 1949, ed assiste quotidianamente 5,4 milioni di persone. La seconda, per la quale Camargo lavora, risale invece al 1950 ed è appunto l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, oggi guidato dall’italiano Filippo Grandi. Entrambe, essendo istituzioni internazionali hanno un mandato limitato, che permette loro di compiere solo le attività previste dal proprio trattato fondativo. In stretta cooperazione con i governi e le ONG coinvolte, l’UNHCR è incaricata di assicurare la protezione internazionale, di indentificare le migliori soluzioni per il collocamento e di supervisionare le procedure di assistenza, accoglienza e trattamento delle seguenti categorie di persone: rifugiati, richiedenti asilo, sfollati interni, apolidi e rimpatriati. Da notare è come l’agenzia nei decenni abbia acquisito funzioni sempre più umanitarie che la hanno vista agire sempre più frequentemente direttamente nei paesi di partenza, costruendo campi profughi per assistere anche parte dei cosiddetti sfollati interni, ad oggi 40 milioni di persone, costretti ad abbandonare le proprie dimore e a cercare rifugio altrove, rimanendo però all’interno del proprio stato di residenza.

Infine, il relatore ha auspicato che in futuro il tema dell’immigrazione venga affrontato in maniera meno emergenziale e più strutturale, coordinata e comune da parte degli Stati dell’Unione Europea. Da una parte, al fine di migliorare la gestione del fenomeno migratorio nel breve periodo, ha proposto il rapido superamento della Convenzione di Dublino e l’adozione di un approccio che permetta di affrontare più efficacemente la sfida dei flussi migratori misti, nei quali gli status individuali e le cause della migrazione sono sconosciute o multiple. Dall’altra, pensando invece al lungo periodo, Camargo ha avanzato delle soluzioni atte a eliminare o diminuire le cause profonde delle migrazioni forzate: stabilizzazione politica e maggiore sviluppo economico dei paesi di partenza.

Il 2 ottobre 2018 Felipe Camargo, rappresentante per il Sud Europa dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha tenuto la conferenza “Guerra, povertà e persecuzione. Migranti e rifugiati sulle rotte per l’Europa”. L’incontro, organizzato nell’ambito della 4° settimana dell’accoglienza, è stato coordinato dal professor Paolo Foradori.