Notte dei Ricercatori 2018, archivio fotografico Università di Trento

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INTEGRITÀ DELLA RICERCA NEL VENTENNIO FASCISTA

Il caso del matematico Francesco Severi è stato al centro di un caffè scientifico della Notte dei Ricercatori

2 novembre 2018
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Ilaria Ampollini
Claudio Fontanari
di Ilaria Ampollini e Claudio Fontanari
I. Ampollini è collaboratrice di ricerca presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università di Trento; C. Fontanari è professore associato presso il Dipartimento di Matematica e il CIMeC dell'Università di Trento.

Il tema di forte attualità dell’integrità della ricerca trova nella storia del pensiero scientifico suggestivi spunti di riflessione, in gran parte ancora inesplorati. In occasione della recente "Notte dei Ricercatori" abbiamo affrontato il caso di Francesco Severi (1879-1961), matematico di straordinaria profondità e fama internazionale, insieme a Guido Castelnuovo e a Federigo Enriques protagonista della stagione di massima fioritura della scuola italiana di geometria algebrica. La biografia di Severi attraversa una fase complessa della storia italiana ed è scandita da una serie di posizioni pubbliche controverse: socialista interventista nel 1915, firmatario del manifesto degli intellettuali antifascisti nel 1925, poi intellettuale organico al regime fascista (nominato Accademico d’Italia nel 1929 e fondatore dell’Istituto Nazionale di Alta Matematica nel 1939), caduto infine il regime "dopo aver corso il pericolo di linciaggio nella nativa Arezzo, sentì irresistibile il richiamo della grazia" (Giorgio Levi della Vida). Come evidenziato già dal matematico inglese Leonard Roth nel suo necrologio, che da un lato mette in evidenza "il livello uniformemente elevato della sua notevolissima produzione scientifica", dall’altro però non tace la sua "incapacità infantile sia di autocritica che di giudizio equilibrato", si tratta di un personaggio geniale e complesso. 

A partire dal 1934, Severi afferma di aver dimostrato un teorema fondamentale sulle superficie algebriche, che è tuttora considerato (con il nome di congettura di Bloch) come uno dei problemi aperti più interessanti e difficili della geometria algebrica. Nella nota del 1934 l’argomento è incompleto ("epperò, se è algebrica, è a pseudovalenza nulla"), mentre in una successiva memoria del 1942 la dimostrazione è esplicitamente presentata come condizionale ("ossia, ammesso il postulato del n. 13 della Memoria D, è addirittura una corrispondenza a pseudovalenza zero, come volevasi provare"), senza però che Severi riconosca mai la problematicità dell’enunciato. Di fatto, per gli allievi si tratta di un risultato acquisito, ad esempio nella relazione di Fabio Conforto al convegno matematico di Roma del 1942 viene introdotto così: "dai teoremi sopra ricordati Severi ha ricavato importanti conseguenze nel caso delle superficie…"

Quello che ci siamo chiesti è: alla luce della riflessione contemporanea sulle “cattive condotte” e le “condotte discutibili” nella scienza, come dovremmo classificare l’atteggiamento scientifico di Severi? Si tratta forse di un caso di "misconduct", laddove il celebre matematico sta dando per dimostrato qualcosa che non lo è? O piuttosto di una mancanza minore, quasi inconsapevole? Severi sembra farne una questione di rigore: non morale, bensì matematico. Secondo l’aretino, la geometria algebrica italiana soddisfa pienamente le esigenze di un rigore "sostanziale", diverso dal rigore "formale" perseguito dalla scuola francese. Con questa distinzione, Severi intende, come del resto avevano fatto in precedenza anche Guido Castelnuovo e Federigo Enriques, difendere la potenza dell’approccio intuitivo adottato dalla scuola italiana. Tuttavia, la questione del rigore non basta per assolvere l’operato di Severi. Anche se la sua produzione scientifica si inserisce coerentemente nella tradizione nazionale del suo tempo, comunque il teorema che Severi sostiene di aver dimostrato in realtà non lo è per nulla. Non sappiamo se abbia bluffato consapevolmente, e allora bisognerebbe parlare di cattiva condotta, o se invece si sia trattato di un errore genuino, connaturato all’idea stessa di progresso scientifico − e matematico. Certo è che Severi non si è reso conto di trovarsi davanti a un sottile e profondo problema matematico: se lo avesse fatto, oggi la congettura di Bloch porterebbe con ogni probabilità un altro nome.

La conferenza "Integrità della ricerca nel ventennio fascista" è stata tenuta lo scorso 28 settembre da Ilaria Ampollini e Claudio Fontanari in occasione della Notte dei Ricercatori 2018, evento organizzato dall'Università di Trento, Fondazione Bruno Kessler, Fondazione Edmund Mach e MUSE-Museo delle Scienze, con la collaborazione della Provincia autonoma di Trento e il patrocinio del Comune di Trento.