Seminario "Il diavolo non gioca a dadi: noi, la scienza e la bomba a settant'anni da Hiroshima", foto archivio MuSe

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SCIENZA E POLITICA: DA HIROSHIMA AL CASO LYSENKO

Al via il 6 ottobre il nuovo ciclo di seminari organizzato dal progetto interdipartimentale di Ateneo “Scienza, tecnologia e società”. Ne parliamo con Massimiano Bucchi

22 settembre 2015
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Marinella Daidone
di Marinella Daidone
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Università di Trento.

Una riflessione su scienza, politica e società. Questo il tema sviluppato quest’anno dal ciclo di incontri organizzato dal progetto interdipartimentale di Ateneo “Scienza, tecnologia e società (STSTN)” che si svolgeranno dal 6 ottobre al 24 novembre. Ne abbiamo parlato con il coordinatore Massimiano Bucchi, professore di Sociologia della Scienza dell’Università di Trento, di cui ricordiamo proprio su questi temi la recente pubblicazione Il diavolo non gioca a dadi. Da Einstein a Hiroshima (eBook Corriere della Sera, 2015).

Tutti i seminari si terranno nell’aula Kessler del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale, la partecipazione è libera e aperta a tutti (fino ad esaurimento posti). È possibile richiedere un attestato di partecipazione.

Professor Bucchi, come è nata la scelta di questo tema per il nuovo ciclo di seminari “Scienza, tecnologia e società”?
Questa idea è nata dal fatto che quest’anno si celebra il settantesimo anniversario della prima bomba atomica sganciata il 6 agosto 1945 a Hiroshima. Un evento drammatico che ha segnato un punto di non ritorno nella consapevolezza delle potenziali implicazioni della scienza e della tecnologia da parte della società. Un evento che ha determinato una nuova consapevolezza, da parte degli stessi scienziati, del proprio ruolo sociale, del potere e quindi anche delle responsabilità correlate allo sviluppo e all’uso della scienza e del sapere. Un tema oggi più attuale che mai, che partendo dalla fisica ha poi investito altri settori, come ad esempio la biologia, la medicina…

Lo scorso 6 agosto al MuSe c’è stata un’anteprima del ciclo di incontri, dedicata all’atomica. La forma che Lei ha scelto in questa occasione si discosta dal classico seminario per diventare una narrazione che procede attraverso episodi concatenati.
Sì, ho raccontato la storia di quello che accadde prima dello scoppio della bomba, dal premio Nobel assegnato ad Einstein dopo numerose discussioni e controversie tra gli scienziati dell’Accademia delle Scienze, fino alla lettera che Einstein scrisse al Presidente degli Stati Uniti. Da lì prese il via il progetto Manhattan per la realizzazione della bomba, anche se Einstein non ebbe poi nessun coinvolgimento diretto nel progetto. Ci furono alcuni momenti di svolta, apparentemente anche casuali, che ancora oggi mettono i brividi. La narrazione è stata intervallata dalla musica: il pianista Arturo Stàlteri ha eseguito una serie di brani musicali dedicati all’atomica, anche per far capire quanto questo tema abbia inciso profondamente nella cultura popolare.

Il ciclo prosegue dal 6 ottobre fino a fine novembre. Quali sono i temi trattati e i relatori coinvolti?
Si inizia con un incontro dedicato ad un tema spesso trascurato, la scienza nell’Unione Sovietica: lo storico Francesco Cassata e il sociologo Alessandro Mongili partiranno dal caso Lysenko e dall’ostilità verso la genetica come chiave per comprendere l’organizzazione e il ruolo della ricerca in quel contesto e i suoi riflessi anche sulla politica e la scienza occidentale. Il 24 ottobre il matematico e storico Angelo Guerraggio parlerà del ruolo degli scienziati italiani nella Prima Guerra mondiale, con gli interventi dei colleghi Gustavo Corni e Paolo Foradori. L’esperto di cinema e media Alberto Brodesco spiegherà il 10 novembre come scienza e politica si siano riflesse nel piccolo e grande schermo passando da Caproni ad Heisenberg, dai cartoni animati di Miyazaki alle più recenti serie di telefilm. Infine, il 24 novembre uno degli scienziati italiani più noti e citati al mondo, Giuseppe Remuzzi dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, affronterà il tema del rapporto tra scienza e politica dal punto di vista dei finanziamenti, spiegando come Lincoln (in piena guerra civile) creò la National Academy of Sciences. Non solo una riflessione storica, ma un dibattito aperto sull’importanza di finanziare la ricerca al quale parteciperanno Giorgio Vallortigara, prorettore alla ricerca dell’Ateneo, e Sara Ferrari, assessora della Provincia autonoma di Trento all'università e ricerca, politiche giovanili, pari opportunità e cooperazione allo sviluppo.

Massimiano Bucchi, foto di Thomas Fasting