L'incontro Neuroscienze in cucina. Foto di Elisa Colla. Archivio CIMeC

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Neuroscienze in cucina: cibo, mente e cervello

Un incontro del ciclo “CIMeC Città” promosso in collaborazione con il Comune di Rovereto

10 luglio 2019
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Massimiliano Zampini
di Massimiliano Zampini
Professore ordinario del Centro Interdipartimentale Mente/Cervello (CIMeC) dell’Università di Trento.

La percezione del cibo è un’autentica esperienza multisensoriale, anche se non ne siamo pienamente consapevoli. Spesso crediamo che il piacere che proviamo assaggiando un piatto squisito provenga unicamente da ciò che sentiamo all’interno della bocca o sulla lingua. Ma la nostra valutazione del cibo deriva da una più complessa interazione tra gli stimoli che raggiungono le differenti modalità sensoriali.

Se il nostro cervello si limitasse a elaborare le informazioni che provengono dalle papille gustative poste sulla lingua, avremmo unicamente sensazioni legate al senso del gusto: dolce, amaro, acido e salato. A questi sapori base va aggiunto l’umami, scoperto da ricercatori giapponesi, un gusto che caratterizza il brodo di alghe e altri piatti della cucina giapponese, ma in generale i cibi in cui si trova il glutammato come carne o formaggio. In realtà, un ruolo fondamentale nella percezione del cibo è giocato dall’olfatto. Basti pensare a quello che accade quando abbiamo il naso congestionato dal raffreddore: ci sembra che il cibo non abbia sapore, ma sono gli odori che non riescono a raggiungere la mucosa olfattiva all’interno del nostro naso.

Anche la vista gioca un ruolo importante e un esempio molto convincente è quello riportato da Wheatley sulla rivista Marketing nel 1973. Wheatley organizzò una cena in una stanza illuminata in maniera tale, che non fosse possibile riconoscere il colore delle pietanze. Gli invitati iniziarono a mangiare apprezzando la bistecca, le patate fritte e i piselli. Quando vennero ristabilite le condizioni normali di illuminazione, scoprirono il reale colore dei cibi: la bistecca era blu, le patate fritte erano verdi e i piselli erano rossi. Questo fu sufficiente perché molti degli invitati interrompessero la cena e non continuassero a mangiare ciò che fino a qualche minuto prima avevano gradito.

Molti altri studi condotti con maggior rigore scientifico hanno confermato il potente ruolo del colore. In un esperimento del 1980, condotto dal ricercatore Dubose e dai suoi collaboratori, molti dei partecipanti ebbero difficoltà a riconoscere una bevanda all’aroma di ciliegia, quando questa aveva un colore verde, fino ad arrivare a rispondere che si trattasse di una bevanda all’aroma di kiwi. Ma anche le informazioni tattili sono importanti. Per esempio, la sensazione di ‘astringenza’ (impressione di secchezze delle fauci e di rugosità su lingua e palato) che possiamo provare assaggiando dei vini. Tale sensazione deriva della presenza dei tannini contenuti nel vino, che producono effetti tattili sul tessuto interno della bocca. Inoltre, i cibi piccanti possono arrivare a stimolare i recettori del dolore (come la sensazione di bruciore del peperoncino). Quando mangiamo siamo influenzati anche dalle nostre percezioni termiche: servire una pietanza alla temperatura sbagliata (troppo calda o troppo fredda) può rovinare il piacere di mangiarla.

Per concludere anche le informazioni uditive sono importanti. Infatti, è sufficiente modificare il suono percepito, mentre si dà un morso a delle patatine per sentirle come più fresche o croccanti come ho dimostrato nel mio studio sulle patatine Pringles condotto con Charles Spence dell’Università di Oxford e pubblicato nel 2004; per questo studio abbiamo ricevuto il premio IgNobel, assegnato alle ricerche bizzarre, ma che fanno riflettere. Altri studi hanno evidenziato come la scelta di cibi e bevande possa essere influenzata dai suoni presenti nell’ambiente. La musica che gli acquirenti sentono può portarli ad acquistare maggiormente vino francese, se la musica in sottofondo è francese, oppure vino tedesco se la musica è tedesca, anche se le persone intervistate all’uscita del negozio sembravano non essersi rese conto della musica presente. A questo punto, risulta chiaro che la nostra percezione del cibo coinvolge tutte le modalità sensoriali, anche se a volte, non ne siamo pienamente consapevoli.

L’incontro “Le Neuroscienze in cucina: cibo, mente e cervello” con Massimiliano Zampini fa parte del ciclo “CIMeC Città: alla scoperta della mente", una mini rassegna di conferenze per non addetti ai lavori a tema neuroscientifico, a cura dei ricercatori del Centro Interdipartimentale Mente/Cervello (CIMeC) dell’Università di Trento. La rassegna svolta dal 19 giugno al 10 luglio e organizzata in collaborazione con il Comune di Rovereto, ha visto un’ampia partecipazione ed è stata molto apprezzata dalla cittadinanza.