Glauco Giostra, Maurizio Manzin, Piero Colaprico, foto archivio Università di Trento

Eventi

QUANDO LA GIUSTIZIA DIVENTA TALK SHOW

Incontro conclusivo del ciclo “Il diritto in prima pagina” promosso dalla Facoltà di Giurisprudenza nel Trentennale della sua fondazione

3 ottobre 2015
Versione stampabile
Martina Santolin
di Martina Santolin
Studentessa della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento, collabora con la Divisione Comunicazione ed Eventi dell’Ateneo.

Qual è il rapporto tra informazione e processo, tra processo mediatico e processo giudiziale? Il processo fatto dai mass media è diventato una forma alternativa di giustizia? Come viene percepita dagli spettatori questa nuova modalità di giudicare una persona? Queste sono solo alcune delle domande alle quali si è cercato di dare una risposta durante l’evento tenutosi lo scorso 30 settembre presso la Facoltà di Giurisprudenza a conclusione del ciclo di incontri “Il diritto in prima pagina”, una delle iniziative promosse per celebrare il Trentennale della fondazione della Facoltà. 

Durante questo ultimo appuntamento dal titolo “Quando la giustizia diventa talk show: processo penale e informazione”, sono stati analizzati i vari profili che il rapporto tra informazione e processo penale può assumere. In particolare, i relatori hanno cercato di trattare questo importante legame in un modo alternativo, andando oltre la mera ricerca dell’equilibrio tra diritto di informazione e giusto processo.

Maurizio Manzin, professore ordinario di Filosofia del diritto presso l’Università di Trento, ha aperto l’incontro ponendo l’attenzione sull’esigenza di inquadrare il problema del processo mediatico e del rapporto tra informazione e processo come un fatto che non concerne l’informazione fine a se stessa, ma la sua spettacolarizzazione. Questo modo di usare l’informazione, infatti, porta ad una commistione tra logos e pathos, con la conseguente pressione della sfera emotiva sul processo penale vero e proprio, generando una situazione in cui l’elemento di emotività diventa l’aspetto dominante nell’ottica dell’opinione pubblica. A causa di tale spettacolarizzazione dell’informazione, inoltre, la società civile perde di vista l’importanza del rispetto delle forme e delle regole procedurali, uniche garanzie dei principi del giusto processo, affidandosi completamente ed esclusivamente a quello che viene suggerito dalle emozioni nel formulare un giudizio su una persona. 

Per molti, la soluzione a simili problemi è rappresentata da una totale chiusura del processo ai mezzi d’informazione. Su questo è intervenuto Glauco Giostra, professore ordinario di Procedura penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” di Roma, il quale ha precisato come il problema non stia nell’informazione, ma nell’uso distorto che i mass media ne fanno. La censura non è il modo migliore per risolvere il precario equilibrio tra informazione e processo, anche perché essa andrebbe in diretto contrasto con i principi costituzionali, quali la libertà di espressione, generando così un problema ancora più grave. Anzi, la soluzione a parere del professore Giostra, è data solo da una cura “omeopatica” consistente in un forte aumento delle informazioni disponibili. Questo incremento dovrebbe permettere, almeno a livello teorico, un controllo da parte della collettività sul modo in cui viene amministrata la giustizia e successivamente, nel caso vi sia qualcosa che non corrisponda al suo modo di percepire la giustizia, di provvedere a modificare le regole procedurali attraverso la scelta della classe politica.

Il giornalista Piero Colaprico, inviato per La Repubblica, ha infine fatto notare come un ulteriore problema sia rappresentato da un uso distorto dell’informazione al fine di ottenerne un vantaggio economico. I mass media, infatti, spesso usano le informazioni presenti in maniera impropria, in modo da aumentare la curiosità nel pubblico, e conseguentemente far crescere l’audience del programma, sfruttando così il ritorno economico che deriva da inserti pubblicitari in trasmissioni con grandi ascolti. Colaprico ha poi sottolineato come questo aspetto sia di fondamentale importanza in quanto porta al paradosso per cui i detentori dell’informazioni non hanno più lo scopo di informare la collettività e di ricercare la verità, quanto piuttosto quello di guadagnare anche a discapito di una corretta informazione.

In chiusura dell’incontro è intervenuto il professor Giuseppe Nesi, direttore della Facoltà di Giurisprudenza, il quale, dopo aver ringraziato i relatori, ha colto l’occasione per sottolineare l’importanza anche per la formazione dei giovani dell’apertura delle aule universitarie alla collettività e alla società civile.