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Vaccini anti Covid-19: bene comune o proprietà privata?

Il ruolo della ricerca universitaria e della scienza aperta

31 marzo 2021
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Roberto Caso
di Roberto Caso
Professore della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento.

La produzione di vaccini anti-Covid-19 rappresenta, al momento, il dispositivo più rilevante per mettere fine alla pandemia. Il successo della campagna vaccinale mondiale dipende da molti fattori. Tra questi fattori vi sono anche gli strumenti giuridici di controllo esclusivo delle informazioni alla base della tecnologia dei vaccini. Brevetti per invenzione industriale, altre forme di proprietà intellettuale e segreti commerciali divengono oggetto di un’ampia discussione politica, filosofica, storica, economica e giuridica.

In particolare, il dibattito dispiegatosi nel primo anno di pandemia da coronavirus mette al centro dell’attenzione i brevetti sui vaccini. Da una parte, vi è chi difende il ruolo dei brevetti e della proprietà intellettuale come strumento irrinunciabile di incentivo all’innovazione. Dall’altra, un movimento di idee e azioni sempre più esteso reclama interventi normativi immediati che conducano i vaccini a essere un bene comune dell’umanità.
Occorre competere tra Stati, università, centri di ricerca e imprese per il controllo esclusivo di conoscenze e tecnologie, o invece occorre cooperare mettendo, innanzitutto, i vaccini in pubblico dominio in base ai dettami etici della scienza aperta?

La soluzione di tali quesiti chiama in causa anche problemi di geopolitica come il rapporto tra Paesi con diversi livelli di ricchezza, o l’uso strumentale dei vaccini da parte delle grandi potenze mondiali per estendere le proprie sfere di influenza. Di sicuro, si tratta di una discussione che non può essere ridotta ai soli termini economici. Il controllo monopolistico che deriva dal brevetto (e da altre forme di controllo esclusivo dell’informazione) non si traduce solo nel potere di fissare il prezzo al riparo dalla pressione concorrenziale, ma sposta l’asse del potere di decidere tempi e modi della produzione dei vaccini da centri decisionali pubblici a imprese private che operano per il profitto. 

Inoltre, la soluzione dei quesiti in campo implica che si affronti il problema delle relazioni tra ricerca pubblica e industrie farmaceutiche. Ad esempio, ha senso che in Italia la ricerca sui vaccini sia svolta in competizione da diverse università e istituti di ricerca pubblici per poi essere brevettata e ceduta a industrie farmaceutiche private (magari anche non italiane o europee)? È questo il modello migliore? O esistono alternative?

L’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA) ha scritto al Governo italiano una lettera aperta, che può essere sottoscritta da chiunque ne condivida i contenuti. Le principali proposte dell’AISA si possono riassumere in due punti. Il primo prevede di rendere liberi e aperti i vaccini che università e centri di ricerca pubblici italiani dovessero riuscire a inventare; il secondo di inserire nel codice della proprietà industriale una norma che dia allo Stato italiano il potere di imporre licenze obbligatorie dei brevetti (e delle domande di brevetto) per ragioni di tutela della salute pubblica, riallineando l’Italia ai grandi Paesi europei che già si sono dotati di questo strumento giuridico.

Il 10 marzo si è svolto l’incontro virtuale Vaccini anti-Covid19: bene comune o proprietà privata?, organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento in collaborazione con il Gruppo Law Tech e l’Associazione Italiana per la promozione della Scienza Aperta (AISA). L’incontro, moderato da Roberto Caso (professore Università di Trento e presidente di AISA), ha visto la partecipazione in qualità di relatori di Silvio Garattini, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, di Bernardino Fantini dell’Università di Ginevra, di Maria Chiara Pievatolo dell’Università di Pisa, di Laurent Mandrieux dell’Università Bocconi, di Nicoletta Dentico di Europa Verde e di Vittorio Agnoletto dell’Università di Milano La Statale.