Immagine tratta dalla locandina del convegno

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«PARLI, PARLI, NON SAI FAR ALTRO»

Gli animali impertinenti in letteratura. Intervista a Stefano Bartezzaghi, ospite dell’Ateneo

15 aprile 2016
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di Marinella Daidone
Lavora presso la Divisione Comunicazione ed Eventi dell'Università di Trento.

“Parole alate: corvi, gabbiani, pappagalli e altri uccelli impertinenti” è il titolo dell’intervento di Stefano Bartezzaghi al convegno internazionale “Animali parlanti. Letteratura, teatro, canzone” organizzato dall’Università di Trento.
Professore di Semiotica alla IULM di Milano, Stefano Bartezzaghi è conosciuto dal pubblico come giornalista (tiene tra l’altro la rubrica Lessico e nuvole su Repubblica) e come scrittore. 

Professor Bartezzaghi, gli scrittori che linguaggio usano quando fanno parlare gli uccelli? Ci può fare qualche esempio ripreso dal suo intervento a Trento?

Esiste un’ampia tipologia di linguaggi animali, in letteratura. Io mi sono soffermato sul caso del Corvo di Edgar Allan Poe – che pare saper riprodurre una sola parola della lingua inglese (Nevermore, che si può tradurre come “mai più ancora”); su alcuni pappagalli in Carlo Emilio Gadda, David Foster Wallace, Tiziano Scarpa, che riproducono frasi pronunciate da persone o, nel caso di Scarpa, hanno un’ampia competenza linguistica (il Loreto di Pop corn sa parlare, persuadere, insultare, imitare inflessioni, persino telefonare); su Giovanni Pascoli, che riproduce onomatopee di versi di uccelli e le trasforma in espressioni italiane (“finch finch” diventa “finché”; “chio chio chio” fa eco a “anch’io”). Per brevità non ho considerato altre possibilità, come quella del Dottor Dolittle a cui un pappagallo, dopo essere stato da lui curato, per gratitudine insegna tutte le lingue animali.

Sono gli uccelli a cercare di imitare il linguaggio degli uomini o viceversa? Si stabilisce un vero dialogo fra queste due specie di animali?

La letteratura contempla tutte le possibilità. Gli animali favolistici si esprimono in linguaggio umano, ma non sempre interagiscono con l’uomo. I cavalli intelligenti Houyhnhnm dell’ultima parte dei Viaggi di Gulliver di Jonathan Swift parlano una lingua superiore, per razionalità e filosofia, a quella degli umanoidi Yahoo. Certo le cose si fanno più interessanti quando una forma di comunicazione fra animali umani e non umani si stabilisce. Nella Scopa del sistema di Wallace un pappagallo impara frasi di vario genere e registro e le ripete mescolandole, forse inconsapevolmente forse per malizia, diventando ospite fisso di una trasmissione tv di predicazione religiosa. La sua presenza mostra, in farsa, come la ripetizione anche insensata sia il modulo standard delle comunicazioni di massa. Trovo infine delizioso il pappagallo che compare in Zazie nel metrò di Raymond Queneau, che accusa il suo padrone e gli altri esseri umani che incontra: «Parli, parli, non sai far altro».

Perché ha scelto di parlare di animali “impertinenti”?

“Impertinente” è una parola che piaceva molto a Gadda per la sua ambivalenza. Viene usata soprattutto come sinonimo di “dispettoso, irriguardoso, sfacciato” ma etimologicamente significherebbe “non pertinente, non omogeneo al contesto”. La parola animale spesso, in letteratura, è un elemento di incongruità, mescola le carte. Così accade, per esempio, con i pappagalli di cui ho parlato: quello di Gadda insulta il suo anziano padrone che, essendo sordastro, pensa di riceverne saluti affettuosi; quello di Wallace, come dicevo, ripete frasi di ogni genere, anche di argomento sessuale, che vengono interpretate come precetti evangelici; quello di Scarpa riferisce a una donna i tradimenti del compagno di lei. Nel gioco letterario, spesso l’impertinenza diventa una sorta di iper-pertinenza. 

Il convegno di Trento ha suscitato curiosità anche fra i non addetti ai lavori. Ci sono aspetti che Lei ha trovato di interesse, come studioso e come lettore?

È stato un convegno molto interessante e istruttivo, per l’ampiezza della gamma di punti di vista – storico, teologico, letterario, musicale, teatrale, filosofico. Ho potuto seguire quasi tutte le relazioni trovando spunti pressoché in ognuna.

Era già stato ospite del nostro Ateneo? Ha collaborazioni o contatti con docenti di Trento?

Non sono venuto a Trento molte volte, ma ogni volta sono rimasto sorpreso dalla qualità delle proposte e dalla quantità di pubblico. La prima occasione risale a molti anni fa, in una sorta di convegno sui palindromi che mi hanno visto impegnato con Douglas Hofstadter, Oliviero Stock e Achille Varzi: la ricordo come una delle prime volte in cui il mio lavoro sull’enigmistica non è stato considerato come una pura collezione di frivole bizzarrie. Ricordo poi un’affollata presentazione dell’edizione da me curata degli Esercizi di stile di Raymond Queneau. Più di recente mi è capitato di collaborare con il professor Giorgio Ieranò, a proposito di alcuni miti fondativi dell’enigmistica, come Edipo e la Sfinge. Le occasioni si sono infittite e me ne rallegro vivamente.

ANIMALI PARLANTI. LETTERATURA, TEATRO, CANZONE
Storia, analisi e curiosità di un rapporto di identificazione tra uomo e animale che ha influenzato la nostra cultura. Se n’è parlato a Trento in un convegno internazionale che ha avuto molti ospiti d’eccezione. Tra i relatori il latinista Ivano Dionigi, lo storico Agostino Paravicini Bagliani, il giornalista e scrittore Stefano Bartezzaghi, il musicista Ivano Fossati e altri protagonisti del mondo accademico, della cultura e dello spettacolo. 
Il convegno è stato promosso dal Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento in collaborazione con la Biblioteca Civica "G. Tartarotti" di Rovereto, l'Istituto provinciale per la ricerca e la sperimentazione educativa (IPRASE), la Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino (SISMEL) e il Corriere del Trentino. Comitato scientifico: Roberta Capelli, Antonella Degl’Innocenti, Paolo Gatti, Caterina Mordeglia, Margherita Rubino (Dipartimento di Lettere e Filosofia).
Responsabile di progetto: Caterina Mordeglia.