Carlo Casonato | foto archivio Università di Trento

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DIECI ANNI DI LEGGE SULLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA

L’incontro chiude il ciclo di seminari "Incontri di BioDiritto 2014”

27 maggio 2014
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Marta Tomasi
di Marta Tomasi
Dottore di ricerca presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento.

Anche quest’anno, nel corso degli Incontri di Biodiritto 2014, diritto e scienza si sono parlati e confrontati nelle aule della Facoltà di Giurisprudenza.

Dopo gli incontri precedenti, dedicati al caso Stamina, ai diritti delle persone transessuali e ai rischi connessi a una ipermedicalizzazione della società, lunedì 19 maggio è stato il turno di una riflessione sulle problematiche connesse alla procreazione medicalmente assistita (PMA). L’occasione di attualità del tema trattato era duplice: da un lato la ricorrenza dei dieci anni trascorsi dall’approvazione della legge 40 del 2004 e dall’altro la recentissima decisione della Corte costituzionale che ha sancito l’incostituzionalità del divieto di fecondazione eterologa.

I rapidi progressi della scienza medica e delle tecnologie al suo servizio impongono ai giuristi nuovi sforzi di elaborazione. In questo senso, le relazioni presentate hanno fatto emergere una molteplicità di questioni di rilevanza costituzionale inscindibilmente connesse l’una all’altra. Così, le problematiche relative alla fecondazione omologa si legano a quelle della eterologa, fino a coinvolgere le sollecitazioni poste dalle pratiche di maternità surrogata. Le questioni sulle quali riflettere riguardano aspetti molto concreti come il consenso, l’anonimato dei donatori, la commercializzazione di gameti, il cosiddetto turismo procreativo. Aspetti legati a filo doppio a profili – non meno concreti – relativi ai principi costituzionali: la tutela della salute dei soggetti coinvolti, le legittime aspettative di genitorialità e, specularmente, i limiti che a queste si debbano riconoscere, fino a coinvolgere gli interessi e i diritti del concepito e dei figli.

Nel corso dell’incontro, Lucia Busatta e Simone Penasa, membri del gruppo di ricerca Biodiritto, che da anni collaborano con il prof. Carlo Casonato e altri colleghi alle attività del Progetto, hanno ricostruito l’evoluzione della legge 40 nel corso dei dieci anni trascorsi dalla sua approvazione. Il testo della legge, infatti, è stato oggetto di numerosissimi interventi della giurisprudenza di merito e di legittimità (riassunti nella scheda pubblicata sul sito biodiritto.org a questo link) che sono andati ad incidere su aspetti fondamentali della normativa quali, ad esempio, le categorie di soggetti legittimati ad accedere alle tecniche di PMA e l’ammissibilità di alcune specifiche tecnologie (in particolare la diagnosi genetica preimpianto).

Una seconda parte dell’incontro è stata dedicata alla fecondazione eterologa in riferimento alla quale si attendono ancora le motivazioni che hanno portato la Corte costituzionale a dichiarare l’illegittimità del relativo divieto. Nell’attesa, però, di vedere quale sarà il contenuto specifico dell’articolato normativo risultante dalla pronuncia della Corte – e se e quali indicazioni quest’ultima riterrà di dover fornire al legislatore – il diritto comparato viene in aiuto, evidenziando alcune tendenze condivise nelle legislazioni di altri Paesi europei che potrebbero rappresentare un modello al quale fare riferimento per il Parlamento italiano.

Anche dall’incontro che ha concluso la serie di seminari di quest’anno, dunque, è emerso il filo conduttore che ha collegato i diversi incontri di questo ciclo. Tale legame è rappresentato dalle difficoltà che il diritto, e in particolare le norme generali e astratte, incontrano nel gestire ambiti caratterizzati da una profonda “divisività”, le diverse esigenze emergenti dalla realtà sociale, le differenti impostazioni morali individuali e le eterogenee concezioni di vita e di salute. Un pluralismo tutto da gestire, un livello di sostenibilità tutto da individuare.