Foto archivio Festival dell'Economia 2021.

Eventi

Il ritorno dello Stato

Festival dell’Economia 2021: imprese, comunità istituzioni. I video degli incontri sono disponibili online

22 giugno 2021
Versione stampabile
Andrea Fracasso
di Andrea Fracasso
professore del Dipartimento di Economia e Management e della Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento, membro del Comitato editoriale del Festival dell’Economia.

Si è conclusa il 6 giugno la sedicesima edizione del Festival dell’Economia 2021 di Trento. Il tema di quest’anno è stato “Il ritorno dello Stato. Imprese, comunità, istituzioni”.  I numerosi eventi organizzati hanno esplorato le molteplici dimensioni nelle quali lo Stato gioca un ruolo esclusivo o complementare a quello di soggetti privati e della società civile.

La pandemia ha reso questo tema, piuttosto “classico”, interessante e attuale. Abbiamo avuto occasione di constatare, per esempio, l’importanza del settore pubblico nel fornire una rete di sostegno alle persone colpite dal virus e dalle restrizioni per impedirne la diffusione. Evidente è stato il ruolo che lo Stato ha svolto nel garantire la salute pubblica e nel promuovere la ricerca scientifica, così come nella produzione e distribuzione dei vaccini.

Tuttavia, chiare sono apparse le difficoltà strutturali del settore pubblico e la limitata efficacia dell’organizzazione territoriale di alcune attività pubbliche. Senza la capacità di adattamento e reazione dei soggetti privati, del terzo settore e della società civile, inoltre, lo Stato non avrebbe potuto raggiungere tutte le persone in difficoltà, né sperimentare soluzioni differenziate nelle diverse comunità. Lo Stato ha senza dubbio assunto un ruolo cruciale, di indirizzo e stimolo, nella fase di ripartenza economica, ma ha anche messo le autorità nella condizione di orientare le risorse collettive verso usi molto specifici, sollevando questioni riguardo l’adeguatezza, la legittimità e la realizzabilità delle azioni previste per il futuro. L’intervento pubblico nell’economia ha permesso di “congelare” imprese e lavoratori durante questi mesi di stop forzato della normalità, evitando così l’aumento della povertà e la perdita di capitale umano e tecnologico, ma il costo e gli effetti distorsivi di questi interventi hanno reso evidente la necessità di provvedere a un graduale ritiro di certe misure espansive, consentendo al mercato di svolgere un ruolo di nuovo importante nell’allocazione delle risorse. 

Se quindi la gestione della pandemia e degli effetti da essa creati ha mostrato chiaramente l’importanza e l’insostituibilità dello Stato in moltissimi ambiti che interessano la vita dei cittadini, mettendo in luce i limiti delle teorie dello Stato “leggero” e della “big society”, non è affatto scontato che l’esperienza eccezionale dell’epidemia coronavirus porti a ridisegnare in modo permanente i confini dello Stato nell’economia o a ripensare l’organizzazione territoriale del settore pubblico e delle politiche pubbliche. 

Se queste riflessioni sui confini dello Stato riguardano, in qualche misura, la maggior parte dei paesi del mondo, un aspetto peculiare dell’esperienza europea in questo periodo è stata l’adozione di un “Piano per la ripresa dell’Europa”. Attraverso uno sforzo eccezionale di condivisione delle risorse e di programmazione coordinata, infatti, i Paesi e le Istituzioni dell’Unione hanno realizzato le condizioni affinché possano essere realizzati ambiziosi programmi di investimento e di riforma diretti a creare opportunità di crescita e posti di lavoro nell’Unione, avviando un processo di trasformazione del mondo produttivo e della società diretto a creare un'Europa più verde, digitale e sostenibile.

Un’occasione importante che pone lo Stato al centro del processo di cambiamento strutturale del modello socio-economico, sia nella fase di programmazione, sia in quella di realizzazione degli interventi. Un progetto che per molti osservatori rappresenta l’ultima chiamata per l’Italia, che ha la possibilità e le risorse per mettere in moto un meccanismo virtuoso di cambiamento, in cui tutte le forze produttive, culturali, politiche e sociali possano allineare, sotto la guida dello Stato, le proprie forze e concorrere al raggiungimento di obiettivi condivisi.

Queste riflessioni hanno fatto da sfondo alle numerose domande sollevate e affrontate dalle esperte ed esperti che si sono radunati a Trento durante il Festival. Quali sono le condizioni di legittimità democratica e di efficienza funzionale che giustificano un ruolo più ampio del settore pubblico? Oltre a essere un regolatore del mercato, lo Stato deve e può essere anche un facilitatore del cambiamento e un imprenditore diretto? Sotto quali condizioni questi tre ruoli possono coesistere senza che ciò crei incentivi perversi e controproducenti? Quale è il ruolo del pubblico, delle imprese private e del terzo settore nel produrre innovazione sociale? Qual è il giusto livello di intervento dello Stato nell’economia se si vuole assicurare che il sistema economico e produttivo sia competitivo e al contempo inclusivo e sostenibile? Quali soluzioni possono essere adottate per ridurre la corruzione che non generino costi maggiori dei benefici? Come è possibile costruire un rapporto equilibrato e funzionale tra società civile, attori economici, autorità politiche e struttura burocratica? 

Gli incontri del Festival hanno affrontato questi e molti altri temi, mettendo a confronto idee e approcci diversi. Anche in ragione della forma mista di partecipazione in presenza e da remoto, la copertura multimediale degli eventi è stata capillare e i video degli incontri arricchiscono il patrimonio del Festival, che rimane gratuitamente a disposizione di chi abbia voglia di consultarlo.

Il Festival dell’Economia è promosso da Provincia autonoma di Trento, Comune di Trento e Università di Trento. Progettazione Editori Laterza. La sedicesima edizione si è svolta a Trento dal 3 al 6 giugno.