Graffiti 3499 - Don Chisciotte e Sancho Panza contro i mulini a vento. Foto Adobe Stock.

Formazione

Il riso romanzesco

Seminario Internazionale sul Romanzo. Incontri del XIV ciclo fino al 17 maggio

1 marzo 2022
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Simona Carretta
di Simona Carretta
Responsabile SIR Il romanzo e le altre arti

Giunto alla sua XIV edizione, ogni anno il ciclo di incontri con scrittori e critici organizzato dal Seminario Internazionale sul Romanzo (SIR) indaga la storia del romanzo a partire da un determinato tema. Quest’anno è il “riso romanzesco”. Nessuno ha mai sentito parlare di un riso poetico, di un riso musicale o cinematografico. Ammettiamo invece più facilmente l’esistenza di un riso romanzesco, i cui diversi aspetti questa edizione del SIR cerca di mettere in luce. 

Per Michail Bachtin, ad esempio, il riso del romanzo è quello dissacrante che attinge alle fonti del dialogo socratico e della satira menippea (IV e III sec. a. C.) e mira al rovescio delle autorità. Per i romantici come Friedrich Schlegel è inerente al sentimento dell’ironia che scaturisce dalla coscienza della frattura tra io e mondo. Per il critico francese Lakis Proguidis invece il riso romanzesco ha una matrice farsesca: deriva dalla farsa dei Misteri, i grandi spettacoli itineranti diffusi in particolare in Francia tra il XIV e il XVI secolo. Caratterizzati da una compresenza fino a quel momento sconosciuta di materia sacra e profana, per Proguidis il loro impatto sull’immaginario avrebbe prodotto la fine del “regime mimetico”, di tipo monologico, che aveva sempre orientato l’arte classica, e instaurato un nuovo regime estetico propedeutico all’avvio del romanzo.

I modi di accostarsi alla comprensione del riso romanzesco sono dunque svariati. È certo comunque che per il romanzo il riso non è un comune oggetto di rappresentazione ma qualcosa di connaturato. Nel suo “Quarto libro” (1552) Rabelais condanna gli “agelasti”, “coloro che non sanno ridere”, colpevoli con la loro ottusità di aver messo in pericolo la prosecuzione della sua opera. Questo neologismo, che lo scrittore francese ricava dal greco, ricompare tra le pagine del romanzo di Laurence Sterne “Tristram Shandy” (1759-1767) e da allora diventa l’insegna in opposizione alla quale si compatta un’intera arte, quella del romanzo. Essa rintraccia il suo scopo nell’esplorazione di aspetti dell’esistenza che non si limitano a ciò che per convenzione è ritenuto serio, dunque riducibile alla dialettica bene e male.

Nell’“Arte del romanzo” (1986) Milan Kundera individua una stretta relazione tra gli agelasti e i “misómusi”, un altro neologismo con cui il romanziere si riferisce a coloro che, non sapendo riconoscere l’arte, la disprezzano. Chi non sa ridere, chi si prende troppo sul serio, non può capire l’arte e in particolar modo l’arte del romanzo perché questa è da sempre umoristica. Ricordo che lo humour per Kundera è un’invenzione di Cervantes. È un elemento intrinseco al romanzo perché connesso all’esplorazione di tipo relativo, ipotetico e ludico che il romanzo conduce intorno ai suoi temi; il romanzo non ricerca delle verità.

Ma c’è di più. Se il romanzo è l’arte che ha accolto il riso nel suo DNA, è anche quella che meglio può consentirci di cogliere le trasformazioni subite dal riso oggi. Abbiamo visto che il romanzo è contraddistinto da un particolare tipo di riso. Esiste allora un rapporto tra l’allontanamento progressivo della società odierna dallo spirito dei romanzi, che è lo spirito di complessità, e il ritorno generale ad un genere di riso che sembra sempre più simile a quello sarcastico della commedia antica, che è di solito un ridere “di” qualcuno perché procede da una contrapposizione di precisi sistemi di valore.

In “Un cuore intelligente” (2009) Alain Finkielkraut ha osservato che nella società contemporanea, dominata dall’intrattenimento, l’esercito degli agelasti sembra aver lasciato il posto a schiere di giullari irriverenti. Si tratta però di una mutazione solo apparente. Il riso che riecheggia attraverso i canali della radio e della tv conserva ben poco del riso spensierato, invocato da Rabelais per i suoi lettori. Sembra essere diventato un riso dogmatico. È il riso impiegato dai politici come strumento di consenso, che serve a demonizzare gli avversari; il riso di chi si identifica sempre e comunque con una causa. I giullari del XXI secolo, conclude Finkielkraut, sono allora soltanto l’ennesima reincarnazione degli agelasti: “Mentre i secondi bandiscono l’umorismo, i primi lo seppelliscono sotto il peso della loro perenne ilarità”. 

Questo riso non assomiglia più al riso dei romanzi, che è invece un riso inclusivo perché nasce dalla percezione dell’umana ambiguità di tutte le cose. Riaccostarsi ai romanzi alla ricerca del loro peculiare riso significa ricominciare a leggerli come mezzi non solo di identificazione ma di relazione al mondo e agli altri, allargare la visione della propria esperienza.

Il Seminario Internazionale sul Romanzo (SIR), nato nel 2006 presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, è un progetto di ricerca che si propone di studiare la storia e l’arte del romanzo in una prospettiva sovranazionale. 
Il XIV ciclo (2021-2022) “Il riso romanzesco” è promosso dal Dipartimento di Lettere e filosofia e dal Centro di Alti Studi Umanistici (CeASUm) dell’Università di Trento, in collaborazione con numerosi istituti superiori e altri enti delle province di Trento e di Bolzano. 
Responsabile scientifico: Massimo Rizzante; responsabile SIR Scuola: Walter Nardon; responsabile SIR Il romanzo e le altre arti: Simona Carretta.
I prossimi appuntamenti si terranno online o in presenza presso il Dipartimento di Lettere e filosofia dell’Università di Trento. Gli incontri del ciclo “SIR Scuola: Il riso. Definizione di territori” si terranno in alcune scuole superiori di Trento e di Bolzano.