Una foto di gruppo dei partecipanti alla Alpine-WindTre Challenge con i mentor e i facilitatori

Formazione

I challenge you!

Cosa sono le challenges, la didattica innovativa che insegna e mette alla prova

7 novembre 2022
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di Johnny Gretter
Studente collaboratore Ufficio stampa e relazioni esterne

Le challenges sono un nuovo metodo di insegnamento che mette al centro la partecipazione di studenti e studentesse. UniTrentoMag, in questo speciale, racconta cosa sono queste sfide e come anche l’Ateneo stia lavorando su questa didattica innovativa, che si lega strettamente all’innovazione e crea contatti con le realtà esterne all’Università.

Un’azienda, un problema da risolvere e alcune squadre di studenti e studentesse che lavorano assieme a una soluzione: sono questi gli ingredienti principali delle challenges, un metodo di insegnamento innovativo nato una dozzina di anni fa e che ora è sempre più diffuso.

Ma cosa sono esattamente le challenges? Il punto d’inizio è di solito un’azienda o un ente, il cosiddetto challenge provider, che propone un problema da risolvere. A questa chiamata rispondono le università, che raccolgono delle squadre composte da studenti e studentesse disposte ad accettare la sfida e proporre una soluzione, sotto la supervisione di mentor e docenti. La challenge si chiude poi con un pitch finale, in cui le squadre presentano il loro lavoro e viene premiata la soluzione più convincente.

La prima volta che UniTrento ha proposto una challenge è stato nel 2016, quando Trento è stata la prima università dell’Europa continentale a partecipare agli Innovation Olympics, un programma sviluppato da IXL Centre e con base a Boston. In quel caso, due aziende cercavano idee per migliorare la formazione dei venditori e il servizio clienti, e 11 squadre di studentesse e studenti di UniTrento hanno accolto la sfida e proposto le loro soluzioni. Le squadre partecipanti erano ben assortite, con membri provenienti da paesi diversi, da facoltà diverse ed equamente divisi per genere: un’eterogeneità che è stata mantenuta anche nelle challenges degli anni successivi, e che è fondamentale per creare un ambiente di lavoro arricchente.

Per il resto, dal 2016 le cose sono cambiate molto, e le challenges sono diventate sempre più importanti per l’Ateneo. Un passo fondamentale è stata la fondazione della School of Innovation (SOI) nel 2018, la struttura di UniTrento dedicata alla formazione e all’innovazione che, dal 2021, si occupa di gestire le sfide proposte dall’European Consortium of Innovative Universities (ECIU). Si tratta di una rete di 13 università europee (a cui si aggiunge un partner associato, Tec de Monterrey in Messico) che ha l’obiettivo di promuovere una nuova pedagogia educativa, che comprende anche le challenges. Dalla distribuzione di cibo a km0 alle telecomunicazioni, dall’industria 4.0 allo smart working nelle zone alpine, le sfide di ECIU hanno toccato problemi complessi e stimolanti. E l’adesione di circa 50 partecipanti ogni anno mostra come studenti e studentesse siano interessati a questo nuovo metodo di insegnamento.

Oltre alla SOI, anche i singoli dipartimenti propongono le proprie challenges. Il Dipartimento di Ingegneria industriale ha proposto la Management Engineering Challenge, dedicata a migliorare i processi e servizi di tre aziende con le metodologie dell'ingegneria gestionale. A ottobre, invece, ha preso il via la sfida Hitchhikers’ guides, virtual Charons, and the future of cultural objects, organizzata dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale in collaborazione con la SOI, in cui i partecipanti svilupperanno degli scenari futuri incentrati sulla conservazione del patrimonio culturale europeo.

Questa didattica innovativa ha un effetto estremamente positivo su studentesse e studenti, come spiega Anna Serbati, professoressa del Dipartimento di Psicologia e Scienze cognitive specializzata in pedagogia sperimentale. «La letteratura scientifica ha dimostrato che le strategie di apprendimento attivo come le challenges permettono a studenti e studentesse di ottenere migliori risultati in minor tempo».

Risultati che si vedono anche nelle competenze che difficilmente possono essere sviluppate con una lezione tradizionale. «Una differenza molto importante con le lezioni frontali è il ruolo attivo dei partecipanti: sono loro a costruire i propri processi di apprendimento», aggiunge Serbati. «Inoltre, affrontare dei compiti autentici e concreti li rende molto più motivati. Nelle sfide non ci sono soluzioni precostituite, chi partecipa porta le proprie conoscenze, che non sempre ha appreso solo a lezione o all’università, e così sviluppa anche le cosiddette soft skills, come la gestione dei conflitti e dell’ansia, la leadership e il lavoro di squadra».