Giorgio Ieranò e Luciano Canfora (foto: Paolo Chistè, Università di Trento).

Formazione

GLI STORICI E IL POTERE: TUCIDIDE E LA GUERRA DEL PELOPONNESO

Il diretto coinvolgimento nella guerra e il presunto esilio da Atene. La ricostruzione di Luciano Canfora

9 dicembre 2016
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GLI STORICI E IL POTERE: TUCIDIDE E LA GUERRA DEL PELOPONNESO
di Giulia Arpino
Dottoranda presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.

Tucidide, figlio di Oloro, deve la sua fama bimillenaria alla circostanza di aver fissato, con la sua storia della “Guerra del Peloponneso” (431-404 a.C.), la pietra di paragone per tutte le opere storiografiche che abbiano l'ambizione non soltanto di narrare una serie di eventi, ma anche di svelarne le dinamiche profonde.

Ateniese, imparentato con la potente famiglia dei Filaidi che vantava possedimenti personali nell'area del Chersoneso tracico (Grecia nord-orientale), ebbe in appalto lo sfruttamento delle miniere aurifere di cui quella regione era ricca e che erano entrate in possesso di Atene dopo la vittoria su Taso. Nel 424/23 a.C. fu eletto nel collegio dei dieci strateghi cui era affidata la responsabilità delle operazioni militari in quella guerra contro Sparta che, iniziata da sette anni, sarebbe terminata solo un ventennio più tardi con il tracollo dello stato democratico ateniese.

Il diretto coinvolgimento di Tucidide nelle vicende narrate è la chiave per comprendere molto della sua opera, a cominciare dalla stupefacente competenza in tutte le materie tecniche che costituiscono, o dovrebbero costituire, gli strumenti di lavoro del buon politico: economia, tattica militare, geografia, etnografia, demografia. Con la partecipazione in prima persona si spiega anche la deformazione prospettica che induce l’autore a ritenere i fatti correnti i più rilevanti mai avvenuti, perfino più importanti di quelli del passato mitico: la guerra in atto è per Tucidide: «il più grande sconvolgimento prodottosi nel mondo greco, e, in certa misura, in quello non greco: insomma per la gran parte dell'umanità». E infine, la preoccupazione di fornire, con la sua Storia, un’analisi degli eventi che consenta di prevedere il verificarsi di simili situazioni in futuro, è chiaramente la preoccupazione di un uomo incalzato dalla necessità di pianificare le giuste azioni. 

Insomma: Tucidide fu uno storico attivamente coinvolto nella gestione del potere e dunque, a tutti gli effetti, una personalità eminente non solo per la sua attività di scrittore, ma anche per le sue capacità politico-militari. Tuttavia, nonostante questa profonda compenetrazione dei due piani, quello biografico e quello artistico, i dati relativi alla vita di Tucidide non hanno avuto la stessa fortuna della sua opera, lasciando i posteri con scarsissime notizie, spesso tratte da cenni autobiografici dell’autore stesso. Una di queste è un’informazione cruciale e, per molti versi, scomoda. Dal contenuto di un paragrafo nel quinto capitolo dell’opera (V 26, 5) sembrerebbe, infatti, che Tucidide sia stato ad un certo punto esiliato da Atene, per vent’anni, in seguito al suo periodo di comando in Tracia, durante il quale il generale spartano Brasida riuscì a strappare agli ateniesi la strategica città di Anfipoli. Sarebbe il paradosso: l’autore della dettagliatissima storia della guerra del Peloponneso, piena di informazioni che denunciano l’autopsia degli eventi, avrebbe in realtà trascorso oltre i due terzi della guerra esiliato da Atene e lontano, quindi, da tutti i teatri di guerra! Una contraddizione che può essere superata solo a costo di vedere nello storico null’altro che un traditore, che seguì sì da vicino il conflitto, ma nel campo spartano: un traditore bugiardo, per giunta, che avrebbe edulcorato il resoconto delle vicende di Anfipoli per nascondere la propria colpa agli occhi dei lettori. 

Un’accurata ricostruzione della tradizione testuale dell’opera tucididea, tuttavia, consente di ipotizzare una realtà differente. Secondo Luciano Canfora, che ha affrontato l’argomento in una serie di studi (ricordiamo, da ultimo, “Tucidide. La menzogna, la colpa, l’esilio” edito da Laterza), l’autore del paragrafo V 26 non sarebbe Tucidide, ma un continuatore, forse da identificarsi con lo storico Senofonte: fu quindi costui, e non Tucidide, a subire l’esilio ventennale. 

Per il ciclo di incontri “Gli storici e il potere”, curato dai professori dell’Università di Trento Giorgio Ieranò e Caterina Mordeglia, il 7 novembre Luciano Canfora ha presentato il suo nuovo libro: “Tucidide, la menzogna, la colpa, l’esilio” edito da Laterza, discutendone con Maurizio Giangiulio, professore di Storia Greca presso l’Università di Trento. L'iniziativa è stata organizzata dal Dipartimento di Lettere e Filosofia con il contributo dei corsi di Dottorato dell’Ateneo “Culture d’Europa. Ambiente, spazi, storie, arti, idee” e “Le Forme del Testo” e con la collaborazione della Biblioteca Civica “G. Tartarotti” - Seminario Permanente Untersteiner, Rovereto, del LabSA - Laboratorio di Storia Antica, Università di Trento e del SISMEL, Società Internazionale per lo Studio del Medioevo Latino, Firenze.