Cristoforo Gorno al Dipartimento di Lettere e Filosofia. Foto archivio Università di Trento.

Formazione

LA RAPPRESENTAZIONE DEL MONDO ANTICO IN TV

Intervista a Cristoforo Gorno. Divulgatore e autore televisivo, ha realizzato Cronache dall'antichità per Rai Storia

20 novembre 2017
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LA RAPPRESENTAZIONE DEL MONDO ANTICO IN TV
di Giorgia Proietti
Assegnista di ricerca e docente a contratto di storia greca presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia e collaboratrice del Laboratorio di Storia Antica dell’Università di Trento.

Un oplita greco che entra nel televisore. Questa immagine, costruita ad hoc, è stata scelta dal Laboratorio di Storia Antica (LabSA) e dal Laboratorio Dionysos - Archivio digitale del Teatro antico per la locandina della conferenza del 13 novembre scorso "Gli antichi in Tv. Come la televisione racconta i Greci e i Romani" con Cristoforo Gorno. L’autore televisivo di documentari storici e scientifici quali "Gaia" e "Kilimangiaro" su Raitre;"Atlantide" e "Impero" su La7; "Il Tempo e la Storia", "Cronache dall’antichità" e "Cronache dal Medioevo" su Rai Storia ha tenuto un seminario aperto in cui, anche attraverso l’ausilio di filmati, ha spiegato come l’oplita esce dal televisore. In altri termini, Cristoforo Gorno ha smontato dall'interno i meccanismi del linguaggio della divulgazione televisiva, valutando sia gli schemi o gli stereotipi culturali che sostengono certe rappresentazioni massmediatiche del mondo antico sia la specificità, anche tecnica, degli accorgimenti che la tv deve o può mettere in campo per fare divulgazione storica sull'antichità.

Gorno, nell'uso comune il termine “cronaca” indica il resoconto dei fatti del giorno. Come spiega la scelta del titolo del programma, quasi ossimorico, “Cronache dall'Antichità”?
Il titolo del programma indica che si racconta un evento dell'antichità come se fosse un fatto di cronaca, usando le fonti antiche nel ruolo di testimoni. Lasciare che parlino gli antichi, ascoltare le loro voci, esplorare i loro luoghi così come sono ora: questo è stato il patto con lo spettatore, la scommessa alla base sia di Cronache dall’Antichità (andato in onda per due stagioni, a partire dal 2014) e del successivo Cronache dal Medioevo, sia della nuova serie Cronache dal Rinascimento, prevista per l'anno prossimo. L'ambientazione nei luoghi reali, la lettura delle fonti antiche e l'analisi dell'iconografia ci hanno regalato angolazioni inaspettate, che hanno appassionato gli spettatori al punto che alcune puntate, come quella sulle Idi di Marzo o quella sulla Congiura dei Pazzi nella Firenze medicea, hanno avuto, mettendo assieme le varie repliche, un pubblico da tv generalista. 

Qual è la chiave stilistica fondamentale delle sue Cronache, e quali sono gli ingredienti che le differenziano dal genere della fiction a tema storico?
Il racconto divulgativo del mondo antico, e in genere di tutto il passato precedente l’invenzione del cinema, si fonda su interviste a esperti, ricostruzioni grafiche dei luoghi e sull’impiego di attori in costume, filtri moderni che spesso tolgono emozione all’indagine storica e restituiscono un quadro impreciso. È difficile che dei figuranti in toga, corazza e peplo riescano a trasmettere il carisma di Giulio Cesare o di Cleopatra. Per le Cronache ho dunque preferito rinunciare a questi strumenti narrativi convenzionali tipici del genere della docufiction. Perché non fare invece un’indagine sul campo, nei luoghi trasformati dai millenni ma ancora vivi, mescolandosi alla gente? E invece dei pareri dei professori, perché non usare come testimonianza soltanto le fonti antiche? Infine, perché utilizzare degli attori quando esistono ritratti letterari, busti, monete che ci tramandano i lineamenti dei protagonisti? Seguendo questo filo, oltre alle Idi di marzo, abbiamo fatto altre passeggiate e altre cronache, Orvieto, Vulci e la fine degli etruschi, la fondazione di Roma, la disfatta ateniese a Siracusa, Attila e la caduta di Aquileia, il passaggio del Rubicone, e così via, con qualche puntata in Grecia, il ritorno di Agamennone a Micene, i 300 alle Termopili, l'ultima Olimpiade… 

La divulgazione storica in tv, secondo lei, tende a rinforzare o a decostruire gli stereotipi sul mondo antico diffusi nella cultura generale? Per esempio, molti studiosi ritengono oggi che la guerra di Troia, che lei ha raccontato in una delle sue Cronache, non sia mai esistita. 
Sì, ho cercato di raccontare la guerra di Troia, e in particolare il ritorno in Grecia del re vittorioso Agamennone, come se fosse un evento di cronaca: camminando tra i massi ciclopici della rocca di Micene, attraverso la voce di Eschilo e Omero, ho raccontato l'ansia della regina Clitennestra, che in assenza del marito vive con l'amante Egisto, assieme al quale medita una vendetta terribile per Agamennone, reo di aver sacrificato la loro figlia Ifigenia prima della partenza per Troia, in cambio di un esito favorevole per la spedizione militare. Lo spettatore può seguire a poco a poco l'evolversi della storia e dei sentimenti dei protagonisti, vede i luoghi in cui gli eventi sono avvenuti, li sente raccontare dalla voce degli antichi: è insomma condotto all'interno della storia, così come la raccontavano e immaginavano i Greci. In coda alla puntata si precisa che non sappiamo se questi eroi siano esistiti o meno … ma non è questa la domanda. 

Perché, in un’epoca in cui l’utilità degli studi classici e umanistici è sempre più di frequente messa in dubbio, continuiamo, in una forma o in un’altra, a rivolgerci all’antico?
Perché l'antico fornisce gli archetipi. Stabilite le debite differenze di contesto storico e culturale, il mondo classico fornisce i paradigmi ai quali la nostra mente involontariamente risale. Se si pensa al delitto politico, il rimando immediato è alle Idi di marzo, se si pensa a una battaglia vengono in mente Maratona, le Termopili e Canne. E accanto alla storia politico-militare, il mito, con i suoi intrecci di dei ed eroi, fornisce la mappa dei grandi temi della vita di tutti i giorni, dall'amore alla morte, dalla conoscenza al ricordo. In futuro vorrei proprio realizzare un programma sui miti greci, e la dimensione oltre la storia che essi rappresentano.