Jean-Luc Marion
Foto: archivio Università di Trento

Formazione

IL DONO E L’AMORE

Jean-Luc Marion, uno dei massimi filosofi contemporanei ospite dell’Università di Trento per un ciclo di lezioni

14 maggio 2014
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Francesco Ghia
di Francesco Ghia
Ricercatore presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento.

Chi studia filosofia sa, grazie soprattutto a pensatori come Kant o Schleiermacher, che l’autore è di rado il più fedele interprete di se stesso e che compito di una buona ermeneutica è sempre cercare di intendere un autore meglio di come l’autore stesso si sia inteso. Nondimeno, quando si ha l’opportunità di incontrare dal vivo un filosofo, forte è la tentazione di chiedergli, con tutte le cautele del caso, spiegazioni e dilucidazioni sul suo pensiero. 

È l’opportunità che non si è lasciato sfuggire un gruppo di docenti, ricercatori, dottorandi e studenti che dal 17 al 20 marzo 2014, su iniziativa del Centro di studi e ricerche “Antonio Rosmini” del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, ha incontrato, per discuterne le tesi, il filosofo francese Jean-Luc Marion, giunto a Trento e Rovereto con la collega Émilie Tardivel. 
Marion, docente presso la Sorbonne, l’Institut Catholique de Paris e l’University of Chicago, è considerato uno dei massimi fenomenologi contemporanei. A partire dagli anni Ottanta del Novecento, egli propone una fenomenologia dal taglio decisamente originale, sviluppata in particolare lungo il filo conduttore del tema del dono. Il primato della donazione sulla coscienza, e quindi sull’essere, si attesta per Marion nella radicalizzazione del gesto fenomenologico della riduzione, da lui concepito, sulla scorta di Husserl, come il gesto che sanziona, nella manifestazione, ciò che si dona in maniera certa ed è dunque momento normativamente costitutivo della conoscenza.

“Se c’è una domanda che più di tutte si impone nella fenomenologia” - ci spiega il professor Marion - questa è quella che riguarda la presenza e l’ammissibilità di qualche cosa di irriducibile. La riduzione, in quanto viene operata e radicalizzata, mette in evidenza, non fosse che per contrapposizione, la possibilità, perfino la necessità di una eccezione, di un irriducibile”. 

E questo irriducibile è il dono?

Si, semplificando si può dire che lo sia. Conviene dunque ammettere il fatto della donazione come istanza ultima, senza indietreggiare davanti a questa fatticità come se si trattasse di una violenza o di una inconvenienza, poiché in effetti, come fatticità, la donazione resta ancora assolutamente da determinare, dunque neutra. In questo senso, il fatto della donazione ha validità di diritto”.

Il nesso tra ‘riduzione’ e ‘donazione’, istituito già a partire dal suo saggio del 1989 Réduction et donation (tr. it., Riduzione e donazione, Venezia 2010), ha trovato la sua enunciazione più rigorosa nel saggio del 1997 Étant donné (tr. it., Dato che. Saggio per una fenomenologia della donazione, Torino 2001) attraverso la formula: “autant de réduction, autant de donation” (“tanta riduzione, altrettanta donazione”). Che significato ha questa formula? 

“La riduzione del fenomeno alla donazione, quale si evince da questa formula, è a ben guardare un ritorno al mondo che lo dispensa. Uno dei risultati principali della fenomenologia della donazione è che non solo il dato non ha niente di immediato, ma anche che ogni fenomenalità si situa nella piega della donazione attraverso il suo mostrarsi. Se ogni fenomeno si mostra, come ci ha insegnato Heidegger, è necessario che tutto ciò che si mostra si dia, ma senza che ciò implichi che tutto ciò che si dà con ciò stesso si mostri. Restano dei dati che ancora non si mostrano o che forse non si mostreranno mai. Detto altrimenti, il mondo è sì originariamente dato, ma non tutto in esso è dato allo stesso modo”.

È per questo che, come Lei ha sostenuto in una affollatissima lectio magistralis presso la Casa Natale roveretana di Antonio Rosmini, da ultimo la riduzione più importante è quella erotica, ossia la riduzione che ha il suo perno nell’amore?

L’esperienza dell’amore è un’esperienza radicale. Significa sperimentare l’alterità assoluta. Significa scoprire che ciò che io sono grava sotto il peso esteriore dello sguardo dell’altro. Solo l’amore, solo la ‘riduzione erotica’ può farci prendere le distanze tanto dalla ‘riduzione epistemica’ che, conserva della cosa solo ciò che in essa resta ripetibile, quanto dalla ‘riduzione ontologica’, che della cosa mantiene solo il suo statuto di ente per ricondurlo, infine, all’essere”.