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Formazione

RIPRENDIAMOCI INTERNET

Proteggere la privacy con reti digitali indipendenti costruite dai cittadini

23 maggio 2018
Versione stampabile
di Stefano Crabu e Attila Bruni
Rispettivamente ricercatore presso il Politecnico di Milano e professore del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento.

Al giorno d’oggi i social network e le piattaforme online per la messaggistica (pensiamo a WhatsApp e Instagram) o per la condivisione e vendita di beni e servizi (come AirBnb, Facebook, Amazon o Alibaba) sono diventate una componente ineludibile della quotidianità di milioni di persone. Se da un lato queste tecnologie digitali hanno facilitato la nostra vita, eventi recenti hanno riportato al centro del dibattito pubblico la spinosa questione di come i dati personali degli utenti vengano effettivamente gestiti. Pensiamo allo scandalo che ha coinvolto la società di consulenza britannica Cambridge Analytica, responsabile del furto di dati personali dai profili di migliaia di utenti Facebook, oppure all’invito a cambiare password rivolto da Twitter agli oltre 330 milioni di suoi utenti, dopo che il social network ha scoperto che le credenziali di accesso degli iscritti erano state salvate in chiaro sui propri sistemi. 

Appare sempre più evidente come le decisioni delle cosiddette GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple) abbiano conseguenze determinanti sulle nostre esistenze: queste aziende detengono i nostri dati personali e dovrebbero garantire la sicurezza e la riservatezza delle comunicazioni. Aspetti che, apparentemente, non vengono presi in seria considerazione dai giganti dell’economia digitale, i quali costruiscono una parte consistente dei loro profitti proprio grazie alla gestione di informazioni private riguardanti milioni (se non miliardi, nel caso di Facebook) di persone. Come recita un aforisma ormai diffuso nel mondo di Internet: “Se non paghi per utilizzarlo, significa che il prodotto sei tu”, a rimarcare come il fatto che l’uso di un servizio o di una piattaforma digitale sia gratuito, non significa che non vi sia comunque un qualche tipo di “messa a valore” degli utenti. 

Proprio per fronteggiare questa situazione di crescente preoccupazione rispetto all’uso che viene fatto delle tracce che lasciamo in Internet e sui social network, negli ultimi anni – sia in Italia che in Europa – alcune associazioni composte da ricercatori, hackers, volontari, attivisti politici e cittadini stanno costruendo delle reti digitali alternative, indipendenti dai governi e dalle società che normalmente offrono accesso a Internet: si tratta delle cosiddette “reti comunitarie”. Ninux Italia, GalliaNetwork nella provincia di Trento, Guifi.net in Catalogna e Freifunk a Berlino sono solo alcuni dei più famosi esempi di infrastrutture locali per la comunicazione digitale, costruite dai cittadini e finalizzate a interconnettere gli utenti attraverso una rete completamente autogestista. Il funzionamento di queste reti è basato sull’utilizzo di tecnologie spesso sviluppate dagli stessi utenti esperti, che partecipano in prima persona alla loro costruzione materiale (ad esempio, montando sui tetti delle case le antenne per trasmettere il segnale wireless). 

La scelta di sviluppare questo tipo di infrastrutture per la comunicazione digitale si fonda su un insieme di motivazioni culturali e politiche: i partecipanti a queste esperienze condividono l’ideale di costruire reti informatiche alternative all’attuale modello di Internet, ovvero non sottoposte al controllo delle multinazionali, maggiormente sostenibili sotto il profilo economico, con maggiori garanzie per quanto riguarda il rispetto della privacy degli utenti e, quindi, più trasparenti nella gestione del flusso dei dati. Per questo insieme di ragioni, il sociologo Lerry Diamond, nel libro Liberation Technology: Social Media and the Struggle for Democracy, invita a considerare le reti comunitarie come delle “tecnologie di liberazione”, ovvero strumenti che consentono agli individui di costruire nuovi spazi di libertà e autodeterminare in sicurezza le proprie esperienze di vita digitale.

Si è parlato di questi temi nell’incontro “Nerd ribelli? Le sfide dell’innovazione tecnologica nella società digitale”. La lezione si è tenuta lo scorso 2 maggio presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento, nell’ambito del corso “Sociologia dei fenomeni tecnologici”. È intervenuto il dottor Stefano Crabu come relatore e ha coordinato l’incontro il professor Attila Bruni.