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Formazione

ANALISI E INTERPRETAZIONE DEI PROCESSI DI VITTIMIZZAZIONE

Nuovo approccio allo studio della violenza proposto da quest’anno in Ateneo

23 ottobre 2015
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Monica Agostini
di Monica Agostini
Referente per la comunicazione del Sistema Bibliotecario di Ateneo dell’Università di Trento.

Il 30 settembre 2015 è stato presentato presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento il nuovo insegnamento “Analisi e interpretazione dei processi di vittimizzazione”. Ne parliamo con il professor Domenico Tosini, titolare della cattedra. 

Professor Tosini, può spiegarci su cosa verterà il corso?

L’insegnamento esamina alcune tra le principali forme di violenza, privilegiando un approccio sociologico e interpretativo – riferendomi, con questa espressione, all’importanza di osservare l’esperienza delle persone coinvolte in azioni violente, tanto dal lato degli aggressori che delle Domenico Tosinivittime. Attraverso la discussione di esempi d’indagini specialistiche, sono analizzati vari tipi di comportamenti violenti: in contesti organizzati, sia di genere statale che non-statale, e nella sfera intima e privata – in tutti i casi delineandone gli aspetti storici, culturali, psicologici e sociali più significativi per la loro comprensione e spiegazione. I binari principali su cui si muove il corso sono due. Da una parte, si tratta di esaminare i profili dei responsabili di comportamenti violenti e di ricostruirne le motivazioni e il loro percorso di “radicalizzazione”. Dall’altra, un ulteriore obiettivo del corso consiste nel considerare l’esperienza delle vittime, di cogliere l’impatto della violenza sulla loro integrità psico-fisica e sulla loro condizione sociale. Ampio spazio sarà dedicato alla violenza di genere contro le donne non solo nell’ambiente domestico, ma anche, ad esempio, nel caso della violenza sessuale nei conflitti armati. A questo si aggiunge una serie di lezioni e dibattiti in cui si tratteranno altre problematiche attuali come il suicidio, la violenza familiare e l’esperienza delle persone sopravvissute al suicidio di propri cari. Le lezioni, che dureranno da settembre a dicembre e che si terranno ogni martedì e mercoledì (ore 16-17.30, aula 16, presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Via Verdi 26), saranno arricchite dalla presentazione di materiali e dal coinvolgimento di alcuni esperti e operatori sulle tematiche delle varie forme di violenza esaminate.

Il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale propone altri insegnamenti nell’ambito della devianza. Quale pensa sarà l’aspetto più innovativo delle sue lezioni?

Nel Dipartimento ci sono altri corsi dedicati alla devianza, rispetto ai quali questo nuovo insegnamento assume un ruolo complementare. Per alcuni aspetti, direi che si tratta tuttavia di una novità non solo per il Dipartimento ma anche per l'Ateneo – e precisamente per il fatto che viene proposto, in modo sistematico, un percorso didattico riguardante le principali forme assunte dalla distruttività e dall’auto-distruttività umana e i fattori che ne sono responsabili. Il corso mira inoltre a favorire la sensibilizzazione tanto degli studenti che della cittadinanza in generale su tematiche particolarmente attuali come la violenza contro le donne e il suicidio. Le lezioni sono infatti concepite in modo tale da essere rivolte ad un pubblico costituito sia da coloro che sono iscritti ai corsi di laurea, sia da altre persone che desiderano conoscere più da vicino i drammi sociali e individuali associati alla violenza e alla sofferenza che investono le nostre società. 

Pensa che il corso, che affronta tematiche di stretta attualità, possa aiutare gli studenti ad interpretare i fatti con strumenti diversi da quelli proposti dai media?

Il corso si prefigge senz’altro d’indurre gli studenti (e tutti coloro che desiderano partecipare agli incontri) a mettere in discussione certe semplificazioni e certi punti di vista affrettati che, nella vita quotidiana e nel dibattito pubblico, guidano talvolta le nostre rappresentazioni di fenomeni come la violenza familiare o il suicidio. Il corso tenta di favorire un esame di questi e altri casi di azioni distruttive e auto-distruttive ponendosi anzitutto il problema di penetrare, con tutti gli strumenti conoscitivi di cui oggi disponiamo, le dinamiche personali e relazionali che rendono possibili esiti così radicali del comportamento umano. Ci chiediamo, ad esempio (anche se non è sempre facile rispondere in modo esaustivo e preciso), quali siano le esperienze e le trasformazioni personali che certi uomini vivono prima e nel momento di esercitare violenza contro la propria moglie o compagna e contro i propri figli. Il che non equivarrà a giustificare questi atti, ma ad indentificare snodi cruciali di quanto le persone vivono e pensano in determinati frangenti del loro modo di definire ed esperire la realtà e che li conducono a tali azioni. Nel contempo, il corso vuole gettare luce sugli effetti devastanti, non sempre chiari all’opinione pubblica e alle istituzioni, che la violenza e il suicidio hanno non solo per le vittime dirette, ma anche per i loro familiari. 

Ritiene che il sociologo possa giocare un ruolo importante nell’elaborazione di strategie mirate a prevenire ed arginare il fenomeno della violenza?

Ricollegandomi a quanto detto nella precedente domanda, mi sentirei di rispondere così. Le analisi e le riflessioni presentate nel corso, così come le ricerche (incluse quelle sociologiche) che vari studiosi hanno dedicato e dedicano ai comportamenti esaminati durante le lezioni (e che proprio le lezioni richiamano costantemente) possono offrire, talvolta ad un livello più astratto, talaltra su un piano più concreto, indicazioni utili a confermare l’importanza di strategie di intervento già adottate o a suggerirne altre. Nella parte dedicata alla violenza di genere contro le donne, per esempio, lo scopo degli incontri consisterà nell’enfatizzare la necessità non solo di fare sempre più e sempre meglio per la protezione delle donne vittime di violenza (inclusi, senza dubbio, i provvedimenti penali nei confronti degli aggressori), ma anche di ampliare l’intervento finalizzato, come nel caso dei centri per uomini maltrattanti, a captarne il disagio e a prevenire la radicalizzazione del loro comportamento, prima che si arrivi ad esiti irrimediabili. A ciò si aggiunge il fatto che il corso intende sottolineare il disagio (mai abbastanza documentato) dei familiari delle vittime di violenze, dei familiari che hanno perso una persona cara a causa del suicidio e di coloro che hanno tentato il suicidio – e ciò al fine di mostrare la rilevanza di interventi concreti come i gruppi di auto mutuo aiuto e altre forme di supporto psicologico.