Formazione

La scrittura: integrazione di più prospettive

Aspetti cognitivi, educativi e clinici tra ricerca e pratica riabilitativa

28 giugno 2021
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Tania Cerni
di Tania Cerni
Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive, Università di Trento, e Fondazione Marica De Vincenzi onlus

La scrittura è un mezzo di comunicazione importante, tanto importante che può essere considerato come il mezzo di trasmissione culturale per eccellenza. Da quando esiste la scrittura, o in generale la rappresentazione grafica della lingua, l’essere umano è stato in grado di lasciare una traccia complessa di sé e di raccontarsi non solo ai contemporanei, ma anche ai posteri.
Oggi il numero di testi che ognuno di noi scrive è aumentato molto considerando la diffusione del web, ma anche della messaggistica. Mentre un tempo – nemmeno troppo lontano – la scrittura era un lusso per pochi, oggi è uno strumento diffusissimo. Infatti, quasi tutti usiamo la scrittura quotidianamente per comunicare uno-a-uno o uno-a-molti. 

È chiaro che lo scrivere è cambiato, non significa più solamente tracciare a mano il pensiero, ma anche digitarlo su delle tastiere. Eppure in ambito cognitivo, ma anche educativo e clinico, la scrittura è poco considerata se la paragoniamo, ad esempio, alla lettura. La scrittura però è un’azione complessa, distinta dalla lettura, anche se strettamente correlata con essa. 

La giornata di studio “La scrittura: aspetti cognitivi, educativi e clinici” ha voluto essere un momento d’incontro tra psicologia cognitiva, educativa e clinica, ma anche tra ricerca e pratica riabilitativa. L’argomento centrale dell’incontro è stato lo scrivere nel senso più minuzioso del termine, ossia come l’integrazione di processi linguistici e azioni motorie. 

Scrivere inizia con la percezione di una parola – letta nella copiatura o udita nel dettato –, oppure con la sua generazione attraverso il pensiero. Questa parola viene elaborata al fine di assemblare la sua rappresentazione ortografica, ossia la sequenza astratta di lettere che la compone. Questa sequenza astratta viene tradotta in azioni motorie da processi periferici che governano l’effettiva produzione scritta e che si differenziano a seconda dello strumento che viene usato per scrivere (la penna o la tastiera). Scrivere quindi non è solo atto di percezione ed elaborazione linguistica né solo atto di esecuzione motoria, ma un’integrazione tra i due.

Questo argomento è stato trattato dalle relatrici e dai relatori da diverse prospettive: nelle differenze tra scrittura a penna e a tastiera, nell’esecuzione ritmica del gesto grafico, nella diagnosi e riabilitazione della dislessia e della disgrafia. In particolare, dislessia e disgrafia sono due disturbi dell’apprendimento che si associano, rispettivamente, a difficoltà di elaborazione fonologica-ortografica e a difficoltà nell’esecuzione grafo-motoria. L’integrazione tra componenti linguistiche e grafo-motorie è alla base del successo nella pratica riabilitativa sia nelle difficoltà di scrittura sia in quelle di lettura.

A conclusione della giornata di studio, una tavola rotonda – in collaborazione con il servizio di Logopedia dell’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona (APSP) “Beato de Tschiderer” di Trento, e con la partecipazione dell’Istituto Tecnico Economico e Tecnologico (ITET) "Felice e Gregorio Fontana" di Rovereto – è stata l’occasione per discutere le implicazioni della scrittura a penna e a tastiera, sia nella ricerca in ambito cognitivo, sia nella pratica educativa e clinica. Mentre la tastiera può diventare uno strumento utile per superare barriere persistenti nella abilità di scrittura, l’uso della penna enfatizza l’integrazione tra componenti grafo-motorie e informazioni ortografiche e fonologiche, importante per un’elaborazione linguistica completa.

La comunicazione tra ricerca, educazione e riabilitazione offre un punto di vista privilegiato per comprendere cos’è la scrittura, come si sta trasformando il suo uso, e come può diventare strumento per tutti, in un’ottica inclusiva.

La giornata di studio dedicata alla scrittura è stata promossa dal Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento insieme alla Fondazione Marica De Vincenzi onlus, con il sostegno di Fondazione Caritro. Responsabili scientifici: Remo Job e Tania Cerni.