Damiano Grasselli, teatro platonico. Foto di Salvatore Cardone, archivio Università di Trento

Formazione

IL TEATRO PLATONICO DELLA VIRTÙ

Un laboratorio di formazione filosofica per gli studenti: la riflessione degli esperti, l’interpretazione teatrale, i dialoghi interattivi

27 aprile 2016
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IL TEATRO PLATONICO DELLA VIRTÙ
di Fulvia de Luise
Professoressa di storia della filosofia antica presso l’Università di Trento.

La riflessione filosofica sulla virtù ha luogo e data di nascita nei dialoghi platonici, dove il confronto tra Socrate e i Sofisti viene messo in scena, contrapponendo ai maestri di una nuova e brillante forma di paideia il rigore intellettuale e morale del filosofo. A tirare i fili di quella che è a tutti gli effetti una rappresentazione teatrale, troviamo il primo scrittore di filosofia della tradizione occidentale: tanto abile nel metterci davanti agli occhi la figura di Socrate come primo filosofo da oscurare il fatto che è lui l’artefice di questa straordinaria novità intellettuale, e da celare interamente le sue intenzioni di autore, la sua identità di pensatore. Mai Platone interviene in prima persona nei dialoghi, neppure in funzione di narratore (benché usi spesso la formula del ‘dialogo narrato’). E ci lascia stupiti a chiederci “Who speaks for Plato in the dialogues?”, come recita il titolo di un’importante raccolta di saggi (Press 2000), che dispiega una impressionante quantità di questioni interpretative generate dal silenzio dell’autore. Naturalmente studiamo, analizziamo, spieghiamo e trasmettiamo il senso della filosofia platonica attenendoci strettamente ai testi che la tradizione ci ha conservato; ma siamo consapevoli che la forma di scrittura scelta da Platone per rappresentare la filosofia non è un modo per presentare con apparente e poetica leggerezza contenuti dottrinari che sarebbero meglio esposti in forma logico-dimostrativa, bensì un modo per esibirne la pratica, nel vivo di quell’azione che è il dialogo.

L’interesse dei dialoghi platonici è anche documentario. Noi conosciamo solo in modo indiretto il retroscena culturale da cui Platone ha ritagliato la scena di un conflitto, che ha un solo primo attore (il filosofo che interroga) e diversi antagonisti, tra cui spiccano personaggi che hanno in vario modo a che fare con la cultura sofistica: Protagora e Gorgia, Callicle e Trasimaco. Il potere della forma-dialogo, scelta dall’autore per rappresentare le capacità di azione della filosofia, è anche di conservare per noi i termini di alcuni dibattiti epocali. Platone sembra volersene fare osservatore attraverso Socrate (vero testimone del V secolo, che costituisce l’ambientazione drammatica di tutti i dialoghi), affidando al filosofo il compito di smascherare le ambiguità nascoste in linguaggi che entravano in conflitto tra loro: le stesse che ancora alimentavano ai suoi occhi il malessere dell’Atene del suo tempo (il IV secolo). Dobbiamo al suo talento di parodista la credibilità di questi personaggi e delle forme culturali che essi rappresentano, con tale ricchezza da offrire un quadro in qualche modo attendibile di quelle che dovettero essere le questioni morali e politiche in gioco al tempo in cui Platone fa nascere la filosofia.

Quelle scene memorabili, che hanno informato di sé un’intera tradizione, ci insegnano per prime l’esigenza di un modo corretto di pensare e di parlare intorno all’oggetto virtù e, dandoci memoria di un dibattito antico, costruiscono la nostra possibilità di riprenderlo, rispettandone in qualche modo il canone drammatico. È importante capire anche il modo in cui la rappresentazione del dialogo ci convince. Il motivo per cui la forma teatrale scelta da Platone per mettere in scena la filosofia ci interessa tanto è che il filosofo non usa soltanto la forza delle argomentazioni per spingere la nostra mente a imboccare una certa direzione, ma affida al valore performativo delle azioni e degli atteggiamenti dei personaggi una parte rilevante della sua strategia persuasiva.

Il laboratorio Le forme teatrali nella rappresentazione filosofica è stato progettato con l’intento di fornire agli studenti mezzi teorici e pratici per comprendere la logica della rappresentazione istruita da Platone come pratica della filosofia: da un lato, facendoli entrare dal retro del palcoscenico, in quel retrobottega che Derrida rappresentava, ne La farmacie de Platon, come l’antro di un apprendista stregone; dall’altro spingendoli sulla scena a condividere con Socrate la fatica di un dialogo agonistico, che, ponendo in gioco la verità, si sviluppa in un corpo a corpo tra chi è in grado di prendere la parola e di usarne il potere.

Il laboratorio Le forme teatrali nella rappresentazione filosofica si è tenuto a Trento dal 5 all’8 aprile 2016. Il progetto rientra nel Percorso formativo - Piano strategico di Ateneo ed è stato organizzato dalla professoressa Fulvia de Luise, in collaborazione con Enrico Piergiacomi, dottorando, e Manuela Valle, cultrice della materia.
Agli studenti sono state proposte diverse attività. Il seminario Scene platoniche di dialogo sulla virtù, che ha riunito un gruppo di importanti studiosi a scandagliare le forme persuasive, retoriche, protrettiche e performative, usate nei dialoghi platonici sulla virtù. La mise en espace di brani tratti dal Protagora e dal Gorgia, affidata a Damiano Grasselli, direttore artistico del Teatro Caverna di Bergamo, il quale ha reinterpretato alcuni pezzi di magia del teatro platonico. Infine, un laboratorio di recitazione affidato a Salvatore Cardone, regista e docente di drammaturgia, attraverso il quale un piccolo gruppo di studenti ha sperimentato l’uso di forme comunicative non solo verbali e messo in scena dialoghi interattivi ispirati alle pagine platoniche.