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La legge della scienza. Nuovi paradigmi di disciplina dell'attività medico-scientifica.

di Simone Penasa

8 giugno 2016
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Simone Penasa è assegnista di ricerca presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Trento. 

L’opera propone un’analisi comparata della disciplina in materia di procreazione medicalmente assistita in quattro ordinamenti europei – Italia, Francia, Regno Unito, Spagna – al fine di proporre una modellistica dei diversi approcci normativi che il legislatore nazionale può assumere rispetto alla disciplina della attività medico-scientifica. La comparazione si fonda sulla selezione di una serie di indici, che integrano indici tradizionali, fondati sull’analisi del contenuto della legislazione, e indici di natura procedurale, finalizzati a determinare le caratteristiche del procedimento di approvazione e attuazione della legge, partendo dal presupposto che tali caratteristiche procedimentali incidano sui contenuti legislativi, in termini di legittimazione sociale, legittimità costituzionale e adeguatezza scientifica.

Dal capitolo V | L'apporto della comparazione: l'emersione di modelli  normativi inter-familiari fondati su diverse teorie della legislazione in ambito biomedico

Lo studio ha preso le mosse dalla volontà di indagare se, e in quale misura, la specificità dell’oggetto dell’intervento normativo in ambito biomedico, caratterizzato da una costante evoluzione del proprio contenuto, può influire sulla natura, sulla funzione e sulle modalità dell’intervento legislativo. La comparazione è stata quindi utilizzata al fine di valutare il livello di “condizionamento” che la specificità dell’oggetto esprime rispetto agli strumenti normativi tradizionali, in un ambito ad elevata complessità tecnico-scientifica e sociale come quello della PMA (Capitolo I). L’obiettivo della comparazione è stato quello di proporre una modellistica, descritta nel Capitolo V, che non fosse basata esclusivamente su elementi di natura descrittiva, ma che fosse capace di esprimere criteri e principi prescrittivi, idonei non solo a guidare l’interprete nella classificazione dei diversi ordinamenti analizzati, ma anche – e in particolare – a orientare l’esercizio discrezionale della funzione normativa, in particolare quando essa trova espressione nella fonte legislativa. Come descritto nella prima parte dell’opera (Capitoli I e II), a tal fine è stato proposto un cambio di paradigma nella selezione degli indici della comparazione, che ha condotto alla scelta di integrare indici a contenuto sostanziale (aventi ad oggetto l’analisi dei contenuti delle legislazioni analizzate: definizioni normative; clausole generali; clausole di rinvio alla scienza) con indici di natura procedurale (aventi ad oggetto l’analisi delle fasi di definizione e attuazione dei contenuti legislativi). Gli indici sono stati quindi selezionati alla luce della loro capacità di consentire all’interprete di verificare se, quanto e attraverso quali meccanismi la fonte legislativa preveda il coinvolgimento di istanze tecnico-scientifiche dotate di specifica expertise, tanto nella fase di definizione quanto di attuazione dei contenuti della disciplina: si è trattato, in ultima analisi, di verificare la volontà dei legislatori nazionali di adeguare i tradizionali strumenti normativi alla specificità dell’oggetto di regolazione, al fine di garantire l’adeguatezza– in termini tanto costituzionali quanto scientifici – dell’intervento legislativo. Attraverso la selezione e il successivo utilizzo di tali indici di natura mista, si è quindi voluto verificare la sussistenza di una relazione causale, e non meramente casuale, tra la modalità (e quindi la concezione) di esercizio della fonte legislativa e la trasversalità dei modelli normativi individuabili rispetto alle famiglie giuridiche tradizionali del diritto comparato.

L’analisi svolta ha dimostrato che la trasversalità dei modelli tra sistemi di common law (Regno Unito) e sistemi di civil law (Italia, Spagna, Francia) non può essere ridotta a una mera casualità fattuale, connessa alla specificità dell’oggetto. Al contrario, essa si fonda sulla condivisione di presupposti teorici comuni, relativi alla funzione del legislatore e al rapporto di reciproca integrazione tra fonte legislativa e altri strumenti di regolazione, che contraddistingue l’approccio manifestato dagli ordinamenti analizzati. Questa dinamica, inoltre, sembra confermare la possibilità di considerare l’ambito di intervento normativo qui analizzato – la regolazione della PMA – come contesto nel quale trovano espressione quegli elementi condizionanti ai quali ci si è riferiti nel Capitolo I (cfr. anche il paragrafo I del Capitolo V): in tale prospettiva, le modalità di regolazione della PMA possono essere considerate quale fattore che incide sulla concreta configurazione degli elementi determinanti che caratterizzano un determinato ordinamento giuridico, in quanto elemento condizionante il funzionamento della struttura giuridica complessiva di un ordinamento. Un fenomeno, immediatamente avvertibile a livello descrittivo, è rappresentato dalla convergenza degli ordinamenti analizzati verso l’utilizzo della fonte legislativa, elemento, questo, che per essere razionalizzato e posto in relazione con una più complessiva analisi della teoria della regolazione in ambito biomedico, ha reso necessario un passaggio da una modellistica basata su un rapporto quantitativo-statico tra diritto legislativo e altri strumenti di regolazione, a una basata sulla qualità normativa dei rapporti tra essi. L’esito di questo mutamento di paradigma ha condotto ai modelli descritti nel Capitolo V: il modello aperto a tendenza pluralista e il modello chiuso a tendenza monopolista. Pertanto, la razionalizzazione di tendenze solo apparentemente dicotomiche – trasversalità (dei modelli) e convergenza (verso la fonte legislativa) – è stata razionalizzata attraverso un mutamento dei parametri di classificazione e dei presupposti concettuali della medesima: la concezione della funzione della legge e del procedimento legislativo e il suo rapporto con altri strumenti di regolazione, di carattere giuridico ed extra-giuridico. 

L’applicazione degli indici ha evidenziato, come ampiamente descritto nel Capitolo V, la tendenza da parte degli ordinamenti nazionali selezionati a prevedere meccanismi di coinvolgimento di istanze di natura tecnico-scientifica nei processi di definizione e attuazione dei contenuti legislativi. La partecipazione della expertise diviene – in questo caso – un elemento costitutivo dell’esercizio della funzione normativa, potendosi al contempo riscontrare un uniforme riconoscimento della sua legittimità (financo la necessità) costituzionale da parte delle giurisdizioni nazionali analizzate, sia ordinarie (Regno Unito e Francia), sia costituzionali (Francia, Spagna, Italia). Ciò trova conferma – a livello giurisprudenziale – anche in quegli ordinamenti, come quello italiano, che non soddisfano – a livello legislativo – ciò che è stato definito principio di ragionevolezza scientifica delle leggi. La comparazione ha infatti dimostrato una sostanziale convergenza degli ordinamenti verso il riconoscimento di una dimensione scientifica del principio di ragionevolezza: è stato quindi proposto il concetto di ragionevolezza scientifica delle leggi in materia biomedica, che la Corte costituzionale italiana ha sancito e utilizza quale parametro di scrutinio in modo ormai consolidato, e che esprime contenuti analoghi a quelli che caratterizzano l’approccio adottato a livello legislativo dagli altri ordinamenti oggetto di indagine. Questo principio, che diviene un principio relativo al metodo della funzione legislativa, consente di rispondere alla necessità di assicurare una connessione costante tra intervento politico-discrezionale e istanze tecnico-scientifiche, al fine di garantire l’adeguatezza scientifica, la ragionevolezza costituzionale e l’effettiva attuazione dell’intervento legislativo. La comparazione ha inoltre evidenziato che gli ordinamenti analizzati, anche quando tendono a metabolizzare all’interno del processo legislativo il principio di ragionevolezza scientifica delle leggi, ne forniscono un’attuazione differenziata per secondo modalità e intensità (Capitolo V). Questo fenomeno dimostra, da un lato, che gli ordinamenti condividono un approccio comune all’utilizzo della fonte legislativa in ambito biomedico; dall’altro lato, che ciò non elimina la discrezionalità del legislatore, ma ne consente un esercizio scientificamente ragionevole e un suo rafforzamento per quanto riguarda la scelta delle soluzioni normative più adeguate. In questa prospettiva, il sistema italiano rappresenta un approccio recessivo, tendendo, nella dinamica tra law in the books e law in action, a esprimere principi e metodi normativi analoghi a quelli adottati negli altri ordinamenti, anche se tale riconoscimento non avviene in via diretta, attraverso la fonte legislativa, ma in via mediata, a seguito dell’intervento rimediale della giurisprudenza (in particolare costituzionale). L’approccio basato sul riconoscimento del valore costituzionale del principio di ragionevolezza scientifica risulta direttamente connesso al tessuto costituzionale degli ordinamenti analizzati e, su tale base, esprime una specifica concezione del ruolo della legge e della sua relazione con altri strumenti di regolazione che deriva da una opzione ordinamentale: il riconoscimento di una co-partecipazione di strumenti differenziati all’esercizio della funzione normativa e, in ultima analisi, alla realizzazione del disegno pluralista delineato dalla Costituzione. 

La comparazione ha chiaramente indicato l’esistenza di una tendenza che accomuna gli ordinamenti analizzati e che conduce a un esercizio del potere legislativo che, pur conservando una natura essenzialmente discrezionale, si esprime attraverso modalità e soluzioni normative che metabolizzano e tengono conto della natura – mutevole e tendenzialmente incerta – dell’oggetto di regolazione. Quest’ultimo diviene esso stesso un elemento connotativo della natura e delle modalità dell’intervento legislativo, legittimando (in un certo senso, richiedendo) soluzioni normative miste, all’interno delle quali la fonte legislativa viene integrata – non sostituita – da una pluralità di strumenti normativi: organismi tecnici (commissioni, agenzie, authorities); clausole di rinvio alla scienza; concetti giuridici indeterminati a carattere medico-scientifico. Questi strumenti, che i sistemi analizzati attivano secondo modalità e intensità differenziate, finiscono – forse paradossalmente – per rafforzare la capacità ordinante del legislatore, evitando tanto la portata meramente enunciativa o simbolica dell’intervento normativo, quanto una sostanziale rinuncia a disciplinare efficacemente il fenomeno, come il caso italiano inequivocabilmente dimostra. Dal punto di vista dell’ordinamento italiano, la comparazione esprime anche la tradizionale funzione di ausilio per la preparazione di testi normativi, tenuto conto della descritta convergenza verso un modello procedurale a tendenza pluralista che emerge dalla giurisprudenza costituzionale italiana. Un fenomeno di recezione di soluzioni legislative adottate in altri ordinamenti – e testate alla luce della rispettiva giurisprudenza nazionale – può avvenire a livello tanto di politica legislativa quanto di tecnica normativa, al fine di assicurare rispettivamente un fondamento scientifico alle scelte discrezionali operate, in termini tanto di legittimazione quanto di legittimità, e la ragionevolezza e adeguatezza delle medesime, introducendo soluzioni operative quali clausole di rinvio e sedi istituzionali di natura tecnica dotate di funzioni normative e attuative. 

Il caso italiano dimostra come al legislatore sia attribuita una particolare responsabilità, che emerge chiaramente dalla giurisprudenza costituzionale italiana, e il cui adempimento si esprime necessariamente attraverso un esercizio anche scientificamente – e quindi costituzionalmente – ragionevole della propria discrezionalità politica. In termini generali, appare necessario prevedere meccanismi e istituti che assicurino la ragionevolezza scientifica dell’intervento discrezionale del legislatore, il quale – pur dovendosi considerare come necessario – per risultare legittimo, quando abbia ad oggetto attività di carattere medico-scientifico, deve esprimere e soddisfare anche una dimensione ulteriore del principio di ragionevolezza, connessa alla adeguatezza scientifica delle scelte operate. Ciò che è stato definito come principio di ragionevolezza scientifica delle leggi è destinato a operare non solo quale parametro di scrutinio dei contenuti legislativi, ad opera della giurisprudenza costituzionale e ordinaria (nel caso italiano, attraverso lo strumento della interpretazione conforme o della applicazione diretta della Costituzione), ma anche quale principio che orienta l’esercizio discrezionale del potere legislativo.