©Tobif82 | fotolia.com

In libreria

UNA GIUSTIZIA PIÙ RIPARATIVA

di Elena Mattevi

18 luglio 2018
Versione stampabile

Il libro prende in esame la poliedrica concezione della restorative justice o giustizia riparativa per descriverne lo sviluppo e comprenderne le potenzialità evolutive in seno ai sistemi di giustizia punitiva. Questa particolare prospettiva è chiamata ad integrare il modello tradizionale con nuovi strumenti, progressivamente sempre più formalizzati. L’indagine è condotta a partire dalle istanze che sono sottese alla giustizia riparativa, per poi affrontare il panorama normativo sovranazionale ed europeo. Nell’ambito della realtà giuridica italiana lo studio si concentra sul sistema del giudice di pace e si estende quindi agli istituti generali di più recente introduzione che in qualche misura consentono di promuovere esiti e processi riparativi. L’orizzonte di una giustizia penale che, con le dovute cautele, si riappropria di alcuni modelli informali cresciuti al suo esterno e che mira ad essere più riparativa, valorizzando la mediazione penale e la riparazione, è affrontato da tre diversi punti di vista tra loro convergenti, quelli della vittima, del reo e dell’efficienza del sistema.

Elena Mattevi è assistente alla ricerca e professoressa a contratto di diritto penale presso l'Università di Trento.

Da I contributi allo sviluppo delle prime riflessioni sulla restorative justice (pp. 15-17)

Se il nucleo della restorative justice può apparire solido, è dissonante il contesto di riferimento. L’obiettivo principale di questo lavoro è allora quello di ricostruirne lo sviluppo e di individuare quali potrebbero essere le sue potenzialità rispetto ai sistemi di giustizia tradizionale, con particolare riferimento a quello italiano, nell’intento di elaborare una proposta di strumenti giuridici razionali progressivamente sempre più formalizzati, nel contesto del sistema penale.
Si tratta di un approccio al tema abbastanza recente. Da quando questa concezione si è affacciata, con le sue sperimentazioni, sulla scena del dibattito giuridico, per la scienza penalistica si sono aperte due strade (tralasciando quella del radicale rifiuto per l’innovazione): una di tipo nichilista, più orientata al paradigma abolizionista, ed una di tipo riformista, “propugnante l’integrazione tra diritto penale e giustizia riparativa, secondo un modello direttamente orientato sul conflitto”.
Soprattutto in una prima fase, la giustizia riparativa era stata considerata come un paradigma del tutto nuovo, informale e soprattutto alternativo rispetto alla giustizia “ufficiale”. A partire prevalentemente dagli anni Novanta, invece, si è preso atto “della impossibilità di salvaguardare la purezza dei modelli di riferimento” e le concezioni più radicali sono state riviste o affiancate da letture più moderate, anche a fronte di istanze sempre più diffuse di sicurezza e garanzia.
Buona parte dell’attenzione dottrinale si è spostata così verso istituti o pratiche che si collocano nella prospettiva della restorative justice e presentano profili di unicità rispetto alle forme del sistema tradizionale, ma che, allo stesso tempo, anche se non sempre agilmente, possono essere integrati in esso, contribuendo ad incrementarne la qualità e l’efficienza. Se si riesce ad andare oltre le mere apparenze, si può cogliere come tra il sistema della giustizia riparativa e quello punitivo esista un’affinità funzionale ed essi possano integrarsi, per consentire di offrire una risposta non violenta al reato.
Al di là delle aspirazioni ad uno “statuto di autonomia”, come è stato affermato, la stessa mediazione penale – una delle principali espressioni della restorative justice – “non può ignorare (se non a prezzo di una ipocrita finzione) di essere in qualche misura servente al processo penale”.

Libro in Open Access scaricabile gratuitamente dall’archivio IRIS - Anagrafe della ricerca con Creative Commons. Il presente volume è pubblicato anche in versione cartacea per i tipi di Editoriale Scientifica - Napoli, con ISBN 978-88-9391-218-1.