Dalla copertina del libro.

In libreria

La nuova geografia della crescita

di Flavio Santi, Giuseppe Espa e Enrico Zaninotto

25 gennaio 2019
Versione stampabile

Dalla quarta di copertina.
Il presente volume nasce nell'ambito di un vasto progetto di ricerca sulle regioni alpine, sollecitato dalla Trentino School of Management che, superando le visioni stereotipate della montagna come luogo marginale rispetto allo sviluppo, ha messo in luce le caratteristiche di territori che partecipano appieno alla crescita del paese, come pure le loro difficoltà e contraddizioni.

Flavio Santi è docente presso i Dipartimenti di Economia e Management e di Sociologia e Ricerca Sociale dell'Università di Trento.
Giuseppe Espa è professore di Statistica economica presso l’Università di Trento.
Enrico Zaninotto è professore di Economia e gestione delle imprese presso l’Università di Trento.

Dall’Introduzione (pp.9-10)
[…]
Lo stereotipo della marginalità, trovava un suo fondamento fattuale nella lunga separazione che lo sviluppo industriale aveva generato tra le aree urbane e di pianura e quelle montane. La densità abitativa delle agglomerazioni urbane che offrivano ampie disponibilità di manodopera e accessi ai trasporti stradali e marittimi che favorivano lo scambio di materie prime e prodotti finiti, privilegiavano localizzazioni a ridosso delle aree metropolitane o dei porti. L’affermazione dell’economia della conoscenza, con la conseguente “dematerializzazione” di molte attività produttive e il ruolo assunto dalle capacità innovative nel rispondere e sollecitare nuove domande di beni e servizi con forti caratteri di personalizzazione, ha cambiato in modo sostanziale le logiche della localizzazione offrendo nuove opportunità, ma al tempo stesso presentando nuove problematiche per i territori montani. Nel caleidoscopio delle aree montane, accanto al comune denominatore del venir meno delle condizioni di marginalità, sembra che sia anche leggibile una differente capacità di inserirsi nelle nuove condizioni dello sviluppo, di trarre vantaggio da nuove opportunità e affrontare problemi emergenti. Infatti, se da un lato si riduce il divario nelle potenzialità di sviluppo dovuto alla disponibilità dei fattori tradizionali (ampi bacini di manodopera e accesso alle materie prime), dall’altro emergono con forza nuovi fattori localizzativi, dipendenti dalla qualità del capitale umano e dall’accesso a esternalità immateriali, come la conoscenza o la qualità ambientale.
Mentre dunque la “specificità” alpina (intesa in termini di svantaggio) viene meno, le regioni si trovano a competere con le altre quanto a capacità di attivare i nuovi catalizzatori. La crescita delle regioni alpine va pertanto collocata all’interno della “nuova geografia economica” che caratterizza lo sviluppo delle regioni europee. […]
L’idea di fondo è di leggere lo sviluppo regionale nel decennio 2003-2012 alla luce dei modelli di convergenza/divergenza, cioè di avvicinamento o allontanamento dei livelli di benessere (misurati dal PIL pro capite) delle regioni europee. All’interno di questa cornice generale è possibile dare una nuova lettura del ruolo dei fattori localizzativi sulla crescita, anche attraverso una analisi delle dinamiche settoriali di gruppi di aree con differente densità abitativa, e – al loro interno – delle aree alpine.  È poi possibile anche isolare il ruolo svolo dalle relazioni tra le regioni nel determinare i profili della crescita.
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Per gentile concessione della casa editrice FrancoAngeli.