Particolare dalla copertina del libro

In libreria

Arcipelago. Isole e miti del Mar Egeo

di Giorgio Ieranò

8 febbraio 2019
Versione stampabile

Dalla quarta di copertina.
Le isole greche sono terre del mito. Sono palcoscenici di epifanie divine, fondali per avventure di eroi e divinità. L’Egeo è un mare di prodigi, un paesaggio di labirinti e di colossi, di vulcani e di palazzi. Ospita terre sacre, come la divina Delo, isola-ninfa che ha propiziato la nascita miracolosa di Apollo. Accoglie luoghi arcani, come Santorini, spezzata in due da un cataclisma, in tempi remoti, ma anche patria, secondo il folklore moderno, dei primi vampiri. Ogni isola ha la sua mitologia: a Creta è cresciuto Zeus, a Naxos si sono amati Arianna e Dioniso, a Serifos è apparsa la testa di Medusa. Mare mitologico, l’Egeo è però da millenni anche lo scenario della grande storia europea: sulle sue onde, hanno veleggiato le triremi ateniesi, le galee dei veneziani, i vascelli dei sultani di Istanbul. In tempi piú recenti, anche viaggiatori curiosi e stravaganti come Alexandre Dumas, Herman Melville, Hans Christian Andersen, Mark Twain sono approdati sulle rive del mare greco.

Giorgio Ieranò è professore presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell'Università di Trento.

Dall'introduzione

“Qui troverai, narrate in breve, molte vicende degli antichi padri e grandi imprese degli eroi d’un tempo. Vedrai montagne e sorgenti, pascoli e pianure, dove le ninfe discendono a frotte, e capre che vagano ovunque tra rocce aride. E poi vedrai porti, sui quali incombono promontori con le scogliere a picco. Conoscerai città e mari”. Così, nel 1420, Cristoforo Buondelmonti presentava al cardinale Giordano Orsini il manoscritto del Liber Insularum Archipelagi. Buondelmonti era un personaggio singolare: prete, mercante, avventuriero, umanista, era nato nel 1385 da una famiglia che aveva avuto un ruolo importante nella storia di Firenze. Il suo avo Buondelmonte de’ Buondelmonti è citato anche da Dante che, nel Paradiso (XVI 140-41), ne ricorda l’omicidio, prima sorgente di una catena di vendette culminata poi nelle guerre civili tra Guelfi e Ghibellini. L’assassinio avvenne a Firenze la mattina di Pasqua del 1216. I sicari della famiglia rivale degli Amidei aspettavano Buondelmonte alla porta Santa Maria: lo buttarono giù da cavallo con un colpo di mazza e poi lo finirono a coltellate. La sua colpa era quella di avere rotto il fidanzamento con una dama di casa Amidei per sposare una Donati. Due secoli dopo, Cristoforo viveva nella Firenze di Cosimo de’ Medici, dove l’umanesimo aveva acceso nuove passioni per la Grecia. Nel 1414, era partito per l’isola di Rodi. Da lì aveva preso a viaggiare senza sosta per l’Egeo dedicandosi a traffici di ogni genere. Sappiamo, per esempio, che andava anche a caccia di manoscritti antichi: aveva trovato nell’isola di Andros una copia dei Geroglifici di Orapollo, misterioso testo sapienziale della tarda antichità, destinato a ispirare le fantasie esoteriche degli umanisti.
Buondelmonti affronta avventure di ogni genere: s’imbarca su navi di pirati, fa persino naufragio nell’isoletta di Fourni. Ma infine, nel 1420, può presentare al cardinale Orsini il frutto delle sue avventure. Nel Liber sono descritte 75 isole appartenenti a quello che gli occidentali avevano preso a chiamare l’Arcipelago. I dizionari etimologici spiegano che il nome nasce da un equivoco. I veneziani, insediatisi nell’Egeo dopo la Quarta Crociata (1204), non hanno compreso le parole Aigaion pelagos (“Mar Egeo”) che sentivano pronunciare dai greci e le hanno storpiate in Archipelago. Il termine è passato poi a designare qualsiasi costellazione di isole. Ma, nelle sue prime attestazioni, esso è legato al mare greco di cui indica anche la supremazia su tutte le acque del mondo. Si legge nella voce Archipel dell’Encyclopedie di D’Alembert e Diderot (1751): “Questa parola, secondo alcuni, si è formata per corruzione da Aegeo-pelagus, Mar Egeo [...]. Ma altri la fanno derivare da arche (“principe”) e pelagos (“mare”): a quanto pare perché il Mar Egeo è considerato come la porzione più rilevante del Mediterraneo, per le molte isole che contiene”. […]
L’Arcipelago, dunque, come “principe dei mari”. Il primato non deriva però solo dalle “tante isole” che lo compongono. Da un lato, c’è il peso della storia. L’Egeo ha visto sorgere e tramontare grandi civiltà. E’ stato protagonista dei momenti più tragici e più esaltanti della storia mediterranea. Nelle sue acque hanno navigato le triremi degli ateniesi e le galee del Doge, le navi romane e le flotte del Sultano. Ma, oltre a questo, l’Egeo è, da sempre, anche il mare del mito. Le storie degli dei e degli eroi si rincorrono dall’una all’altra delle sue rive. Creta ha accolto sulle sue montagne impervie il signore stesso dell’Olimpo, il sommo Zeus, quando la madre lo aveva nascosto, ancora bambino, in una grotta del Monte Ida per salvarlo dal cannibalismo del padre Crono. Su Naxos aleggiano l’ombra di Dioniso e il ricordo di Arianna abbandonata. A Serifos è apparsa la testa di Medusa. A Lemno risuona l’eco dell’officina di Efesto, il dio fabbro dell’Olimpo. Tra le isole e gli scogli dell’Egeo hanno navigato i giovani eroi nei loro viaggi iniziatici. Giasone l’ha attraversato con la prima nave del mondo, la favolosa Argo dalla prua parlante, puntata verso il lontano regno della Colchide dove era custodito il Vello d’oro. Teseo vi ha guidato, sul suo scafo dalle vele nere, i quattordici giovani ateniesi destinati a essere sacrificati al Minotauro.
L’Egeo, dunque, è il mare degli dei e degli eroi. E’ un ripostiglio infinito di storie fantastiche e mirabolanti, il palcoscenico privilegiato delle grandi favole del mito. Non stupisce quindi che Buondelmonti dedichi grande spazio alla mitologia. Il suo Liber inaugura un genere molto diffuso nel Rinascimento, quello degli Isolari, dove alla descrizione dei luoghi si accompagna la narrazione di “historie” e “favole”. Questo libro, nel solco dell’antica e gloriosa tradizione letteraria inaugurata da Buondelmonti, ambisce appunto a essere un isolario del XXI secolo. Certo, molta acqua è passata tra le isole dell’Arcipelago dai tempi dell’umanista fiorentino. Ai viaggiatori avventurosi di un tempo, ai disegnatori di mappe, ai compilatori di portolani si sono sostituiti turisti e villeggianti. Ma gli ultimi seicento anni, se pure hanno aggiunto qualcosa, non hanno cancellato nulla. La storia, nell’Egeo, procede per addizione. Le civiltà si accumulano, le memorie si sovrappongono, le narrazioni si rincorrono. In ogni nuova forma permane l’impronta del passato. Magari è un’impronta vaga ed evanescente, un’eco flebile di epoche perdute. Ma le storie di un mondo antichissimo si annidano ancora tra gli scogli dell’Egeo. Il fantasma della nave di Teseo segue ancora la scia dei traghetti dei turisti. Il nostro viaggio nell’Arcipelago conterrà perciò non solo il viaggio di Buondelmonti, ma anche quelli dei tanti navigatori che hanno solcato l’Egeo. Anche noi percorreremo rotte in cui si incrociano il mito e la storia, la realtà e la fantasia. Cercheremo, tra le onde del mare greco, le tracce degli dei e degli eroi, ma anche dei pirati e dei guerrieri, dei mercanti e degli avventurieri.
Il compito non è facile. L’Egeo è schiacciato dalla sua stessa storia. Ed è oppresso da una mole immensa di racconti: favole mitologiche, resoconti di viaggio, fantasie poetiche. Vale per il mare greco quanto Predrag Matvejević diceva per il Mediterraneo in generale: “Il discorso sul Mediterraneo ha sofferto della sua stessa verbosità: il sole e il mare; i profumi e i colori; i venti e le onde; le spiagge sabbiose e le isole fortunate; le ragazze precocemente maturate e le vedove avvolte nel nero; i porti, le barche e i richiami delle coste sconosciute, la navigazioni, i naufragi e i racconti che si tramandano sulle une e sugli altri; l’arancio, il mirto e l’ulivo; le palme, i pini e i cipressi; lo sfarzo e la miseria; la realtà e l’illusione, la vita e il sogno. Di questi motivi hanno abusato i luoghi comuni della letteratura”. Potremmo aggiungere i tramonti spettacolari, i cieli turchesi, le case dai muri imbiancati e dagli infissi dipinti d’azzurro, le chiesette che svettano candide sul mare e tutti gli altri scenari tipici delle cartoline dall’Egeo. Per sfuggire alle secche del luogo comune, dovremo spesso seguire rotte erratiche e stravaganti, fare soste impreviste in approdi magari inconsueti, perderci nelle insenature di narrazioni all’apparenza minori. Senza però mai dimenticare che anche i luoghi comuni raccontano qualcosa, sono testimonianze di una storia (e, prima di diventare luoghi comuni, erano magari scoperte originali). Dopo millenni spesi a parlare e fantasticare sul mare nostrum, conclude Matveiević, “il Mediterraneo e il discorso sul Mediterraneo sono inseparabili tra loro”. Lo scopo di questo libro, alla fine, è cercare quel difficile punto di equilibrio che anche Leonardo Sciascia indicava come meta del viaggio mediterraneo: “Un ragguaglio tra letteratura e storia, tra realtà e fantasia, tra condizione umana e mito”.
 

Per gentile concessione della casa editrice Einaudi.