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Internazionale

Un tirocinio in ambasciata a Kyiv

Conversazione con Aldo Carano, studente del Meis che ha svolto un tirocinio presso l'ambasciata italiana in ucraina

13 febbraio 2023
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di Lorenzo Perin
Studente collaboratore Ufficio stampa e relazioni esterne

Il tirocinio Maeci-Crui è un'esperienza nel mondo della diplomazia riservata a specifiche lauree magistrali. Aldo Carano, studente al secondo anno del Meis - Master in european and international studies all’Università di Trento, ha colto questa opportunità e, fra settembre a dicembre, ha svolto un tirocinio da remoto presso l'ambasciata italiana a Kyiv. Un'esperienza particolarmente formativa, anche per via della situazione geopolitica in cui si trova l'Ucraina.

Abbiamo chiesto ad Aldo di rispondere ad alcune domande sul tirocinio.

Come sei venuto a conoscenza di questa opportunità? E qual è stato l'iter per candidarti?

«Ho conosciuto il programma Maeci-Crui durante gli anni del liceo. In quinta superiore, mentre stavo scegliendo l'università, notai che Trento offriva questa opportunità. Ho quindi scelto UniTrento anche per questo.
Durante il Meis, ho deciso di candidarmi per il tirocinio scegliendo Kyiv fra le possibili destinazioni. Per candidarmi, ho dovuto semplicemente inviare il mio curriculum universitario, un breve statement of purpose e una certificazione delle mie conoscenze linguistiche».

Perché hai scelto proprio l'ambasciata in Ucraina?

«Per un giovane interessato alle questioni internazionali, Kyiv rappresenta al momento una sede di enorme interesse. In Ucraina stiamo assistendo a un cambio dell’assetto internazionale. Poter osservare questo grande cambiamento, avendo l'onore di affiancare la sede diplomatica del nostro paese, è stata un'esperienza di grandissimo valore, umanamente e professionalmente».

Quale ruolo è spettato all'ambasciata italiana con lo scoppio della guerra?

«Innanzitutto, l'ambasciata ha continuato a svolgere la sua funzione principale, ovvero mantenere i rapporti col governo ucraino. Nel corso del mio tirocinio, l'ambasciatore Zazo ha incontrato i consiglieri del presidente, mentre il corpo dell'ambasciata ha coordinato la visita di Mario Draghi e altri incontri istituzionali. Inoltre, l'ambasciata si è occupata, nei giorni di bombardamento su vasta scala, di avvisare i civili dell'emergenza, coordinare l'evacuazione dei cittadini italiani e rilasciare comunicati sulla guerra.
Ricordo ancora quando, a settembre, la Russia ratificava un referendum unilaterale per l'annessione di 4 oblast ucraine: l'Italia ha immediatamente disconosciuto e denunciato questo referendum e l'ambasciata ha rilasciato un comunicato stampa. Altre attività sono relative all' economia: ad esempio, di recente c'è stata la visita a Kyiv del ministro del Made in Italy, Adolfo Urso. Tuttavia, anche in guerra la cultura rimane importante: la nostra ambasciata si è occupata, per citare un'iniziativa, di organizzare a Leopoli concerti di musica classica italiana.
Insomma, la sede diplomatica copre un vasto ventaglio di attività, dalla politica alla cultura».

Di cosa ti sei occupato principalmente?

«Il mio compito quotidiano consisteva nella redazione di una rassegna stampa. In mattinata leggevamo i principali giornali ucraini, ma anche analisi di think tank ucraini sulla guerra, per fornirne un resoconto all’ambasciatore. Mi sono occupato anche di questioni economiche, più generalmente politiche e socio-culturali. Ho avuto anche l’opportunità di seguire alcuni importanti appuntamenti diplomatici: per esempio, il commissario sui Diritti umani ucraino ha spesso incontrato le ambasciate europee a Kyiv per fornire informazioni sui diritti umani nel paese; questo ha rappresentato un’occasione anche per capire quanto certi iter per la richiesta di aiuti siano più lunghi e macchinosi di quel che pensiamo».

Alla luce di quanto hai vissuto, pensi voler continuare sulla strada della diplomazia? Cosa pensi sia importante imparare per lavorare in quest'ambito?

«La risposta alla prima domanda non può che essere positiva. Il tirocinio mi ha permesso di toccare con mano il lavoro diplomatico, anche grazie alla grande disponibilità dell'ambasciata. Ho trovato confermata e rafforzata la mia passione per questo mondo.
Per quanto riguarda cosa c'è da imparare, penso che sia fondamentale la passione per il paese in cui si svolge la propria attività, sotto tutti gli aspetti, culturali, politici ed economici. Bisogna però tenere sempre conto anche del più ampio contesto internazionale. Molto importanti sono poi le competenze relazionali: la diplomazia è essenzialmente un lavoro di relazione e bisogna sapere come muoversi sia negli ambienti più formali, ad esempio gli incontri diplomatici, sia nelle relazioni con le imprese, l'industria culturale, le organizzazioni umanitarie.
Chi lavora nella diplomazia non ha un ruolo ''preciso'', limitato a un set di funzioni da svolgere, ma è una figura flessibile, con un background variegato in lingue, diritto, economia, storia politica e altre materie. Ma su tutto spicca la trasversalità fra questa e altre aree, una qualità peculiarmente umana».